''A Termini si farà qualcosa di diverso che ancora non si sa''
I sindacati chiamano a raccolta l'intera società civile per uno sciopero generale in tutta l'isola
I dipendenti dello stabilimento Fiat di Termini Imerese sono 1.370, circa 800 quelli occupati nelle aziende terziarizzate e nell'indotto... Lo abbiamo detto e ripetuto oramai non sappiamo più quante volte, ma sembra sia il caso di ribadirlo, per lo meno per dare ancora maggior significato alla domanda che vogliamo porre a Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat. E la domanda è: come si fa a dire a 1370 persone "A Termini Imerese non si faranno più auto, ma qualcosa di diverso che ancora non si sa"? Cioè, come si possono lasciare nel vago così tante persone alle quali è stato dato per certo solo il fatto che il loro posto di lavoro si trasformerà in qualche cosa d'altro, ma non specificare cos'altro diventerà il loro lavoro?
A Marchionne sembra non interessare ciò. Dare tali spiegazioni a migliaia di operai non compete il suo ruolo di manager d'assalto, che può fare riunioni con chi vuole e in tutto il mondo con addosso il suo maglioncino un po' liso e decidere, senza scendere a compromessi, o meglio decidendo lui quali compromessi fare, della sorte di un'azienda a prescindere di chi ci sta dentro. Sì perché lui guarda i numeri, guarda l'azienda dall'alto, da un punto di vista che gli operai (di altre aziende) hanno visto soltanto quando hanno deciso di protestare dal tetto di uno stabilimento o di una fabbrica. Il proletariato (o forse per Marchionne si tratta di plebe?) non può essere il punto centrale di un piano industriale. Si devono fare più automobili nel luogo dove è più conveniente farle, e nel caso delle auto che si facevano a Termini Imerese, è meglio farle fare alle tute blu dei paesi ex comunisti. Meglio quel proletariato.
Ma qualsiasi cosa gli dicano, per Marchionne non ha importanza. Lui è certo che il suo metodo è quello giusto. Guardando avanti e senza impietosirsi è stato il "redentore" della Fiat quando questa stava andando a rotoli, e guardando avanti e senza impietosirsi adesso vuole mettere in atto il suo nuovo piano industriale che, come ha assicurato ieri al ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, è un lavoro che Fiat condividerà col governo, ma sullo stabilimento di Termini Imerese è addirittura inutile continuare a parlarne: lì non si faranno più auto. Punto e basta. Si farà qualcosa di diverso...
"Ora non voglio aggravare ancora la situazione - ha detto Marchionne -: siamo stati molto chiari il 16 giugno all'incontro con il governo e le parti sociali. Dal 2011 non si produrranno più auto in Sicilia. È un discorso che ha una base razionale ed economica e oggi abbiamo condiviso questi dati con il ministro". Insomma, quella di una riconversione della produzione nello stabilimento di Termini Imerese è una scelta "che non può cambiare. Quello che invece può cambiare è l'impegno per uno sviluppo diverso per quello stabilimento". Ma per fare cosa ancora non si sa...
Il ministro Scajola, che fino ad ora, a parole, si è sempre schierato dalla parte degli operai siciliani, non ha dato ulteriori spiegazioni. Ancora una volta ha tentato di mitigare le parole di Marchionne, ma nel concreto si sono ricevute soltanto altre date: "Valuteremo se ci sarà ancora l'auto, ma in ogni caso è nostra ferma intenzione che ci sia un polo industriale efficiente a Termini Imerese [...] Intanto c'è un accordo (con Fiat, ndr) per portare avanti nelle prossime settimane un confronto intenso, da chiudere entro la scadenza del tavolo a Palazzo Chigi il prossimo 21 o 22 dicembre".
In mezzo a tutto questo fumo, la Fiom-Cgil ha chiamato a raccolta sindacati, industriali, commercianti, amministrazioni locali e la Chiesa per uno sciopero generale in Sicilia contro la decisione di Marchionne. A lanciare la proposta è il segretario della Fiom di Termini Imerese, Roberto Mastrosimone, davanti ai cancelli della Fiat assieme agli operai delle aziende dell'indotto, già ieri mattina. "E' una reazione dovuta - ha spiegato Mastrosimone - Non ci convincono neppure le recenti rassicurazioni del ministro Scajola. Chiediamo un intervento urgente sull'azienda. La vertenza di Termini Imerese non può essere caricata solo sulle spalle dei lavoratori ma anche della società civile. Bisogna difendere la fabbrica e non consentire alla Fiat di abbandonare un sito produttivo attorno al quale ruota l'economia di un intero comprensorio. E' un dramma sociale che non si può colmare".
Intanto sono in sciopero, da ieri pomeriggio, anche gli operai delle tre industrie dell'indotto Fiat di Termini Imerese, si tratta della Lear, la Bienne Sud e la Clertem. Come prima conseguenza delle dichiarazioni di Marchionne, infatti, gli operai della Lear, azienda dell'indotto Fiat di Termini, sono scesi in sciopero. Le tute blu del secondo turno hanno così deciso di proclamare subito l'agitazione e si sono subito ritrovati davanti ai cancelli della Fiat, dove il lavoro nelle catene di montaggio che producono la Lancia Ypsilon era ripreso l'altro ieri dopo due settimane di cassa integrazione.
Anche gli stessi lavoratori della Fiat sono usciti dagli impianti e si sono radunati davanti ai cancelli della fabbrica, unendosi agli operai delle aziende dell'indotto. La produzione dunque da ieri è ferma. Con loro pure gli operai della Bienne Sud, azienda che si occupa della verniciatura di componenti della Lancia Ypsilon. Fermi anche i dipendenti della ex Ergom, che produce paraurti, plance e serbatoi e occupa circa 145 dipendenti.
"Termini Imerese, realtà che produce da quarant'anni, non si liquida in un incontro di dieci minuti. L'indotto conta circa 700 occupati, lo stabilimento di Termini altri 1.400. A rischio dunque ci sono 2.100 posti di lavoro. Una prospettiva realistica anche perché Marchionne si è limitato a dire che Termini produrrà qualche altra cosa, ma nemmeno lui sa cosa", ha spiegato il segretario provinciale della Uilm, Vincenzo Comella. "Non sappiamo quanto durerà la protesta - ha aggiunto Comella -, perché siamo di fronte a iniziative spontanee".
Il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, ha detto: "Non ci siamo. Chiedo al ministro Scajola di sentire il sindacato non alla fine del percorso per la costruzione del piano, ma durante. Altrimenti si arriva a un progetto chiuso senza la possibilità per il sindacato di dire la propria opinione. Mi aspetto che la Cgil sia convocata in questi giorni". Epifani ha affermato di non comprendere le scelte prospettate dal Lingotto per l'Italia. "Non si capisce, sembrerebbe uno scambio tra Termini Imerese che non produrrà più auto e una disponibilità a produrre altrove. Ma in Italia c'è una capacità produttiva di 2 milioni di auto. Messa così non mi pare che ci siamo".
Il sindaco di Termini Imerese, Salvatore Burrafato, si è detto sbigottito dalle parole di Marchionne: "Non voglio credere che le parole dell'amministratore delegato della Fiat sul futuro dello stabilimento della Fiat di Termini Imerese siano definitive, significherebbe rifiutare a priori le piattaforme presentate dai governi nazionale e regionale". "Pensiamo che ci siano ancora i margini costruttivi - ha aggiunto Burrafato - per individuare una soluzione condivisa dalla casa automobilistica che garantisca gli attuali livelli occupazionali. Rifletto, inoltre, in un momento delicato dell'economia mondiale, sull'eventualità che Fiat rinunci ai circa 500 milioni di euro che la Regione siciliana mette a disposizione per innovazione e ricerca e non dia credito alle possibilità di sviluppo delle infrastrutture suffragate dal recente finanziamento dell'interporto di Termini Imerese da parte del Cipe. Chiedo a tutti coloro che possono sostenere le ragioni di Termini Imerese e del suo comprensorio di adoperarsi, a prescindere dalle singole appartenenze agli schieramenti".
Per il deputato europeo dell'Idv Sonia Alfano "è ormai chiaro che la Fiat non ha alcuna intenzione di continuare a produrre auto a Termini Imerese e che il governo nazionale, nella persona del ministro Scajola, non si è speso in alcun modo per questo obiettivo e non ha alcuna intenzione di farlo. Il tutto, mentre il governo regionale è avvitato nella sua perenne crisi in balia di maggioranze fantasma e mutevoli. Davvero una bella beffa per i lavoratori dello stabilimento siciliano e per quelli dell'indotto. Insomma, tante parole, tante promesse e nessun risultato concreto".
Antonello Cracolici, presidente del gruppo del Pd all'Ars, esprime la propria solidarietà ai lavoratori già in sciopero. "Le parole di Marchionne sul futuro di Termini Imerese sono gravissime e inaccettabili. Il governo nazionale e quello regionale devono avere la forza e la volontà di riaprire i margini della trattativa e mettere in campo tutte le iniziative utili a far invertire gli orientamenti della Fiat".
Infine Gianni Pagliarini, responsabile Lavoro del Pdci: "Da Marchionne melina inaccettabile: nessun euro senza garanzie. Le auto non sono caramelle, così come i diritti dei lavoratori non sono optional. Marchionne non solo non dà garanzie ma così facendo offende anche i lavoratori. L'incontro Scajola-Marchionne, oltre alla condivisione dei dati, non ha partorito nemmeno un topolino. Se il piano Fiat su Termini Imerese non cambia, come ha detto l'Ad di Fiat, allora nemmeno un euro di finanziamento pubblico può e deve essere concesso. In attesa di sapere cosa Marchionne ha in mente per lo stabilimento, il governo farebbe bene a non elargire un bel niente. Termini Imerese non va chiuso e nessun lavoratore va licenziato: in mancanza di queste minime condizioni nessun'altra regalia va concessa a Fiat".
Contrariato dalla decisione di Marchionne anche l'assessore regionale all'Industria, Marco Venturi: "La Regione siciliana ha già detto come la pensa. La giunta di governo ha approvato un documento con cui si mettono a disposizione circa 300 milioni milioni per lo sviluppo della zona industriale di Termini Imerese, altri 100 li metterà lo Stato. Ma tutto questo a una condizione non trattabile: che a Termini si continuino a produrre automobili, anche ecologiche. Il ridimensionamento avrebbe drastiche conseguenze, anche dal punto di vista sociale oltre che economico". "Mi auguro fortemente che il dialogo tra il ministro dello Sviluppo economico e l'amministratore delegato di Fiat sia solo all'inizio. Confido nella capacità di mediazione di Claudio Scajola e spero che induca il Lingotto a ritornare sui propri passi".
Per l'assessore Venturi "resta difficile far comprendere agli italiani che una azienda come quella torinese, che nei mesi scorsi ha tentato di acquisire Opel riuscendo poi a comprare la Chrysler, in piena crisi economica attui una politica espansionistica inglobando anche la Bertone salvo poi decidere di chiudere o ridimensionare la produzione a Termini Imerese. Non ce lo possiamo permettere e questo il governo nazionale lo sa bene e mi auguro che nei prossimi incontri si possa trovare una soluzione adeguata. In ogni caso sarebbe altrettanto difficile comprendere la l'eventuale concessione di incentivi a una azienda che produce all'estero e ridimensiona in Italia. Spero che Marchionne comprenda il nostro sforzo e capisca che i siciliani vogliono che Fiat resti in Sicilia ma non a ranghi ridotti".
[Informazioni tratte da La Siciliaweb.it, Ansa, Adnkronos/Ing, Repubblica/Palermo.it]