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''Anno nero per i diritti globali... Non si può lasciare mano libera al mercato''

10 giugno 2008

Copertina nera "in segno di lutto". Il sesto "Rapporto sui diritti globali", "unico nel panorama nazionale e internazionale per ampiezza di dati e campo di indagine", si presenta così. "Perché - spiega a Ign, testata online del Gruppo Adnkronos, Sergio Segio curatore del rapporto - il quadro di quest'anno è davvero drammatico e mette in mostra l'aspetto peggiore della globalizzazione, con tutti i suoi più devastanti effetti".
Il nero è lutto "per i tanti morti sul lavoro. Non bisogna dimenticare - ricorda Segio - che questo è stato l'anno dell'incidente alla Thissen Krupp che nel dramma è per lo meno servito a rendere evidente la situazione operaia riportandola alla ribalta e mostrandone le condizioni diventate, negli anni, sempre più negative". Ma nero è anche il colore "della preoccupazione per il futuro, della paura dell'altro".

Ma restando alla sicurezza sul lavoro, Segio cita un po' di numeri: "Per avere una misura del problema - sottolinea - basti pensare che dall'inizio della guerra in Iraq sono morti 4.200 soldati della coalizione mentre in Italia, nello stesso periodo, hanno perso la vita 6.654 lavoratori. Di fatto è dunque più sicuro andare in guerra che lavorare nel nostro Paese.  Questo - prosegue il curatore del Rapporto - ci dice che bisognerebbe intervenire di più e meglio. Salutiamo con favore il Testo unico sulla sicurezza varato dal governo Prodi che, a mio parere, è stato il provvedimento più utile di quel governo. Ma, a normativa non ancora applicata, sentiamo già che il nuovo governo vuole rimetterlo in discussione. E questo - afferma  l'ex esponente di Prima Linea - è drammatico e ci dice di una politica poco attenta alle reali necessità del Paese".

Dal libro 'nero' dei diritti globali, emerge infatti anche il profilo di una classe politica, soprattutto quella di casa nostra, incapace di governare i problemi, incline a muovere sull'onda del pubblico consenso e, nella pratica, "suddita degli enti sovranazionali, Fondo monetario internazionale in testa".  
Una politica, denuncia  Segio, che "non ha saputo frenare il progressivo e rapido impoverimento dei cittadini". I salari italiani sono infatti "i più bassi d'Europa, davanti solo al Portogallo. E nella classifica dei 30 Paesi Ocse l'Italia è scivolata dalla 19esima posizione del '94 alla 23esima di oggi". Non solo. "Insieme alla frenata degli stipendi - rileva Segio - tra il '92 e il 2006 i prezzi nel nostro Paese sono saliti del 49% mentre in Francia del 27% e in Germania del 24%. Questo ci dice - sottolinea - che anche chi lavora oggi può essere povero". Una povertà che già esiste nel Belpaese e sembra destinata ad aumentare.  Se infatti "i dati Istat ci dicono - ricorda - che una famiglia su cinque è indigente o a rischio indigenza, con 7,5 milioni di poveri accertati", ancora più inquietante è la "povertà differita rappresentata dal credito al consumo cresciuto dell'85,6%. Le persone - spiega il curatore del volume - si indebitano per mantenere un certo tenore di vita ma alla lunga non riescono a sostenere le rate. Si tratta di un fenomeno che la politica non si occupa di correggere e che è destinato a esplodere come è avvenuto negli Stati Uniti con i mutui subprime".

Alla povertà poi si aggiunge il senso di insicurezza alimentato da quella che nel Rapporto viene definita "industria della paura" favorita dai media e assecondata da una politica debole con preoccupanti risvolti di intolleranza nei confronti degli immigrati.
Ma le mancanze della politica sono evidenti anche a livello globale. Del resto, insiste Segio, "ormai governa il mercato. Caso emblematico è la Russia dove presidente è diventato l'ex numero uno di Gazprom (Dimitri Medvedev, ndr)".
Ma "non si può lasciare mano libera al mercato che finisce per utilizzare la guerra come motore di sviluppo. Anche nei conflitti - sottolinea l'ex esponente di Prima Linea - c'è un'imponente quota di privatizzazione. In Iraq il rapporto tra militari e mercenari  è oggi di uno a tre mentre nella prima guerra del Golfo del 1991 era di uno a sessanta. Segno che anche la guerra è diventato un grande business guidato dalla logica unica del profitto che si basa sulla diseguaglianza economica".
E nel mondo intanto la fame aumenta. "L'ultimo vertice della Fao con la guerra sui biocombustibili sostenuti dagli Stati Uniti ci dice che nei prossimi anni avremo 600 milioni di nuovi poveri. Insomma - conclude Segio - il panorama è cupo", nero come la copertina del Rapporto.  Ma "con il nostro lavoro, nel nostro piccolo, speriamo comunque di dare un contributo se non per fornire soluzioni, per mettere a fuoco le priorità".

Roma, 9 Giugno 2008 (Ign/Adnkronos)

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10 giugno 2008
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