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''Attentati del '93? Un chiaro messaggio''

Le ipotesi e le supposizioni inquietanti del superconsulente Genchi in un'intervista di Klaus Davi

21 ottobre 2009

"Ricordo un particolare che è sfuggito a molti, a proposito degli attentati in sincrono di San Giorgio al Velabro e San Giovanni in Laterano. Insomma, perché San Giovanni e San Giorgio, perché non li hanno fatti a Santa Maria Maggiore, a San Paolo, che per esempio è in una zona isolata o a San Pietro, che avrebbe avuto ancora più risalto? Perché non li hanno fatti all'Ara Pacis o al Colosseo? Perché proprio San Giovanni e San Giorgio? Lei sa che significa Giorgio e Giovanni, chi erano Giorgio e Giovanni? Giovanni era Giovanni Spadolini, che era il Presidente del Senato, la seconda carica dello Stato mentre Giorgio era Giorgio Napolitano, Presidente della Camera, terza carica dello Stato che poi è diventato Ministro dell'Interno e ora fa il Presidente della Repubblica".
Questa l'inquietante affermazione del consulente informatico Gioacchino Genchi, nel corso dell'intervista rilasciata al programma tv KlausCondicio in onda su YouTube.

Genchi ha parlato poi della strage di via D'Amelio: "Le stragi di mafia sono state fatte col tritolo, con esplosivo da cava, un esplosivo potentissimo e di immediata reperibilità. Invece l'esplosivo utilizzato in via D'Amelio è un esplosivo che viene utilizzato in ambito militare, in ambito di guerriglia, cioè in contesti e circuiti che non costituiscono appannaggio, diciamo, di Cosa Nostra". "Non ci sono precedenti. Quindi anche sotto questo profilo, il tipo di telecomando utilizzato, la distanza con cui questo telecomando poteva funzionare, sono tutti elementi di natura oggettiva, di natura tecnica che devono indurre a sospettare sulla possibilità che ci fosse una distanza molto elevata dal punto di osservazione al punto dello scoppio", aggiunge Genchi, che ha concluso affermando: "Qualcuno doveva avere la certezza di uccidere Borsellino fuori dalla macchina blindata perché il livello di protezione che aveva quella macchina era tale che l'autista rimase indenne, vivo, l'unico, perché si trovava dentro la macchina".

Il consulente informatico ha volutio dire la sua anche sulla presunta trattativa tra Stato e Mafia. "Sono testimone vivente dei riscontri originali sui rapporti fra Ciancimino, il Ministero degli Interni e il Ministero della Giustizia. Ero nel team investigativo di un'indagine a Palermo su mafia e appalti, un'indagine importante che secondo me rappresenta un punto di riferimento importante anche nella causale della strage di via d'Amelio". "Segnalai alla procura di Palermo l'acquisizione e lo sviluppo di un cellulare di Ciancimino, quindi - ha aggiunto Genchi - sono testimone vivente di quei riscontri originali sui rapporti di Ciancimino con altissimi livelli delle istituzioni. Non solo della politica, ma anche dello Stato e io trovai contatti con utenze del Ministero dell'Interno, con utenze della Giustizia, incontri a Roma, contatti telefonici romani che, purtroppo, non sono mai stati chiariti e che, secondo me, costituiscono uno dei riscontri piu' importanti alle dichiarazioni di Ciancimino per quanto riguarda le entrature negli apparati dello Stato".
Genchi, nell'intervista, ha affermato anche che "fu il Ministero degli Interni a 'trasferire' Arnaldo La Barbera , stoppandone difatti le indagini, dopo che le stesse individuarono coinvolgimenti dei servizi. Di questo sono testimone vivente". "Parlo da testimone e non per sentito dire - ha proseguito Genchi - Ero un giovane funzionario di Polizia molto valorizzato da Parisi all'epoca. Ricordo che a La Barbera furono affidate le indagini su Capaci e via D'Amelio". "Ho toccato con mano quello che è avvenuto, ovviamente non pensavo che si trattasse di una trattativa - ha sottolineato Genchi - notai qualcosa di strano quando prima fui trasferito io ad ottobre dopo aver decodificato il databank Casio cancellato di Falcone da cui emersero una serie di elementi importantissimi e, a distanza di qualche mese, quando abbiamo imboccato proprio la pista sui servizi segreti, sulle collusioni interne alle istituzioni, ai rapporti con la magistratura di cui aveva parlato Mutolo e poi, infine, con le ultime verbalizzazioni di Paolo Borsellino su Mutolo, su cui molti temevano e che in molti cercarono di bloccare". "Quando si imboccò questa strada La Barbera fu immediatamente trasferito, stranamente trasferito dal Ministero dell'Interno, eravamo sotto Natale. Il trasferimento fu ordinato dal Ministero degli Interni, certo sicuramente non da Parisi, perché Parisi ci aveva dato tutta la solidarietà e tutto l'aiuto possibile ed immaginabile", ha concluso Genchi. [Adnkronos/Ing]

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21 ottobre 2009
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