''Con Cuffaro io non c'entro''
Il presidente Cuffaro al centrosinistra: ''Per la petizione contro di me, non preoccupatevi, vi aiuterò io''.
La trovata del centrosinistra degli adesivi e dei manifesti con lo slogan ''Con Cuffaro io non c'entro'' per sostenere la mozione di sfiducia al presidente della Regione Totò Cuffaro, era stata definita, con distacco e sufficienza, dal diretto interessato, una trovata ''patetica''. (leggi qua)
La lapidaria risposta si è presto trasformata in contro provocazione e per fare dispetto a chi vuole la sua testa, Cuffaro ha annunciato che farà sistemare alcuni tavolini, per la raccolta delle firme contro di lui, davanti Palazzo d'Orleans, sede della presidenza della Regione, e davanti l'ufficio di gabinetto.
''Dopo essere riuscito nella difficile missione di far da collante per una opposizione scollata, voglio dare un ulteriore contributo alla tenuta della Gad - dice Cuffaro -. Siccome sono il presidente di tutti i siciliani e in quanto tale mi stanno a cuore tutte le iniziative che i siciliani si assumono, da lunedì all'ingresso di palazzo d'Orleans e nel piano che ospita gli uffici di gabinetto saranno collocati due tavoli per la raccolta di quelle duecentomila firme che si sono dati come obiettivo minimo''.
''Sarà mia premura fare quanto posso - aggiunge - per un risultato che non li faccia arrossire; quindi, oltre a dare il mio personale contributo, inviterò anche gli altri rappresentanti della Casa delle Libertà a contribuire alla buona riuscita dell'iniziativa con la predisposizione di ulteriori banchetti''. ''Fra poco è Natale - ha concluso Totò Cuffaro - ed è proprio con questo spirito che mi accingo a fare questo atto di solidarietà e di incoraggiamento nei confronti di un ricompattato centrosinistra per evitare che il mancato raggiungimento dell'unico obiettivo possa scoraggiarli e provocare una nuova divisione''.
Stando a queste dichiarazioni l'ironia del governatore non ha nulla da invidiare a quella dell'opposizione e magari, tale spavalderia, trova motivo nelle motivazioni depositate dal gip di Palermo Bruno Fasciana, dove si spiega che l'aver rivelato i segreti riguardanti le indagini in corso nei confronti di alcuni personaggi, non è reato.
Ma spieghiamo meglio: ''Cuffaro ha rivelato notizie coperte da segreto investigativo ma la sua condotta non è giuridicamente qualificabile come concorso in violazione del segreto istruttorio''.
E' esattamente quanto sostiene il gip Bruno Fasciana che venerdì 3 dicembre ha depositato le motivazioni della sentenza di non luogo a procedere, emessa nei confronti del governatore il 2 novembre scorso.
Quindi, secondo il gip, perché sia configurabile il reato quando non ci si trovi in presenza di pubblico ufficiale, come nel caso del presidente della Regione, non è sufficiente la semplice rivelazione - che a parere di Fasciana è provata - ma occorre che l'indagato abbia istigato il pubblico ufficiale a svelare notizie riservate.
Il magistrato Fasciana aveva disposto il rinvio a giudizio dell'imputato per favoreggiamento aggravato dell'associazione mafiosa. Esaminati i fatti contestati dalla procura, nelle 45 pagine di sentenza, li ha sì ritenuti ''fondati'' ma ha escluso che gli stessi siano giuridicamente riconducibili al concorso in violazione del segreto istruttorio. ''Nel suo complesso - scrive il magistrato - la richiesta di rinvio a giudizio esclude una ricostruzione accusatoria dell'azione di Cuffaro in termini di istigazione, determinazione o mero accordo finalizzato alla rivelazione''.
Come risaputo il procedimento in cui è coinvolto il governatore Cuffaro nasce da due inchieste: quella sui legami tra mafia e politica e quella sulle cosiddette Talpe alla Dda di Palermo. A Cuffaro i pm contestano la rivelazione di informazioni riservate sull'indagine a carico dell'imprenditore della sanità privata Michele Aiello e dei marescialli del Ros e della Dia Giorgio Riolo e Giuseppe Ciuro, in concorso con il deputato dell'Udc ed ex sottufficiale dei carabinieri Antonio Borzacchelli e con il medico Roberto Rotondo. I sostituti ipotizzano inoltre che il governatore abbia rivelato all'ex assessore comunale dell'Udc Mimmo Miceli, al medico Salvatore Aragona e al boss Giuseppe Guttadauro particolari su inchieste antimafia a loro carico, sempre in concorso con Borzacchelli e pubblici ufficiali ancora ignoti, commettendo il reato ''al fine di agevolare l'associazione Cosa nostra''.