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"Condannate il senatore D'Alì"

Pesante la richiesta di condanna per il senatore trapanese del Pdl. I Pm: "Rapporti con la mafia per 25 anni"

15 giugno 2013

Sono pesanti le accuse per il senatore del Pdl Antonio D’Alì, così come la richiesta di condanna a 7 anni e 4 mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, avanzata dai Pm Paolo Guido e Andrea Tarondo a conclusione della loro requisitoria.
D'Alì viene processato col rito abbreviato dal Gup di Palermo, Giovanni Francolini.

Secondo i magistrati, il senatore, che è stato sottosegretario al ministero dell'Interno, avrebbe cercato di far trasferire il prefetto di Trapani, Fulvio Sodano, che aveva sventato un tentativo della mafia di riapproriarsi occultamente della "Calcestruzzi ericina", sequestrata al boss Vincenzo Virga, attualmente sotto processo come mandante dell'uccisione del giornalista Mauro Rostagno. Inoltre, il politico si sarebbe adoperato perché un immobile di San Vito Lo Capo, di proprietà di un imprenditore ritenuto vicino a Cosa nostra venisse affittato come caserma dei carabinieri.
Nella loro requisitoria i pm hanno ricostruito un sistema di relazioni che per oltre 25 anni il parlamentare avrebbe sviluppato con l'imprenditoria mafiosa di Trapani e con alcuni esponenti di spicco di cosa nostra tra cui anche il latitante Matteo Messina Denaro.
L'accusa ritiene che D'Alì, soprattutto all'epoca in cui è stato sottosegretario all'Interno, è stato protagonista "accorto e prudente" di rapporti molto stretti con ambienti e interessi di mafia.

Dei collegamenti di D'Alì con la mafia hanno parlato vari pentiti tra cui Antonino Giuffrè, Antonio Sinacori, Francesco Campanella e Antonino Birrittella. I pm hanno richiamato anche il contenuto di varie intercettazioni ambientali, compresa quella di Tommaso Coppola, che in carcere parlava di D'Alì come di un politico "a disposizione" della mafia.

Gli stessi Pm in precedenza avevano chiesto per due volte l'archiviazione del procedimento, hanno ricordato i difensori di D'Alì, gli avvocati Gino Bosco e Stefano Pellegrino, i quali alle richieste della Procura hanno replicato preannunciando che chiederanno l'assoluzione del senatore "perché il fatto non sussiste". Secondo i legali, la stessa Dda di Palermo aveva riconosciuto che "nessuna condotta concreta, effettiva e fattuale agevolatrice dell'associazione mafiosa" è stata accertata a carico di D'Alì. Dunque, affermano i difensori, "considerata la documentazione da noi prodotta rispetto alle generiche contestazioni mosse, oggi ci saremmo attesi una coerente richiesta di assoluzione, tenuto anche conto degli indirizzi certi della giurisprudenza consolidata negli anni sul tipo di reato ipotizzato".

Il processo proseguirà il 21 giugno con gli interventi delle parti civili tra cui alcune associazioni antimafia.

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, Corriere del Mezzogiorno, Repubblica/Palermo.it]

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15 giugno 2013
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