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''Ero allo stadio solo per vedere la partita''. Le parole del 17enne indagato per la morte dell'ispettore Raciti

16 febbraio 2007

''Sono molto dispiaciuto per la morte dell'ispettore di polizia Filippo Raciti, perché ha lasciato due bambini...''. Sono le dichiarazioni con cui si è concluso l'interrogatorio reso, l'8 febbraio scorso, dal diciassettenne indagato per l'omicidio dell'investigatore davanti al sostituto procuratore della Repubblica del Tribunale per i minorenni Angelo Busacca, e al quale hanno assistoto anche il legale del ragazzo, l'avvocato Giuseppe Lipera, e i suoi genitori.
Durante l'interrogatorio, che è stato registrato e ha subito più pause, il minorenne ha modificato alcune sue dichiarazioni rese davanti al pm. In particolare sulla felpa indossata: prima ha sostenuto di non averla rigirata, ma poi ha ammesso di averlo fatto durante la visione di un filmato. Il diciassettenne ha ammesso inoltre di ''avere preso e lanciato'' - poi preciserà ''scaraventato'' - a ''metà altezza'' cioè ''verso le gambe'' un lamierino,
spiegando anche di ''non avere colpito nessuno perché (gli agenti di polizia, ndr) si sono allargati''.

''Non volevo ammazzare nessuno, sicuro'', ha aggiunto. L'indagato, sollecitato dal pm Busacca, ha precisato il suo ricordo, parlando del lamierino: ''l'ho gettato all'altezza della gambe'' perché ''in quel modo si faceva soltanto qualche graffio, oppure si faceva qualche ematoma e basta''. Dopo il ''lancio'' il minorenne sostiene di essere risalito in Curva Nord: ''Me ne sono salito di nuovo perché dissi: 'docu m'attaccanu' (in questo posto mi arrestano, ndr) ma era troppo tardi ormai per rimpiangere che potevo passare delle conseguenze''.
Nella fase finale dell'interrogatorio il giovane ha confermato di avere partecipato al lancio dell'oggetto metallico precisando di ''averlo scaraventato'' e che non c'era soltanto lui, e ha aggiunto di ''non essere arrivato a vedere se l'oggetto è arrivato all'agente oppure no''.

Alla contestazione del pm se avesse usato a mò di ariete il pezzo di ferro l'indagato ha replicato: ''io l'ho spinto soltanto una volta e poi mi sono allontanato, poi non ho più visto l'oggetto che direzione ha preso oppure dove è arrivato''. Il diciassette ha confermato (''sì, ero io'') di essere la persona con il cappellino blu che dai filmati della polizia si vede scagliare un pezzo di metallo.
L'indagato ha negato poi con fermezza di conoscere le persone che erano accanto a lui in Curva e ha sostenuto con altrettanta fermezza di essere andato alla stadio ''per vedere la partita''. ''Non volevo fare del male a nessuno della polizia'', sottolineando di essersi trovato ''assieme agli altri per un raptus contro i tifosi del Palermo''. Infine ha negato di fare parte di organizzazioni politiche e di gruppi ultras.

Fonte: La Sicilia

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16 febbraio 2007
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