''Gli americani se ne possono andare in qualsiasi momento. Gli iracheni sono pronti a prendere il controllo''
Per il primo ministro iracheno Nuri al Maliki gli americani se ne possono andare dall'Iraq ''in qualsiasi momento'', le forze irachene sono pronte a prendere il controllo delle operazioni di sicurezza nel Paese in caso di ritiro, anche immediato, delle forze internazionali.
Criticato dal Rapporto della Casa Bianca, ''abbandonato'' dal capo della Cia Michael Hayden che ha detto di considerare il governo di Bagdad ''incapace di governare'' il Paese, al Maliki in questa maniera ha voluto difendere il suo operato in maniera decisa. ''Possiamo fare completo affidamento sul fatto che siamo capaci di assumere pienamente la responsabilità della sicurezza quando le forze internazionali desidereranno ritirarsi''. Il premier ha ad ogni modo affermato che le forze militari locali hanno ''bisogno di un equipaggiamento e di formazione maggiori''. Per questo Maliki ha annunciato che il governo ''incrementerà il numero degli effettivi delle forze armate e acquisterà nuove armi''.
Le parole di Maliki arrivano mentre negli Stati Uniti viene diffuso un ultimo sondaggio in cui la popolarità della guerra in Iraq di Bush raggiunge un record minimo di consenso. Per due americani su tre l'escalation decisa in gennaio dal presidente George W. Bush è stata un fiasco, ha rivelato domenica scorsa un sondaggio del settimanale Newsweek, da cui emerge anche che sette americani su dieci bocciano il modo con cui Bush sta conducendo la guerra.
Tra i repubblicani, uno su tre ritiene che la strategia dei rinforzi sia stata un fallimento, un dato che aiuta a spiegare la defezione di alcuni influenti esponenti del partito della Casa Bianca. Cala il consenso anche nelle cittadine del Midwest, roccaforte del consenso a livello di opinione pubblica, hanno scoperto il Washington Post e il New York Times: funerale dopo funerale, i soldati partiti da queste comunità e tornati nelle bare avvolte nella bandiera hanno provocato a un'erosione nella fiducia nel presidente e nel suo progetto di trasformare l'Iraq in un faro di democrazia.
I militari Usa morti in Iraq hanno superato quota 3.600 e, se anche una vittoria fosse tatticamente raggiungibile sul terreno, la guerra sembra ormai perduta in patria. Sulla carta il loro numero è più basso, ma sottovoce una buona metà dei senatori repubblicani ammette di considerare l'Iraq un causa persa.
Nei giorni scorsi il presidente degli Stati Uniti George W. Bush aveva escluso decisamente qualsiasi ritiro anticipato, annunciando che metterà il veto a qualsiasi progetto legislativo sulla condotta della guerra. Bush aveva specificato che una decisione in merito sarà presa solo dopo il 15 settembre quando il generale Petraeus tornerà a Washington con un rapporto definitivo sulla situazione in Iraq.
Foto di David Robert Swanson