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''Grandi Opere italiane''

Per ora le uniche 'Grandi Opere italiane' rimarranno soltanto quelle scritte da Verdi, da Puccini, da Bellini...

05 agosto 2006

Per tanti anni, esattamente cinque (e per un governo sono tanti), l'Italia è stata descritta come la nazione dall'imminente trasformazione, una nazione che presto si sarebbe allineata alle altre grandi nazioni europee, un Paese costellato da infrastrutture d'eccellenza, il Paese delle ''Grandi Opere''.
Il precedente governo aveva dato per certo, anzi per ''fate conto che già sono state fatte'' ben 19 grandi opere, dal Mose veneziano, ai ''Corridoi trasversali e dorsale appenninica'', passando per il Ponte sullo Stretto di Messina. Purtroppo, però, sembra che la realtà dei fatti non aderisca per niente alla sicumera che ci hanno abbondantemente rifilato negli anni scorsi.  Infatti le 'grandi opere' previste dalla 'legge obiettivo' del 2001 sono finanziate solo in parte: a fronte di 173,4 miliardi ipotizzati per il finanziamento delle opere, ''la copertura finanziaria disponibile potrebbe spingersi fino ad un massimo di 58,4 miliardi di euro, un terzo del necessario''.
Ad attestarlo è stato il Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe), e lo ha annunciato ieri nella conferenza stampa seguita al Consiglio dei ministri il premier Romano Prodi.
Insomma, per quelle grandi opere date ormai ampiamente per costruite, dal momento che i lavori sono stati avviati, mancano 115 miliardi, quindi è molto probabile che queste, invece, potrebbero non vedere mai la luce.

Il governo, ha spiegato il ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa, ha compiuto una 'due diligence' sulle infrastrutture: il risultato è un documento che ''parla, anzi piange da solo'' (sembrano parole del ministro per le infrastrutture Antonio Di Pietro, vero?). E ''mostra che c'è un ammontare non coperto da progetti deliberati dal Cipe per infrastrutture strategiche nell'ordine di 115 miliardi''. E' una ricognizione ''molto preoccupante'', ha detto il Padoa Schioppa, perché ''gli atti deliberativi non potevano essere assunti perché non c'erano i fondi''.
Pertanto, attesta la delibera del Cipe, ''si rende necessaria una rivisitazione generale del programma delle opere attraverso un'attenta ricognizione di tutti gli interventi attualmente inseriti, al fine di individuare un nuovo elenco di opere prioritarie, selezionate secondo criteri di efficacia nell'utilizzo delle risorse realmente disponibile''.
Dunque, sarà il governo, ha confermato il ministro dell'Economia, sceglierà cosa fare. ''La riflessione sulle priorità è in corso - ha spiegato il ministro -. Settembre sarà il mese in cui questo lavoro sarà concluso per capire cosa andrà nella finanziaria''.

Le Grandi Opere che forse mai vedranno la luce
Fra le le ''Grandi Opere oramai fatte'', ma per le quali manca giusto qualche milione abbondante di euro affinché queste vengano portate a termine o addirittura cominciate, ce ne sono due particolarmente conosciute perché le più discusse, difficili e complesse: il Mose, il complesso di dighe che dovrebbe eliminare il fenomeno dell'acqua alta a Venezia, e il sempre leggendario Ponte sullo Stretto di Messina.
Il progetto del Mose costa infatti 4,2 miliardi ma al momento ve ne sono solo 1,4 mld (sarebbero necessari altri 2,8 miliardi).
Per il Ponte sullo Stretto di Messina, invece, basterebbero a questo punto solo pochi 'spiccioli', ossia 273 milioni di euro ma il Governo ''non ha intenzione'' di completare il progetto. I 4,6 miliardi ora disponibili per questa grande opera (il cui costo è di 4,9 miliardi circa) saranno allora destinati ''ad opere più utili, come gli acquedotti'', ha precisato il Ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. Per gli schemi idrici infatti, servirebbero 3 miliardi (su 4,6 miliardi necessari ne sarebbero disponibili solo 1,6).
Nell'elenco, figurano altre opere che rischiano di non essere mai realizzate: il ''Corridoio plurimodale dorsale centrale'', ad esempio, necessiterebbe di circa 4,5 miliardi; quello ''plurimodale tirrenico-Nord Europa'' di ben 31,1 miliardi; quello ''plurimodale padano'' di 21,9 miliardi.
Fra tanti scompensi economici però una buone notizia c'è ed è rivolta agli studenti: il costo dell'edilizia scolastica è di 193 milioni di euro e la cifra dei fondi disponibili è proprio questa.

E intanto si pensa ad un Disegno di legge per lo Stretto di Messina
''Progettazione, realizzazione e gestione delle opere nell'area dello Stretto; promuovere servizi di trasporto via mare per persone e merci; integrare i collegamenti con i sistemi di trasporti ferroviari, stradali e aerei; aumentare le infrastrutture, salvaguardando identità locali, ambiente e paesaggio. Tutto questo con il coinvolgimento di Amministrazioni territoriali ed Università''
.
Queste le nuove finalità della Stretto di Messina Spa indicate nel disegno di legge presentato dalla presidente della commissione Lavori Pubblici del Senato, Anna Donati (Verdi), e sottoscritto dal gruppo Verdi -Pdci. Si tratta di una delega al governo per il riordino della legge istitutiva della società Stretto di Messina (Legge 1158 del 17 dicembre 1971, e successive modificazioni) finalizzata alla realizzazione dell'attraversamento stabile fra Calabria e Sicilia.
''Con il recente pronunciamento del Parlamento si è rafforzato l'impegno del governo Prodi a sospendere - ha spiegato la senatrice - l'iter di un Ponte inutile e costoso per sostenere, invece, le opere che realmente servono al Mezzogiorno. Noi, con questo ddl, compiamo un ulteriore passo nella medesima direzione e lanciamo una sfida: non disperdere il capitale di conoscenza accumulato negli anni dalla società, ma lavorare alla sua trasformazione per sviluppare trasporti sostenibili ed equilibrio intermodale nei collegamenti fra Sicilia e Continente''. ''La conversione della società - ha sottolineato la presidente della commissione Lavori Pubblici del Senato - avverrà senza alcun onere aggiuntivo per la finanza pubblica''.

''Da una parte - osserva Donati - bisogna potenziare e riqualificare gli approdi prospicienti lo Stretto; dare impulso ai servizi di collegamento, da integrare con i sistemi di trasporti ferroviari, stradali ed aerei. Questo, salvaguardando le città interessate dai flussi di traffico e di attraversamento, come Villa San Giovanni e Messina. Dall'altra parte, è necessario valorizzare il patrimonio culturale, ambientale, economico e turistico delle regioni interessate. Non dimentichiamo che si tratta di un contesto delicatissimo ed unico al mondo: la progettazione deve prevedere specifiche misure per la salvaguardia dell'ambiente, del territorio marino e costiero, con particolare attenzione alla tutela di habitat, aree protette, biodiversità, e misure per la riqualificazione dei centri urbani interessati''. ''La delega che con questo ddl si affida al governo - ha precisato l'esponente dei Verdi - parte da un approccio diverso rispetto al passato. Si punta infatti ad un forte coinvolgimento nella struttura societaria, oltre che delle Regioni, anche delle Amministrazioni locali interessate. Inoltre, le istituzioni culturali e le Università dovranno essere chiamate a contribuire alle finalità proposte nel disegno di legge, proprio per le conoscenze e gli studi approfonditi condotti sull'area dello Stretto''.
''La storia degli ultimi 35 anni della Stretto SpA - ha sostenuto in fine la senatrice Donati - ci permette di evitare errori e rischi: il nostro obiettivo è quello di uno sviluppo sostenibile e duraturo della Sicilia e della Calabria. Convertire la società rappresenta un passaggio utile per dotare lo Stretto di un sistema di mobilità sostenibile ed efficiente, che i cittadini stanno aspettando da tempo immemorabile''. [La Sicilia, 4 agosto 2006]

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05 agosto 2006
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