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"I morti non sono 10 ma 50"

Arrivati al porto di Augusta, i superstiti del naufragio di mercoledì parlano di decine di dispersi

06 marzo 2015

Dieci morti recuperati nel Canale di Sicilia da una nave mercantile (LEGGI). Questa la notizia dell’altro ieri, la notizia dell’ennesimo naufragio, dell’ennesimo barcone ribaltato nelle acque del Mediterraneo. Drammatico, come ogni volta. Purtroppo però, il numero dei morti è salito. "Sarebbero almeno 50 e non 10 le vittime del naufragio dell'altro ieri nel canale di Sicilia": ad affermarlo è Flavio Di Giacomo, portavoce dell'Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) in Italia. Il dato è emerso dalle testimonianze dei sopravvissuti.
I 150 migranti coinvolti nell'incidente erano a bordo di un'imbarcazione che si è ribaltata poco prima dell'arrivo dei soccorritori. I migranti sarebbero tutti caduti in acqua: la maggior parte è stata tratta in salvo e 10 corpi sono stati recuperati ma circa 40 persone mancherebbero all'appello.

"Le persone morte o disperse nel Canale di Sicilia dall'inizio dell'anno sono già più di 400, un'enormità in solo due mesi. Quest'anno le traversate sono ancora più tragiche, sia a causa del maltempo sia delle imbarcazioni sempre più fatiscenti che i trafficanti fanno utilizzare ai migranti", ha detto ancora Di Giacomo.
Alcune delle testimonianze sono state raccolte dagli operatori dell'Oim ad Augusta, dove la nave Dattilo della Guardia Costiera è arrivata ieri notte. Molti dei migranti coinvolti nell'incidente sono eritrei e sudanesi. Sono partiti da Zuara, in Libia, in un barcone di legno sovraffollato.
Anche il sostituto commissario Carlo Parini, responsabile del gruppo interforze di contrasto all’immigrazione clandestina della Procura di Siracusa, ha parlato di un bilancio delle vittime purtroppo destinato ad aumentare. "Secondo le informazioni che abbiamo acquisito e in base alle testimonianze dei superstiti ci sarebbero una cinquantina di dispersi", ha confermato. Oltre ai volontari dell’Oim, ad ascoltare i superstiti nel capannone allestito a pochi metri dalla banchina ci sono gli interpreti delle forze dell’ordine e gli operatori delle varie associazioni umanitarie.

Il porto è blindato secondo un dispositivo di sicurezza diverso dallo scorso anno: "E’ un dispositivo che cerca di curare tutti gli aspetti inerenti allo sbarco in merito anche alle possibili infiltrazioni che si potrebbero verificare a seguito degli eventi che stiamo vivendo in ambito internazionale". Il capannone dove si trovano i migranti sbarcati è area no-limits per i giornalisti. All’interno si svolgono le operazioni di identificazione e viene stilata la lista dei dispersi.
"Ci sono tanti minori non accompagnati, li stiamo ascoltando per provvedere alle loro necessità" ha spiegato Giovanna Di Benedetto, portavoce di Save The Children.

Ad assistere allo sbarco erano presenti per la prima volta anche le suore missionarie scalabriniane arrivate da Piacenza e volute qui da Papa Francesco: "La nostra missione è andare lì dove ci sono i rifugiati" ha detto Suor Terezinha Santin mentre tiene un piccolo vangelo tra le mani. La sola preghiera nella desolazione del porto di Agusta è la loro, mentre l’ultima bara appesa a un gancio scende dalla nave Dattilo.

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it e da un articolo di Alessandro Puglia - Repubblica/Palermo.it]

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06 marzo 2015
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