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''Il boss mi chiese di farla abortire''

Gaspare Spatuzza, l'ex killer di don Pino Puglisi, snocciola ai pm i suoi racconti dell'orrore

09 gennaio 2009

E' da sei mesi che i magistrati di varie procure siciliane e nazionali lo interrogano (quella di Palermo, Caltanissetta, Reggio Calabria, Napoli e Firenze). Sembra che di storie da raccontare ne abbia tante Gaspare Spatuzza, killer di don Pino Puglisi al soldo dei fratelli Filippo e Giuseppe Graviano della cosca palermitana di Brancaccio, e i pm che lo ascoltano con molta, molta attenzione, non hanno ancora deciso se reputare quanto dica seriamente attendibile. Soprattutto se, come nel caso della strage di via D'Amelio, la verità di Spatuzza potrebbe portare alla revisione di un processo che ha già scritto la parola definitiva con svariati ergastoli per boss e gregari di Cosa nostra.

Di certo c'è la sua assoluta, indecente e cinica sfacciataggine nel raccontare una serie di racconti dell'orrore, dove i protagonisti non sono certo mostri inventati, frutto di fantasie più o meno malate, ma persone vere che sembra abbiamo svenduto l'anima al Mefistofele che si chiama Cosa nostra.
Come ad esempio, l'ultima storia inedita che Gaspare Spatuzza ha raccontato ai magistrati della Dda di Palermo Nino Di Matteo, Antonio Ingroia e Lia Sava. Una storia molto datata nel tempo, di una ferocia inammissibile: quella del presunto aborto alla quale sarebbe stata costretta una ragazza che intrecciò una relazione con un boss e rimase incinta...

Spatuzza ha raccontato che anni fa una studentessa fuori sede che viveva a Palermo, dopo una relazione segreta con un boss mafioso era rimasta incinta Un incidente assolutamente sgradito che il mafioso avrebbe risolto a modo suo, cioè mandando un vero e proprio commando a casa della ragazza e riservandole un "trattamento" che le avrebbe fatto perdere il bambino. Di questo commando avrebbe fatto parte lo stesso Spatuzza che si è autoaccusato di aver iniettato dei farmaci alla studentessa della quale però non sa il nome.
La ragazza viveva insieme ad un'altra ragazza che sarebbe stata presente all'irruzione e che venne legata ad una sedia e imbavagliata, mentre la donna incinta veniva fatta abortire. Le fiale per le iniezioni furono fornite da un medico che Gaspare Spatuzza ha indicato essere un professionista "vicino" a Cosa nostra.

Insomma, una storia terribile che, se valutata tenedo presente i tanti orrori che Cosa nostra è riuscita a fare nei decenni, potrebbe essere creduta possibile senza alcun problema. Ma sulle dichiarazioni di Spatuzza la procura di Palermo sta attenta, e svolgendo ancora riscontri per valutarne l'attendibilità e provare a risalire all'identità dei protagonisti della vicenda, a cominciare dalla ragazza fino al medico amico che avrebbe suggerito il terribile "trattamento".

La posizione di Gaspare Spatuzza rimane in bilico. Da quando ha deciso di collaborare, ossia dallo scorso mese di luglio, nessuna procura ha ancora chiesto l'adozione del programma di protezione dei collaboratori di giustizia, ma nessuno ha neanche chiesto il rinnovo del regime carcerario del 41 bis al quale l'assassino era soggetto dal giorno del suo arresto, undici anni fa. 

Spatuzza dunque da qualche settimana è detenuto al regime carcerario ordinario, ma ha comunque chiesto di rimanere in cella da solo. Prima di procedere con il programma di protezione, le Procure di Palermo e di Caltanissetta intendono valutare approfonditamente le dichiarazioni del collaborante e in particolare quelle relative alla strage di via D'Amelio. L'uomo dei Graviano che fu fedelissimo di Leoluca Bagarella, si è infatti accusato di aver rubato la Fiat 126 che venne usata per l'attentato contro il giudice Paolo Borsellino, ma dello stesso reato aveva già sostenuto di essere autore un altro pentito, Gaetano Scarantino, la cui ricostruzione è stata creduta - nonostante le tante lacune - dalle diverse corti che si sono occupate del processo. Ora le nuove rivelazioni potrebbero indurre i difensori di alcuni degli imputati condannati a chiedere la revisione del processo.
Per questo i magistrati stanno valutando ogni virgola con la massima attenzione. Spiega il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari: "Abbiamo concluso con il dichiarante il verbale illustrativo, che deve essere fatto entro i 180 giorni dall'inizio della sua collaborazione, adesso si devono fare i riscontri. E' ancora presto per affermare che le rivelazioni di Spatuzza possano dare una svolta alle inchieste o capovolgere le sentenze, tutto quello che ci ha detto deve essere valutato con la massima attenzione perché molti aspetti devono ancora essere chiariti". Il procuratore nisseno ha sottolineato che per questa indagine preliminare ha ancora tempo due anni, e vista la mole di lavoro e le attività da compiere "è difficile - dice - concludere prima""L'ufficio della Procura è ridotto all'osso, perché mancano sette pm e un aggiunto - ha aggiunto il procuratore Lari -. L'inchiesta sulle stragi mi coinvolge personalmente insieme all'unico aggiunto presente e ad un pm. Nel frattempo dobbiamo anche svolgere altre inchieste e con la mancanza di magistrati è difficile arrivare a tutto".

[Informazioni tratte da La Siciliaweb.it, Repubblica/Palermo.it]

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09 gennaio 2009
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