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''Il Capo dei capi'': la storia di Totò Riina in onda su Canale 5. Mezzo secolo di mafia raccontato in Tv

07 maggio 2007

La storia di Riina, una saga in tv
di Emilia Costantini (Corriere.it, 03 maggio 2007)

Palermo, la mattina del 15 gennaio '93. Totò Riina, appena uscito di casa, viene accerchiato da tre auto civetta. ''Chi siete? Chi vi manda?'', chiede il boss mafioso. ''Ci mandano Falcone e Borsellino!'', gli risponde beffardo il capitano ''Ultimo''.
E' l'epilogo di una lunga escalation di terrore, stragi, comprese le uccisioni di Falcone e Borsellino. Riina finisce all'Ucciardone, accompagnato da una scia di dubbi e di polemiche sulla sua cattura (non ancora del tutto risolti).

''Il capo dei capi'' si intitola la serie in 6 episodi, ispirata all'omonimo libro-inchiesta di Giuseppe D'Avanzo e Attilio Bolzoni e prodotta dalla Taodue di Pietro Valsecchi per Mediaset, in onda su Canale 5 nella prossima stagione. Per realizzarla un'autentica task force: la sceneggiatura è firmata da un pool di autori (Claudio Fava, Stefano Bises, Domenico Starnone, supervisione di Stefano Rulli); due troupe, 150 persone, dirette da due registi, Enzo Monteleone e Alexis Sweet, stanno girando contemporaneamente a Ragusa e dintorni; il budget, 15 milioni di euro.
Spiega Fava, figlio di Pippo Fava, ucciso dalla mafia nell'84: ''Raccontiamo 50 anni di storia italiana, attraverso la scalata al potere del clan dei corleonesi. E' la prima volta che in tv viene portata la vera storia di Riina, partendo dalla sua adolescenza. Ma ci siamo concessi una licenza: abbiamo inventato il personaggio di Biagio Schirò, ex compagno di giochi di Riina, che sceglierà la strada opposta alla sua, diventando poliziotto''.
Nella serie tv, Claudio Gioè è un somigliantissimo Riina, mentre l'antagonista poliziotto è Daniele Liotti.

La prima scena del film. Siamo nel 1943 nella campagna di Corleone, dove vive la famiglia Riina, braccianti che lavorano la terra. Totò ha 14 anni e, con il padre e i due fratelli, trova una bomba inesplosa, residuato bellico, buono per estrarre polvere da sparo e ferro da vendere. Ma stavolta va male: l'ordigno esplode uccidendo il padre e il fratello minore. Totò resta miracolosamente illeso. Diventa lui il capo famiglia e deve affrontare un duro periodo di miseria. Si unisce ai malavitosi di Corleone che fanno riferimento a Luciano Liggio. Ma ben presto Totò si crea un suo gruppo di fedelissimi, tra cui Provenzano e Bagarella, che lo affiancheranno nel suo criminoso cammino: una sorta di Goodfellas all'italiana.
Dice Bolzoni: ''Sono cresciuti insieme nel feudo di grossi mafiosi che comandano su tutto. Li unisce la fame, soprattutto la sete di vendetta: i primi a essere sterminati sono proprio i clan delle "aristocrazie" mafiose come i Navarra, i Bontate, gli Inzerillo. La loro è una scalata criminale: è la guerra''. Ma non si rischia di giustificare la ferocia di questi personaggi? Ribatte Bolzoni: ''No, perché nel nostro libro, come poi nel film, Riina e i suoi compari vengono descritti per quello che sono: bestie assetate di sangue. Nulla a che vedere con la visione romantica del Padrino di Marlon Brando''. Interviene Gioè, nato e vissuto a Palermo: ''Ero ancora un ragazzino, quando nel '92 vennero trucidati Falcone e Borsellino: per noi palermitani è stato come risvegliarsi a Beirut''.

Ma intorno al set non è mancato qualche episodio di dissenso. Racconta Liotti: ''Mentre giravamo una scena, un uomo ha cominciato a urlarci contro 'Riina non c'entra niente! È stato messo in mezzo!'. Per alcuni, questi criminali rappresentano eroi leggendari''. E c'è anche chi storce il naso. Commenta una signora che abita a Ragusa: ''Noi siciliani per bene siamo un po' stufi di questi film che ci dipingono come delinquenti''.
Tant'è, ma cinquant'anni di mafia equivalgono a un'autentica ecatombe: vittime delle guerre tra clan, ma soprattutto dell'attacco allo Stato. Sottolinea Monteleone: ''Un lungo elenco di morti. Quando ho letto la sceneggiatura, mi sono detto: ma dov'ero?''. E Bolzoni: ''Fino all'avvento di Riina, la mafia era infiltrata nello Stato. Con Riina comincia l'attacco allo Stato. La differenza tra Provenzano e Riina è che il primo è un mediatore, il secondo un dittatore: lui è il capo dei capi e sicuramente non ha fatto tutto da solo. Ecco perché sulla sua vicenda si allunga l'ombra di mandanti eccellenti''.

Nel film si raccontano i retroscena della sua cattura? Riina fu arrestato o ''consegnato''? ''Raccontiamo i dubbi che esistono - risponde Claudio Fava - ma senza risolverli, così come non lo sono tuttora. E cioè se la cattura sia stata frutto di un'efficacia azione di intelligence o se vi sia dietro Provenzano e un suo possibile patto di non belligeranza con lo Stato. Insomma, quell'elemento di ambiguità che ha pervaso la cattura del boss tentiamo di riprodurlo con fatti, non con didascalie: dal 'papello', ovvero l'elenco di richieste che Riina fece allo Stato in cambio della conclusione della sua strategia eversiva, all'intermediazione di Ciancimino. Raccontiamo cinquant'anni di mafia, una storia piena di zone grigie, sfumate. Quelle zone che hanno permesso a Riina cinquant'anni di impunità''.

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07 maggio 2007
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