''IL CASO CALVI''
''Miracoli'', vita e morte del ''Banchiere di Dio''
La carriere di Roberto Calvi iniziò nel 1947, quando entrò nel Banco Ambrosiano, banca privata strettamente legata allo IOR, in qualità di semplice impiegato, salvo riuscire, nell'arco di una trentina d'anni, a giungere prima la carica di direttore generale nel 1971 e poi quella di presidente nel 1975, carica quest'ultima tramite la quale riuscì ad avviare una serie di speculazioni finanziarie per lanciare il Banco Ambrosiano nella finanza internazionale.
In poco tempo divenne uno dei finanzieri più aggressivi, intrecciando una fitta rete di società create in paradisi fiscali con lo IOR, la banca vaticana: acquistò la Banca del Gottardo, una banca svizzera; fondò una finanziaria in Lussemburgo, la Banco Ambrosiano Holding; con l'arcivescovo Paul Marcinkus fondò la Cisalpine Overseas, nelle Bahamas; insieme al tecnico informatico Gerard Suisson (che morì a 40 anni in un Club Mediterranée in Corsica), Calvi ideò un meccanismo di compensazione dei conti fra istituzioni bancarie. Gli obblighi internazionali di riserva frazionaria vennero in questo modo applicati solo al saldo dei crediti tra due banche, a quella delle due che ha il saldo positivo (saldo creditore). In seguito Calvi si fece ancora più spregiudicato: costruì società fantasma nei paradisi fiscali per aumentare gli introiti del Banco Ambrosiano, poi arrivò addirittura a finanziare alcune dittature del Sudamerica. Nel '68 conobbe Michele Sindona divenendone socio in affari; nel 1975 Sindona gli presentò Licio Gelli e Calvi entrò nella loggia P2.
Le crisi del Banco Ambrosiano
La prima crisi del Banco risale al 1977. All'alba del 13 novembre Milano si svegliò tappezzata di cartelloni in cui si denunciavano presunte irregolarità del Banco Ambrosiano. Artefice del gesto era stato Michele Sindona, che voleva vendicarsi di Calvi, cui aveva chiesto senza successo i soldi per ''tappare i buchi'' delle sue banche.
Per alcuni mesi, a partire dal 17 aprile 1978, alcuni ispettori della Banca d'Italia analizzarono la situazione del Banco Ambrosiano e denunciarono molte irregolarità, segnalate al giudice Emilio Alessandrini, il quale venne però ucciso subito dopo da un commando di terroristi di estrema sinistra appartenenti a Prima Linea. Era il 29 gennaio 1979.
Il 24 marzo il governatore della Banca d'Italia Paolo Baffi e il capo dell'Ufficio Vigilanza Mario Sarcinelli, artefici dell'ispezione, vennero accusati e posti agli arresti, salvo essere completamente prosciolti nel 1983, in seguito all'accertamento dell'assoluta infondatezza delle accuse mosse a loro carico.
In seguito il Banco si trovò ad affrontare una prima crisi di liquidità, che risolse ricevendo finanziamenti dalla BNL e dall'ENI per circa 150 milioni di dollari, mentre una seconda crisi di liquidità nel 1980 fu risolta grazie a un nuovo finanziamento dell'ENI di 50 milioni di dollari, per ottenere i quali Calvi pagò tangenti a Claudio Martelli e Bettino Craxi.
Il ''castello di carte'' dell'Ambrosiano crollò nel 1981 con la scoperta della loggia P2 che lo proteggeva: Calvi, rimasto senza protezioni ad affrontare lo scandalo, cercò l'intervento del Vaticano e dello IOR, ma poco meno di due mesi dopo, il 21 maggio, venne arrestato per reati valutari, processato e condannato.
In attesa del processo di appello, Calvi fu messo in libertà provvisoria, tornando a presiedere il Banco. Nel tentativo di trovare fondi per il salvataggio dei conti, strinse rapporti con Flavio Carboni, un finanziere sardo legato ad ambienti politici e malavitosi romani come la Banda della Magliana, legami che forse portarono al tentato omicidio di Roberto Rosone. Rosone, direttore generale del Banco, fu vittima di un attentato da parte di Danilo Abbruciati, un boss della banda della Magliana, a causa delle perplessità espresse circa alcuni finanziamenti concessi dal Banco a Carboni senza la presenza delle dovute garanzie.
La situazione comunque precipitò e Calvi e Carboni cercarono ancora l'intervento dello IOR, che rifiutò di fornire aiuto di fronte ai numerosi fatti criminosi che via via emergevano.
Con l'aiuto di personaggi legati a Carboni (fra i quali Silvano Vittor), Calvi fuggì a Londra, dove qualche giorno dopo venne trovato impiccato sotto il Ponte dei Frati Neri sul Tamigi in circostanze molto sospette, con dei mattoni nelle tasche e 15.000 dollari addosso. La magistratura inglese liquidò la morte di Calvi come suicidio, come affermato da una perizia medico-legale. Sei mesi dopo, l'Alta Corte annullò la sentenza per vizi formali e sostanziali ed il giudice che l'aveva emessa venne incriminato per irregolarità; il secondo processo britannico lasciò aperta sia la porta del suicidio, sia quella dell'omicidio.
Nel 1988 iniziò in Italia una causa civile che stabilì che Roberto Calvi era stato ucciso e impose a un'assicurazione il risarcimento di 3 milioni di dollari alla famiglia.
Un nuovo procedimento legale sulla morte di Calvi è stato aperto in Inghilterra nel settembre 2003.
In Italia, una prima indagine della procura di Milano aveva archiviato il fatto come suicidio. Nel momento in cui, nel 1992, la procura di Roma venne in possesso di nuovi elementi per riaprire il caso come omicidio volontario e premeditato, la Cassazione decise il passaggio della competenza da Milano a Roma. L'indagine proseguì con l'ordinanza di custodia cautelare emessa nel 1997 dal gip Mario Alberighi a carico di Pippo Calò e Flavio Carboni, accusati di essere i mandanti dell'omicidio. Secondo l'accusa, Calvi sarebbe stato ucciso perché si sarebbe impossessato del denaro di Calò e di Licio Gelli, gran maestro della P2. L'anno successivo, una nuova perizia sulla morte di Calvi, ordinata dal gip Otello Lupacchini, stabilì l'infondatezza dell'ipotesi del suicidio.
Il processo penale iniziò il 5 ottobre 2005. Imputati sono il boss di Cosa Nostra Pippo Calò e Flavio Carboni, accusati di omicidio, Ernesto Diotallevi, esponente della Banda della Magliana, Silvano Vittor (contrabbandiere di jeans e caffè) e la compagna di Carboni, Manuela Kleinszig.
Nel marzo 2007 il pm Luca Tescaroli, al termine della sua arringa conclusiva, aveva chiesto l'ergastolo per Pippo Calò, per Flavio Carboni, per Ernesto Diotallevi e per Silvano Vittor, accusato di aver accompagnato Calvi a Londra, di avergli fornito il passaporto falso e di essere stato uno degli esecutori materiali del delitto. Assoluzione piena era stata invece richiesta per la ex fidanzata di Carboni, Manuela Kleinszig.
Il 6 giugno 2007 la seconda Corte d'assise di Roma, presieduta da Mario Lucio d'Andria, ha emesso una sentenza di totale assoluzione per tutti gli imputati per il processo Calvi. Flavio Carboni, Pippo Calò, Ernesto Diotallevi e Silvano Vittor sono assolti per insufficienza di prove. Assolta con formula piena invece Manuela Kleinszig, come chiesto dallo stesso pm.
Tratto da Wikipedia