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''Il fantasma di Corleone'' per guardare dentro uno dei misteri italiani più oscuri: la latitanza di Bernardo Provenzano

27 marzo 2006

Venerdì scorso è stato presentato a Roma. Sabato l'anteprima per i giornalisti, mentre stamattina si è svolto l'incontro, sempre per la stampa, nell'aula bunker di Palermo con il regista e il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso.
Stiamo parlando del docu-fiction ''Il fantasma di Corleone'', definito dal giovane regista palermitano, Marco Amenta: ''Un atto d'amore verso l'Italia e la Sicilia''.
Il cineasta siciliano, da dieci anni a Parigi, ha ricostruito i quarantatre anni di latitanza, mai troppo lontano dalla Sicilia, del boss dei boss della mafia Bernardo Provenzano. Il film e stato già trasmesso da molte tv europee, e il prossimo 31 marzo arriverà anche in un pugno di sale italiane (10 copie, distribuito da Pablo).

Quella di Amenta, e un'opera che alterna il documentario (prevalente) a scene ricostruite con attori, con uno stile che, secondo l'autore, può ricorda ''la Guzzanti di 'Viva Zapatero' e Michael Moore''. Il risultato è un ritratto potente del più oscuro dei padrini di mafia, con una tesi di fondo molto precisa: se finora Binnu non è stato catturato, è perché o è stato avvertito in tempo - come nelle due occasioni in cui furono presi i suoi luogotenenti, Benedetto Spera e Antonino Giuffré - o perché si è rinunciato ad andare fino in fondo.
Ma dentro ''Il fantasma di Corleone'' non c'è soltanto l'eterna lotta tra criminalità e Stato, magari con apparati deviati delle istituzioni, il film di Amenta, infatti, si concentra anche sul paradosso dell'uomo Provenzano: potente come nessun altro, nella storia della sua organizzazione; a capo di un giro d'affari multimiliardario; eppure costretto a risiedere spesso in casolari fatiscenti, lontano dalla sua famiglia.
Per illuminare la vita quotidiana del protagonista, la pellicola utilizza molti dei suoi ''pizzini'', le lettere attraverso le quali comunica col resto del mondo. Biglietti come quello in cui la moglie gli manda dei calzini e gli raccomanda ''di lavarli in acqua tiepida'', o in cui lui la ringrazia ''per le bottiglie di salsa e le arance''.
Perché dunque un uomo sceglie un'esistenza così grama? Forse perché, come viene detto tra il serio e il faceto nel film, ''per un siciliano comandare è meglio che fottere''.

La figura della ''Primula rossa di Corleone'', 'fantasma' da 43 anni, è evocata costantemente dalle testimonianze di pentiti, uomini di legge come i procuratori Roberto Scarpinato, Antonio Lo Forte, e il colonnello dei Ros Michele Riccio, che gli hanno dato la caccia, da documenti processuali, da esperti del modus operandi mafioso, da scene interpretate da Marcello Mazzarella (il Placido Rizzotto nell'omonimo film di Pasquale Scimeca) nei panni di un poliziotto specializzato nello scovare i mafiosi, e da una speciale 'colonna sonora' fatta dalla lettura dei 'pizzini'.
A controbilanciare la figura del 'capo dei capi' c'è il ritratto dalla Sicilia dell'antimafia, con in primo piano Giuseppe Linares, giovane capo della squadra mobile di Trapani, autore con l'operazione Peronospera, dell'arresto, fra gli altri del numero tre di Cosa Nostra Vincenzo Virgo.

Per la messa in onda televisiva, il documentario è già stato acquistato da Sky che lo trasmetterà integralmente, mentre sono ancora in corso le trattative con la Rai. Amenta ha comunque smentito che la richiesta di tagli dalla televisione di stato italiana sia legata alle parti più politiche del film, in cui si riportano le dichiarazioni dei pentiti Salvatore Cancemi e Antonino Giuffrè sui presunti contatti fra Forza Italia e Cosa nostra: ''Si tratta solo della necessità di ridurre la durata a circa un'ora, per adattarla al palinsesto. Vedremo come andrà a finire, io comunque combatto per mandare in onda la versione integrale di ottanta minuti''.
''Abbiamo assemblato solo le verità di quarant'anni - ha spiegato il regista -. Non è un film politico che comincia e finisce con Berlusconi ma non potevo ignorare i link della mafia con la politica. Volevo parlare dell'Italia di oggi''.

Don Luigi Ciotti, che con l'associazione 'Libera' promuove il film, ha spiegato: ''E' un'iniziativa che manda in bestia i mafiosi, perché va a intaccare il loro potere e la loro immagine''. E proprio la visione de ''Il fantasma di Corleone'' ha ispirato don Ciotti ''a organizzare una tre giorni a Roma prevista per metà ottobre che riunirà le tante realtà che ad ogni livello combattono le organizzazioni mafiose: sarà l'occasione per confrontarci e fare proposte concrete anche sul piano legislativo''.

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27 marzo 2006
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