"Il Parlamento taglierà al più presto gli stipendi"
I presidenti Schifani e Fini lo dicono chiaramente: "Taglieremo gli stipendi dei parlamentari"
"Non corrisponde al vero quanto ipotizzato da alcuni organi di informazione circa la presunta volontà del Parlamento di non assumere comportamenti in sintonia con il rigore che la grave crisi economica-finanziaria impone a tutti". E' quanto hanno affermato ieri i presidenti di Senato e Camera, Renato Schifani e Gianfranco Fini a proposito del taglio degli stipendi dei parlamentari.
"Il Parlamento - chiariscono Schifani e Fini in una nota congiunta - è pienamente consapevole dell'esigenza di dar vita ad atti esemplari e quindi anche di adeguare l'indennità dei propri membri agli standard europei, secondo quanto già votato in Aula nei mesi scorsi sia a Palazzo Madama che a Montecitorio". Schifani e Fini sollecitano, dunque, il presidente dell'Istat, Enrico Giovannini, "a concludere nel più breve tempo possibile i lavori della commissione" incaricata di studiare le indennità parlamentari in Europa "per poter subito procedere" al taglio delle indennità in Italia.
E nelle polemiche scoppiate intorno al tema, ci sono anche quelle alimentate dai deputati, con Crosetto che parla di possibili violenze fisiche ai danni dei politici, e Francesco Giro che propone di tagliare oltre agli emolumenti, "anche la testa" dei parlamentari.
Lo scontro è esploso sabato, quando i deputati hanno detto no a una norma della manovra che prevede la possibilità del governo di intervenire per decreto sui tagli degli stipendi dei parlamentari, qualora la commissione Istat incaricata del livellamento retributivo Italia-Europa non provveda, entro il 31 dicembre 2011, a individuare la media dei trattamenti economici del continente. La decisione dei partiti, che di fatto rinvia i tagli alle indennità, è stata giustificata difendendo "la competenza esclusiva delle Camere contro l'ingerenza del governo". Ma ha provocato reazioni indignate. Da qui i tanti interventi della politica. A partire da Fini e Schifani che dicono: "Il Parlamento taglierà al più presto gli stipendi".
Come era già avvenuto per i vitalizi, dunque, anche per l'adeguamento degli stipendi parlamentari alla media europea sono scesi in campo direttamente gli scranni più alti di Montecitorio e Palazzo Madama.
Intanto, l'Italia dei Valori è pronta a dare battaglia sui costi della politica in nome della "legalità" e del "buon esempio". Per questo il partito di Antonio Di Pietro presenta un emendamento "che interviene sul trattamento economico dei parlamentari". "Vogliamo che la manovra venga modificata - ha spiegato il leader Idv - affinché a pagare non siano sempre i soliti, ma gli evasori, la casta e chi ha fatto i proprio interessi ai danni del Paese".
Pier Paolo Baretta, relatore della manovra e deputato del Pd, assicura: "La commissione Istat probabilmente consegnerà il suo studio entro il 31 dicembre, così come previsto. Nessuno ha chiesto rinvii nè si ha intenzione di concederne".
Nella polemica è intervenuto anche Guido Crosetto del Pdl, parlando di un "clima di odio" fomentato dalla stampa: "I giornali titolano e polemizzamo sul nulla. La norma prevista nella manovra Monti, è già legge. Già è previsto l'adeguamento, già è prevista la tagliola al primo gennaio", ha detto. "Non è più tollerabile per le persone oneste che hanno accettato di dedicarsi alla politica, uscire di casa, acquistare il giornale e sentirsi, in questo caso senza alcun motivo reale, insultati ed additati come bersaglio di un odio ormai irreversibile".
Anche Francesco Giro, ex sottosegretario ai Beni culturali, lancia una stoccata ai giornalisti definendoli "gazzettieri dell'antipolitica" e provocatoriamente ha suggerito "di tagliare ai parlamentari, oltre agli stipendi, anche la testa".
Insomma l'argomento tagli ha scatenato un putiferio tra i banchi delle Aule: alcuni parlamentari (da Alessandra Mussolini a Lamberto Dini) si lamentano della proposta a prescindere, altri pongono la questione della "norma scritta male". Mentre Michele Ventura (Pd), non vuole "difendere la casta", ma parla di "polverone sollevato ad arte" perché un decreto che provveda all'equiparazione non si può fare e "il governo l'ha riconosciuto". Irritato anche il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi, sempre del Pdl: "Se ridurre i costi della politica significa rinunciare al parlamento non va bene, questa sarebbe dittatura". Anche la Lega scende con il senatore Piergiorgio Stiffoni che critica chi si accoda a certi articoli 'emozionali' e 'pieni di rancore'. "Se vogliono una classe politica di sciattoni - ha detto - è una scelta che si può fare, ma mi sembra che un certo decoro ci debba essere anche di chi lavora in Parlamento".
[Informazioni tratte Adnkronos/Ign, Repubblica.it]