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''Il Sud sta sprofondando''

E il peggio deve ancora arrivare... Dai dati del XVIII Report Sud della Fondazione Curella e del Diste

21 gennaio 2009

Nel 2009 il Pil nelle regioni del Sud diminuirà dell'1,5% a fronte di un -1% dell'Italia, con un netto rallentamento della domanda interna.
Questa la previsione contenuta nel XVIII Report Sud della Fondazione Curella e del Diste presentato ieri a Palermo.
Secondo l'indagine nel 2008 il Pil nel Mezzogiorno ha fatto registrare una flessione dell'1,3% e per il Centro-Nord dello 0,2%. Nella media dei primi nove mesi del 2008, il numero degli occupati al Sud è risultato di 6 milioni 504 mila unità corrispondenti a un tasso di variazione negativo pari allo 0,1% rispetto all'anno precedente (+1% il dato dell'Italia).

Il numero delle persone alla ricerca di lavoro è salito a 883 mila unità con un aumento del 12,5%: di riflesso, il tasso di disoccupazione è tornato a crescere passando al 12%, con un aumento di 1,2 punti rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente.
A livello settoriale sono da evidenziare il risultato lusinghiero dell'agricoltura (+0,5%) in conseguenza anche delle condizioni metereologiche favorevoli alle colture, mentre sembrano risentire in misura maggiore della debolezza della domanda finale l'industria manifatturiera (-3,7% nel 2008 a fronte dello 0,9% del 2007), così come l'industria delle costruzioni (-1,8% del 2008 a fronte del +1,3% del 2007). Il ramo dei servizi resta caratterizzato da segnali di decelerazione.
"Il Mezzogiorno sta sprofondando - ha detto il presidente della Fondazione Curella, Pietro Busetta -, al Paese questo non interessa e si parla di una supposta questione settentrionale tanto da dirottare le risorse previste per il Sud al Centro-Nord. Il dato positivo sulle esportazioni deve fare riflettere: ci dice, infatti, che il Mezzogiorno si può salvare solo contando sulle proprie forze".

Al netto dei prodotti petroliferi, le esportazioni nei primi nove mesi del 2008 sono cresciute in termini monetari dell'8% contro un decremento dell'analogo aggregato nazionale del 4,1%.
"Il quadro che emerge è che per il Mezzogiorno probabilmente ancora il peggio deve arrivare - ha sostenuto il presidente del Diste, Alessandro La Monica -. Gli andamenti e i cicli economici che si registrano nelle regioni dell'area centro settentrionale, interessano il Mezzogiorno con un gap medio di circa un anno, per cui se l'economia italiana è entrata nella fase recessiva nella primavera del 2008 a cui è seguito un brusco peggioramento nel secondo semestre 2008, è prevedibile che il Mezzogiorno deve ancora vivere la fase acuta". [La Siciliaweb.it]

Nel corso del dibattito seguito alla presentazione del Report Sud, altri partecipanti hanno puntato l'accento su quelle potrebbero essere le soluzioni ideali per il superamento della crisi e del Gap tra il centro-nord e il Meridione. Il nodo strategico per molti è la riforma della Pubblica Amministrazione e l'adozione di misure anti-crisi specifiche per il Mezzogiorno.
"Il problema primario del Sud Italia è la riforma e l'innovazione della Pubblica Amministrazione, senza le quali sarà quasi impossibile invertire il destino del Meridione". Ne è convinto Francesco Saverio Coppola direttore dell'SRM (Associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno).
Secondo Riccardo Padovani direttore della Svimez "il nodo cruciale sarà rendere le politiche anti-crisi coerenti con le specificità del Mezzogiorno e con le politiche regionali di sviluppo che non devono conoscere indebolimento in questa fase di recessione".
"Per fare immediati passi avanti bisogna eliminare gli ostacoli che è la Pubblica Amministrazione a porre nella gestione delle risorse e nella gestione del sostegno alle imprese". Questo è il punto di vista di Vincenzo Fazio, ordinario di Economia Politica dell'Università di Palermo.
Per il professore Mario Centorrino, ordinario di Politica Economica all'Università di Messina, dai dati del Report "emerge l'assoluta necessità che le politiche anti-crisi siano territorializzate e tengano conto delle specificità del Mezzogiorno come la disoccupazione, le aree di povertà e il deficit infrastrutturale".

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21 gennaio 2009
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