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''Il Testimone''. Terzo Atto

Ciancimino jr è tornato in aula a deporre al processo a carico del generale Mori: nuove rivelazioni, nuovi documenti

08 febbraio 2010

Massimo Ciancimino è tornato questa mattina nell'aula bunker dell'Ucciardone a Palermo per continuare a deporre nel processo in cui l'ex comandante del Ros, Mario Mori, e l'ex colonnello Mauro Obinu, sono imputati di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra per la mancata cattura di Bernardo Provenzano nel 1995 dopo le segnalazioni di un confidente.
Ciancimino jr ha portato con sé vari documenti per consegnarli al pm, e anche un passaporto intestato a suo figlio dieci giorni dopo la nascita, e del quale aveva parlato nella precedente udienza sostenendo che il documento gli venne rilasciato grazie al "signor Franco", l'ancora non identificato agente dei servizi segreti che fin dagli anni '70 manteneva contatti con Vito Ciancimino, l'ex sindaco mafioso di Palermo. Massimo Ciancimino ha presentato il documento per dimostrare come l'ottenne.
In apertura di udienza, i pubblici ministeri hanno chiesto e ottenuto l'acquisizione di alcuni documenti e in particolare dei verbali delle perquisizioni nella villa di Massimo Ciancimino all'Addaura: una prima, in cui non fu trovato nulla, e una seconda eseguita dalla Dia l'estate scorsa.
Tra i documenti che Ciancimino ha prodotto, il verbale della perquisizione cui fu sottoposto al suo rientro in Italia dalla Francia nel maggio del 2009, e una richiesta di farlo separare dalla moglie per la sicurezza della donna e del figlio.
La scorsa settimana Massimo Ciancimino, aveva deposto in due udienze affermando, tra l'altro, che il senatore Marcello Dell'Utri avrebbe avuto "rapporti diretti" con il capomafia Bernardo Provenzano e che il boss avrebbe goduto durante la sua lunga latitanza di una sorta di "immunità territoriale". Cose apprese, secondo il teste, dal padre Vito, morto nel 2002.

L'udienza si è aperta intorno alle 10:00 con la richiesta di alcune produzioni documentali, avanzata dalla procura. Il pubblico ministero Nino Di Matteo ha chiesto l’acquisizione del verbale di perquisizione domiciliare eseguita a casa di Massimo Ciancimino il 17 febbraio 2005. La procura ha anche espresso l’intenzione di depositare il foglio, trovato durante quella perquisizione, in cui, secondo Ciancimino, il boss Bernardo Provenzano avrebbe chiesto a Berlusconi di mettergli a disposizione una delle sue reti tv (LEGGI). Il tribunale ha ammesso le istanze della procura.

La deposizione di Ciancimino jr è cominciata con la lettura, da parte del pm Antonio Ingroia, di due "pizzini" consegnati dal teste. E' la corrispondenza fra Provenzano e don Vito. Uno dei due pizzini recita: "Carissimo ingegnere, M mi ha detto che visti i fatti accaduti non è prudente incontrarci giovedì 23... Ho parlato Amici comuni che mi hanno detto che m quando viene a Palermo non è solo, il ragazzo si guarda, secondo me c’è qualcosa che non funziona, se lei continua a parlarci con queste persone mi faccia sapere". Ciancimino jr ha spiegato: "Nell’ultimo incontro, 12 o 13 luglio 1992, mio padre prende in esame il 'papello'... chiede l’intervento Riina per il contropapello... Provenzano gli comunica che aveva saputo che nei miei spostamenti ero pedinato... poi, vista l’origine di Provenzano, c’era diffidenza" [...] "Lo Verde (Provenzano, ndr) comunica a mio padre che aveva parlato col senatore Dell’Utri per le problematiche che stavano a cuore a mio padre... per poter far beneficiare mio padre di un provvedimenti che riguardavano amistia o indulto...” ha spiegato ancora Ciancimino.
Ingroia ha poi letto una lettera sequestrata a Ciancimino. "...Intendo portare il mio contributo (che non sarà di poco) perché questo triste evento non abbia a verficarsi, sono convinto che questo evento, on berlu, vorrà mettere a disposizione una delle sue reti televisive". "Non è stato uno dei momenti più difficili dei nostri incontri - ha detto Ciancimino jr ad Ingroia - è la metà del foglio, doveva essere conservato da me insieme ad altri fogli. Su questo argomento ho un po' di ansia. E’ un foglio che ho conosciuto e conservato nella sua interezza, nel 1994. L’ho visto quando lo stesso mi era stato consegnato da soggetti vicini a Lo Verde per mio padre. L’ho portata in carcere e mio padre se lo trascriveva... nella prima parte si faceva riferimento al destinatario, il senatore Dell’Utri, per conoscenza a Berlusconi. Il contenuto... quando lo prendiamo in esame con mio padre nel 2001... questa frase mio padre la prendeva da una precedente intervista di Berlusconi nel '77 a Repubblica, intervistato sulle scelte imprenditoriali, giornali televisioni, disse al giornalista... nel caso un amico sarebbe dovuto scendere in campo non aveva problema a mettere a disposizione una rete televisiva. La lettera arriva da ambienti vicini al Lo Verde". "Il ruolo di mio padre rispetto alla lettera... era quello di richiamare il partito che era nato grazie anche a quello che era il frutto della trattativa, o collaborazione dopo agosto, a ritornare un poco sui suoi passi... era un’avvisaglia a rientrare nei ranghi... senza scordarsi che Berlusconi come entità politica era il frutto di questa trattativa... l’ultimo passaggio 'evitare triste evento' si riferiva a atto intimidatorio al figlio di Berlusconi".
Dunque, secondo quanto detto da Ciancimino jr, "Forza Italia è il frutto della trattativa" tra lo Stato e Cosa nostra dopo le stragi del '92. "Mio padre - ha spiegato ancora Ciancimimo jr illustrando il biglietto - mi disse che questo documento, insieme all'immunità di cui aveva goduto Provenzano e alla mancata perquisizione del covo di Riina, era il frutto di un'unica trattativa che andava avanti da anni. Con quel messaggio Provenzano voleva richiamare il partito di Forza Italia, nato grazie alla trattativa, a tornare sui suoi passi e a non scordarsi che lo stesso Berlusconi era frutto dell'accordo". Una parte del documento, secondo quanto dice in aula il figlio dell'ex sindaco, sarebbe sparita.

"Sul mio ruolo mi era stato garantito il segreto di Stato"
. "Dopo che venne resa nota una mia intervista dalla quale in qualche modo emergeva il mio ruolo nella cattura di Riina, l'agente dei Servizi, che io conoscevo col nome di Franco, mi invitò a non parlare più di certe vicende perchè tanto io non sarei mai stato coinvolto e non sarei mai stato chiamato a deporre. Cosa che avvenne visto che fino al 2008, quando decisi di collaborare con i magistrati, nessuno mi interrogò mai". Massimo Ciancimino ha poi raccontato come, dopo le prime fughe di notizia sui giornali sulla presunta trattativa, si sarebbe allarmato ma sarebbe stato confortato dal capitano De Donno. "Non sarai chiamato in nessun processo... né tu né tuo padre - avrebbe detto De Donno - per trent’anni queste notizie non venivano fuori perché c’era segreto di Stato" [...] "Sciacchitano, allora viceprocuratore nazionale antimafia, mi aveva fatto sapere, tramite il professor Lapis, di non coinvolgere la società madre, quella del gas, per cui ero indagato perché dentro c’erano figli di magistrati. Avrebbe intercesso con la procura che mi accusava per far cadere le accuse".
Quindi, Ciancimino jr, ha voluto spiegare da dove nasce la sua collaborazione. "Sin dall’inizio della mia vicenda giudiziaria... in tutto questo periodo fra gli emissari del signor Franco... ero stato invitato a mantenere una condotta non vantaggiosa per me. Io volevo dire la verità ma un emissario del signor Franco (una persone dei Servizi segreti, ndr) quando ero agli arresti domiciliari nel 2006, mi disse di non parlare della questione dei carabinieri e dei rapporti con Berlusconi e Dell’Utri".

E' stata poi la volta delle perquisizioni nella villa di Massimo Ciancimino all'Addaura. Momento nel quale il teste ha avuto una sorta di crollo emotivo quando gli sono state mostrate le foto della perquisizione. Dopo una pausa concessa dal presiedente della Corte, Cinacimino jr ha ripreso la deposizione.
Ma spieghiamo brevemente il perché di quelle perquisizioni, secondo il teste. I carabinieri e i Servizi segreti sarebbero stati a conoscenza che Massimo Ciancimino teneva il papello in una cassaforte della sua abitazione all’Addaura. La cassaforte, però, non fu mai trovata nel corso delle perquisizioni che vennero effettuate quando Massimo Ciancimino fu arrestato per riciclaggio. "Fui avvisato dall’emissario del signor Franco di allontanarmi da Palermo, andare all’estero, nell’aprile del 2006. Andai in Egitto e mi portai anche il mio avvocato" ha raccontato il teste. "Ogni mattina cercavo di sapere gli sviluppi, queste nuove attività, chiamavo Lirio Abbate e qualcuno una mattina mi disse che era impegnatissimo perché era stato arrestato Provenzano. Rientrai dopo tre quattro giorni, avevo contezza che non avevo fatto nulla perché non avevo collegamento con l’arresto di Provenzano. Non accadde niente... c’erano solo due pizzini in cui si faceva riferimento a me... La seconda volta sono stato avvertito che sarei stato arrestato dall’emissario del signor Franco che mi invita a portare l’arresto tutti i documenti che avevo con me" [...] "Quando sono andato a prendere i primi contatti con l’istituto dove si trovava la cassetta di sicurezza in cui c’erano i documenti e il papello, durante tutti i miei spostamenti sono stato seguito, sia da personaggi legati alle istituzioni francesi, riferibili al signor Franco, ma anche da autorità italiane. Quando rientro in Italia vengo fermato al traforo del Monte banco, invitato a raggiungere gli uffici per un normale controllo, trovo diversi ispettori della Dia, con decreto della procura di Caltanissetta che imponeva di consegnare tutti documenti sulla trattativa. Mi hanno fermato alle 14 e30, sono andato via alle 19, dopo perquisizioni personali, per me e mia moglie, e dell’auto”.
Cinacimino jr ha poi raccontato delle tante minacce ricevute da lui e dalla sua famiglia, negli ultimi tempi. "L'ultima minaccia una settimana fa. La settimana scorsa sul parabrezza dell’auto blindata la mia scorta ha trovato una lettera minatoria in cui si diceva che nessuno, neppure i magistrati di Palermo con cui sto collaborando, sarebbero riusciti a salvarmi".

Ancora lettere e "pizzini" -  Tra i vari documenti consegnati stamane da Massimo Ciancimino e ammessi dal tribunale, la copia di un manoscritto di Vito Ciancimino indirizzata, per conoscenza, al presidente del consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi. Ciancimino jr ha letto la lettera (una rielaborazione di quella ricevuta in carcere da Lo Verde, cioè Provenzano, di cui si è parlato nella diretta) scritta da don Vito e inviata a Dell’Utri e per conoscenza a Berlusconi: "Anni di carcere per questa mia posizione politica, intendo dare il mio contributo e non sarà modesto perchè questo triste evento non abbia a verificarsi, sono convinto che se dovesse verificarsi questo evento, sia in sede giudiziaria che altrove, l’onorevole Berlusconi metterà a disposizione una delle reti televisive. Se passa molto tempo, e non sarò indiziato di ingiuria, sarò costretto a uscire dal mio riserbo che dura da anni" [...] "Mio padre minaccia di raccontare quella che era stata la nascita della coalizione che aveva dato vita a Forza Italia, i patti che avevano fatto nascere Forza Italia". Infatti, nella trattativa si sarebbe parlato anche di una nuova forza politica. "Era uno degli oggetti principali del contropapello. Il foglio che mio padre scrive di persona e che prende in considerazioni le possibili soluzioni sottoposto a Provenzano da far approvare a Riina, c’erano argomentazioni... c’era quella di dar vita a un nuovo soggetto politico... il contropapello era il programma di partito, "Rinascita siciliana", "Rinascita Italia", anche Gelli aveva aspirazioni di questo tipo. Uno degli obiettivi, dopo le consultazioni del '92, dove c’era stata grande avanzata della Rete, cadono Dc e Psi e risultato ottenuto dalla Lega. Mio padre riteneva interessante il coinvolgimento... il valore aggiunto dei voti in Sicilia. La politica di centro andava custodita. Si riporta la trattativa in merito all’idea della nascita di questo soggetto politico. Il "Partito del Sud", defiscalizzazione della benzina, cose che possiamo chiedere ora e altre che siano programma per il partito”.

Dopo una pausa di un paio d'ore l'udienza è ripresa con le domande del pm Nino Di Matteo sui colloqui investigativi sostenuti da Vito Ciancimino. "Prima degli interrogatori c’erano le visite del capitano De Donno e dell’allora colonnello Mori da mio padre. Me lo racconta lui nei colloqui in carcere. De Donno mi passava anche le richieste di mio padre. Sono tutti riferimenti presenti nella mia sim che è stata sequestrata... mi aveva meravigliato che non era mai stata intercettata, come la casa di Roma. Mi è stata sequestrata nel 2005 quando mi hanno arrestato, non è stata più rinvenuta. Nella rubrica c’erano anche i numeri del signor Franco". I verbali degli interrogatori di Vito Ciancimino - secondo suo figlio - e il memoriale sequestrato nella sua cella erano documenti concordati con le forze dell’ordine, che omettevano la prima parte della trattativa, quella del papello, datando gli incontri dopo la strage di via D’Amelio. "Era per tutelare la mia posizione” ha spiegato Ciancimino jr.
L’accusa ha posto anche una serie di domande sugli appunti manoscritti di Vito Ciancimino, con i quali l'ex sindaco avrebbe voluto scrivere una sorta di libro-verità su mafia e politica insieme al figlio.
L’esame da parte del pm Di Matteo si è chiuso con una domanda su un appunto trovato nel libro "Il falso è chiaro e lampante" di Lino Iannuzzi, giornalista e senatore di Forza Italia. "Iannuzzi parlava del periodo della trattativa mio padre lo scrive in contrapposizione alle versioni giornalistiche e a quelle concordate con i carabinieri" ha spiegato Ciancimino.

Massimo Ciancimino avrebbe, dunque, dovuto rispondere alla difesa, ma stanco e visibilmente provato, situazione che avrebbe potuto pregiudicare la genuinità delle sue risposte, ha chiesto un rinvio. L’udienza è stata spostata a martedì 2 marzo quando comincerà il controesame.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Repubblica.it, La Siciliaweb.it, LiveSicilia.it]

- IL TESTIMONE (la prima e la seconda giornata di udienza)

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08 febbraio 2010
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