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"In Italia c'è un lavoro enorme da fare"

Mario Monti non è ancora premier, ma ha già messo le cose in chiaro: servono sforzi impopolari senza compromessi

11 novembre 2011

Mario Monti, neosenatore a vita, ieri in serata è salito al Quirnale per un incontro con il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il colloquio è durato circa due ore. Il nome dell'ex commissario europeo, per usare le parole del presidente della Camera, Gianfranco Fini, è quello "più gettonato" per la guida di un governo di unità nazionale.
A giudizio di Fini, Monti risulta ora la personalità più giusta per affrontare la crisi ("L'Italia ha bisogno di un governo diretto da una personalità conosciuta a livello internazionale, credibile e capace di affrontare e prendere di peso i problemi dell'economia", ha detto).
Contrario invece il presidente dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro, che, nel corso del suo intervento alla 'Telefonata' su Canale 5, ha chiarito: che sia Mario Monti o qualcun altro a guidarlo "l'Idv non sosterrà un governo tecnico".
L'idea di un governo tecnico non piace neanche alla Lega. "Per noi non c'è altra alternativa che quella del ricorso alle urne. Se il presidente della Repubblica darà l'incarico di formare il governo a qualcuno che non fa parte della maggioranza che ha vinto le elezioni del 2008, la Lega non lo sosterrà e starà all'opposizione", ha affermato il ministro dell'Interno, Roberto Maroni nel corso di una conferenza stampa al Viminale aggiungendo che sì la Lega "voterà a favore del maxi emendamento al ddl stabilità" ma "sarà l'ultimo atto di questo governo e di questa maggioranza". Parole che in serata ha confermato anche il leader della Lega Umberto Bossi: "Noi restiamo fuori (dall'eventuale nuovo governo, ndr) perché dal di fuori si può controllare meglio".

Silvio Berlusconi, da parte sua, avrebbe chiesto allo stato maggiore del Pdl riunito ieri a palazzo Grazioli di ragionare sull'ipotesi di un governo Monti di responsabilità nazionale, tenendo conto innanzitutto del grave momento di difficoltà economica e dell'esigenza di preservare soprattutto gli interessi del Paese.
"Vediamo...". Così il presidente del Consiglio, arrivando al Senato per partecipare alla riunione con i senatori del Pdl ha risposto ai giornalisti che gli hanno domandato se sosterrà un esecutivo di larghe intese. Durante la riunione con i senatori del Pdl, Berlusconi avrebbe detto che andare al voto sarebbe la scelta più limpida ma "dobbiamo fare i conti con la speculazione. Non possiamo permetterci, vista la situazione dei mercati finanziari, di restare in questa situazione in attesa del voto", avrebbe sottolineato il premier: "sono preoccupato ma sereno perché ho fatto la mia parte". Comunque, ha aggiunto, saranno gli organi del partito a decidere sul voto anticipato o l'appoggio al governo con Mario Monti. Spetterà quindi al ufficio di presidenza valutare le opzioni sul tavolo e, se proprio necessario, "potremmo pensare di convocare la direzione nazionale", ha detto Berlusconi non nascondendo poi la delusione per le defezioni nel Pdl definite davvero incomprensibili.

Ma non tutti i pidiellini sono d'accordo con la possibilità di un "governo di unità nazionale a guida Monti", anche se poi è arrivata la rassicurazione di Angelino Alfano secondo il quale presto si arriverà ad una "sintesi" delle diverse posizioni all'interno del Popolo della Libertà. "Noi non siamo spaccati, stiamo discutendo e siamo fermi oggi alla decisione che ha assunto il nostro ufficio di presidenza la scorsa settimana", ovvero quella favorevole ad elezioni anticipate, ha sottolineato il segretario del Pdl al termine della riunione svoltasi nella residenza romana del premier. E dopo l'avvio delle consultazioni di Napolitano sarà nuovamente un ufficio di presidenza del Pdl a stabilire la posizione del partito. E' stato deciso "che dopo questo governo ci sarebbero state le elezioni, per cui noi siamo fermi a quella posizione, ma non intendiamo sovrapporre la nostra voce a ciò che il Presidente della Repubblica intenderà fare da quando aprirà le consultazioni".
Durante il confronto sarebbero emerse forti perplessità da ex azzurri ed ex An sul governo tecnico. Freddi sul tecnico, anche se con sfumature diverse, sarebbero stati Maurizio Sacconi, Paolo Romani, Gianfranco Rotondi, Altero Matteoli, Ignazio La Russa e Giorgia Meloni. Franco Frattini, riferiscono, sarebbe stato l'unico a schierarsi nettamente a favore di un governo Monti. Maria Stella Gelmini avrebbe chiesto a tutti unità e coesione per una scelta comune come suggerito dal premier ("La decisione spetta al presidente del Consiglio, quindi aiutiamolo nella sue scelte", ha detto).

A favore dell'esecutivo Monti il Pd. Data la situazione di "gravissima debolezza del Paese, e la difficoltà di compiti che non sono di breve lena, mi auguro che un governo" a guida Mario Monti "duri tutto il tempo necessario, fino alla fine della legislatura, per realizzare le riforme economiche e fare una nuova legge elettorale", ha detto Anna Finocchiaro, presidente dei senatori Pd, al termine della riunione del gruppo al Senato.

"Totale discontinuità": questo il criterio che deve essere alla base della formazione del nuovo governo, secondo il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, intervenuto a 'La Telefonata' di Belpietro. "Non perché - ha spiegato - noi abbiamo esigenze particolari ma perché l'Italia e il mondo abbiano il segno che si riparte. E' inutile indebolire un'esperienza di questo genere perché questo o quello devono rimanere". "Nella sua autonomia - ha proseguito Bersani - il presidente incaricato farà una squadra che secondo me deve apparire compatta, stretta e nuova. Credo che debba esserci un governo che abbia un suo forte profilo tecnico, senza escludere ovviamente la politica, perché la politica ha il suo da fare, se si parla, ad esempio di riforma della legge elettorale". La politica, dunque, "può anche partecipare all'esecutivo ma con profili e presenze che abbiamo carattere di novità, di servizio, di esperienza, di rapporti con la società civile. Ma non tocca a me decidere. Dobbiamo fare una buona cosa per l'Italia, non possiamo metterci dentro egoismi di parte o di persone in questo momento". Infine, sulla posizione di Di Pietro, Bersani ha detto: "Ci sono passaggi dove ognuno si prende le proprie responsabilità. Spero e ritengo che Di Pietro e l'Idv possano ripensarci. In ogni caso, prima viene l'Italia, poi le alleanze".
Per Pier Ferdinando Casini un governo guidato da Monti non sarebbe "l'abdicazione della politica, ma è l'ultima possibilità che ha la politica di salvare se stessa e di non essere segnata con il marchio dell'infamia".

L'ok all'esecutivo Monti arriva anche da Confindustria. "Il Paese è in difficoltà, serve un governo che abbia la più ampia maggioranza possibile per fare le riforme chieste dalla Ue. Una campagna elettorale di alcuni mesi sarebbe negativa. Serve approvare subito il ddl stabilità e la nascita di un governo di 'emergenza nazionale' per fare le riforme", ha detto la presidente Emma Marcegaglia sottolineando che gli industriali sono favorevoli a un governo tecnico guidato da Mario Monti. D'accordo anche Luca Cordero di Montezemolo: "Monti sarebbe l'unica soluzione in grado di portar fuori l'Italia dal precipizio e costruire le premesse per il rilancio del paese".

MARIO MONTI: "IN ITALIA C'E' UN LAVORO ENORME DA FARE" - Non è ancora premier, ma ha già messo le cose in chiaro. Mario Monti, che ieri è stato ricevuto al Quirinale e che sembra sempre più vicino all'incarico per Palazzo Chigi, ha parlato già nei giorni scorsi e lo ha fatto senza fare troppi compromessi: l'accento è caduto sul "lavoro enorme" che va fatto in Italia e sulla necessità di mettere insieme tutte le forze politiche per compiere "sforzi impopolari". Parole pronunciate da economista che oggi diventano inevitabilmente la bozza di un programma di governo. E che, insieme alla credibilità che l'investimento politico sul suo nome porta con sé, contribuiscono ad allentare la tensione sui mercati: rifiata Piazza Affari e lo spread fra Btp e bund si abbassa, riportando il rendimento dei titoli decennali sotto la soglia critica del 7%.
Il punto di partenza di ogni analisi di Monti è che il Paese non può prescindere dall'Europa. Perché senza sarebbe un Paese "irrilevante". L'Italia, ha detto l'altro ieri a Berlino, "è al centro dell'Europa, politicamente e storicamente" e il paese "non può ignorare le sue responsabilità come paese fondatore dell'Ue". Quindi, il rispetto degli impegni con Bruxelles non può che essere la road map.
Monti ha riconosciuto, come riportato dal Financial Times, che il Paese "ha un lavoro enorme da fare". E ha indicato anche la strada da percorrere e le priorità da perseguire. Innazitutto, ha sostenuto, via i privilegi. "La crescita necessita di riforme strutturali per togliere i privilegi di quasi tutte le categorie sociali", ha spiegato l'economista. Basta privilegi e basta anche agli interessi 'di bottega'. Le stesse prescrizioni a cui Monti ha ispirato la sua azione da Commisario Ue, che gli è valsa la fama di 'zar dell'Antitrust'. E se la concorrenza si fa combattendo i monopoli, la politica economica si deve fare superando le logiche elettorali.

Sempre da Berlino, ha sostenuto con chiarezza che a rendere difficili le riforme politiche è il fatto che "ognuno tende naturalmente a difendere la propria circoscrizione". Così come, nello stesso tempo, gli obiettivi sembrano sostanzialmente condivisi. "Non ci sono molte divergenze su ciò che bisogna fare", ha spiegato il neo senatore a vita, secondo il quale la crescita va favorita "non prendendo in prestito più denaro, ma rimuovendo le cause che la ostacolano".
Qualche giorno fa, parlando invece a Roma, il 4 novembre, Monti ha indicato anche la soluzione politica per uscire dal'impasse. Una soluzione che, salvo sorprese, dovrebbe vederlo nei panni del regista. Contro la crisi, ha scandito, "servono formule di governo economico che consentano di mettere tutte le forze politiche in grado di contribuire ad uno sforzo impopolare nel breve periodo ma che genererà miglioramenti nel lungo". Quando ancora il governo Berlusconi era nel pieno della sua operatività e la fine della maggioranza solo un'ipotesi possibile, ha lanciato un appello che nelle prossime ore potrebbe essere raccolto: "ci deve essere qualche materia, poca o tanta, oggetto di un accordo, altrimenti la competizione politica impedisce di fare i passi necessari". Nel sottolineare che la questione è di passare da "una politica a un'altra politica", Monti ha spiegato che questo serve "per risolvere i problemi che l'Italia ha e che si riflettono in un limitato appeal dei titoli di Stato". A suo giudizio, occorre "sperare in un altro tipo di politica che quando ci sono problemi riconosca la loro esistenza guardando in avanti, anziché, come forse è la tendenza naturale di un uomo politico, negare l'esistenza della realtà". Dunque, trasparenza, verità, pragmatismo. Parole d'ordine che sintetizzano intenzioni che presto potrebbe essere chiamato a mettere in pratica. A partire dalla comunicazione verso l'opinione pubblica, che dovrà cambiare. "E' molto negativo" non preparare i cittadino "al fatto che occorrono certi sacrifici, ma soprattutto rinunce di alcune categorie a privilegi ben radicati, che nell'insieme determinano freni al mercato e alla concorrenza da cui conseguono scarsa crescita economica e crescente disoccupazione". A giudizio di Monti, infatti, "i cittadini italiani negli ultimi anni sono stati rassicurati sulla specificità del caso italiano": cosa che le autorità "hanno fatto bene a mettere in luce". Viceversa, ha proseguito, "hanno fatto male a mettere in ombra la negatività di un paese che cresce la metà della media europea, la competizione troppo frenata e la necessità di riforme strutturali che infiniti documenti hanno articolato in misure specifiche trovando raramente seguito".
La strada è tracciata. Presto, forse da lunedì, Monti potrebbe essere chiamata a percorrerla fino in fondo.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign]

 

 

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11 novembre 2011
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