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"In Sicilia, dopo 7 anni, un punto di svolta"

Giornate dell'Economia del Mezzogiorno: "Si passa a un Pil del 2014 pari a zero, a un Pil che sale a 1% nel 2015"

27 novembre 2015

"Dopo sette anni di crisi, in Sicilia sembrerebbe finalmente esserci un punto di svolta. Si riduce il numero di imprese in perdita, si registra una migliore performance per le aziende più grandi e che esportano, e nel turismo, già dal 2011, si ha una crescita del 20 per cento".
A fornire questi dati positivi sulla lenta ma progressiva uscita dalla recessione nell’Isola è Giuseppe Ciaccio, della sede palermitana della Banca d’Italia, intervenuto a Palermo in occasione dell’ottava edizione delle Giornate dell’Economia del Mezzogiorno, sul tema "Sicilia 2020, tra progettualità e spopolamento", nell’ambito della settimana di incontri organizzati da Diste Consulting e Fondazione Curella, con il patrocinio del Comune di Palermo, e intitolati "Nessuno sceglie dove nascere! Ognuno può scegliere dove vivere?".

A prendere parte all’incontro, Pietro Busetta, presidente della Fondazione Curella, che ha fatto un’analisi e resoconto di queste prime quattro giornate, Fabio Mazzola, pro rettore vicario dell’Università degli Studi di Palermo, che ha voluto prendere come impegno costante la realizzazione di giornate simili all’interno dell’Ateneo palermitano. Presenti Adam Asmundo, della Fondazione Res, Olimpia Ferrara, responsabile Maritime dell’associazione Srm Napoli, Giuseppe Nobile, dell’ufficio statistico della Regione siciliana e l’ex assessore regionale ai Beni culturali, Antonio Purpura.

Ciaccio, in particolare, ha analizzato l’andamento della crisi nell’economia siciliana. "La dinamica del Pil dal 2008 in poi - ha detto - è sempre stata sotto lo zero o pari a zero. La Sicilia ha perso infatti quasi 16 punti di prodotto interno lordo. Ciò ha avuto un impatto profondo anche sui consumi delle famiglie, con un 11,6 per cento in meno rispetto al poco più del 7 italiano".
A soffrire maggiormente il settore delle costruzioni. "Questo - ha continuato Ciaccio - ha perso quasi il 45 per cento, rispetto al 31 italiano. Stessa situazione per le industrie, che registrano un meno 27 per cento. Perdita dell’8 per cento per l’agricoltura e dell’11 nei servizi". Forte anche il tasso di disoccupazione che nel primo semestre del 2015 è schizzato al 12,5 per cento.
Una crisi fortissima, dunque, ma sulla quale oggi, sembrerebbe di poter tirare un sospiro di sollievo. "I programmi di investimento si mantengono stabili - ha commentato - così come l’occupazione. Positivo il turismo, dove la recessione riguarda solo il 2008. Si ha un ritorno di interesse da parte degli stranieri, un po’ meno da parte degli italiani. L’eredità della crisi - ha concluso Ciaccio - è molto pesante, ma il ciclo economico si sta stabilizzando".

Grigio il quadro dipinto da Antonio Purpura. "Quando chiude un’impresa - ha osservato - ci sono degli intangibili che spariscono. A differenza di altri Paesi, che hanno ricominciato a mettere subito in campo strumenti di ripresa strutturali, il nostro Paese ha fatto un passo indietro. Se si esclude il 2015, non c’è risposta organica per i prossimi anni. Fermo restando le cose, l’industria del Centro-Nord è ripartita. Al di là del fatto che si possa dire che l’economia possa ripartire, ci muoviamo sul fondo del pavimento. Sono convito che la Sicilia debba intraprendere si industrializzazione, ma questa è una prospettiva lenta. Punto di forza deve essere l’università e la capacità di formare grandi personalità".
A fare una ulteriore riflessione sul comportamento dell’economia siciliana rispetto a quella nazionale è stato Adam Asmundo, che ha portato sul tavolo della discussione le previsioni Res del luglio 2015. "Si passa - ha affermato - da un Pil del 2014 pari a zero, a un Pil che sale a 1 nel 2015 e che dovrebbe essere dell’1,8 nel 2016. In aumento anche i consumi delle famiglie e gli investimenti fissi lordi. Continua a battere il 22,8 nel 2015 il tasso di disoccupazione, ma con una tendenziale crescita dell’occupazione. Dal canto nostro possiamo contare sulla qualità della bellezza e sull’importazione della manodopera e sul settore dell’agricoltura".

Si è parlato anche di migranti e della loro incidenza sull’economia dell’isola. A parlarne, Pietro Busetta, insieme con Mario Affronti, direttore generale della fondazione Migrantes e Giuseppe Notarstefano, dell’Università degli Studi di Palermo.
"L’idea per cui i migranti - ha spiegato Busetta - ci tolgono il lavoro e portino delinquenza è assolutamente una diceria. Anche questo è al centro delle nostre attività. Altro problema è poi quello dei migranti forzati. L’Italia e soprattutto la Sicilia sono "invase" dai migranti forzati. Quelli economici, però, rappresentano una cifra pari a 5 milioni e mezzo nel Paese. Rispetto a ciò che noi spendiamo per loro, c’è sicuramente un saldo positivo. Se pensiamo poi che nel mondo ci sono 60 milioni di rifugiati, provenienti soprattutto da Siria, Afghanistan e Somalia e che la maggior parte, ben l’86 per cento, viene accolta nei Paesi più poveri e solo il 10 in Europa e il 3 in Italia, capiamo come la nostra concezione non sia corretta".

[Informazioni tratte da €conomiaSicilia.com - Italpress, Corriere del Mezzogiorno]

- Stop alla recessione in Sicilia (Guidasicilia.it, 12/11/15)

- La Sicilia è la più povera d'Italia (Guidasicilia.it, 24/11/15)

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27 novembre 2015
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