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"In Sicilia è stagnazione, indicatori tutti negativi"

Dal XXXVI Report Diste-Curella un quadro sostanzialmente negativo dal quale però...

19 luglio 2011

Gli indicatori statistici sulla congiuntura economica in Sicilia nel primo semestre del 2011 sembrano prefigurare una situazione di sostanziale stagnazione, o tutt'al più un andamento cautamente evolutivo, nonostante un insieme di accadimenti a livello internazionale abbia prodotto una battuta d'arresto della già debole crescita dell'economia italiana.
È quanto emerso dal XXXVI Report Sicilia, presentato questa mattina a Villa Malfitano, alla presenza del presidente della Fondazione Curella, Pietro Busetta, del presidente del Diste Consulting, Alessandro La Monica, dell'assessore all'Economia, Gaetano Armao, e dei rappresentanti delle sigle sindacali Cgil, Cisl e Uil.

Secondo valutazioni preliminari, nel 2010 il prodotto interno lordo è infatti aumentato dell'1,3 per cento a livello nazionale, mentre nell'Isola la dinamica sarebbe risultata negativa e pari allo 0,3 per cento, in concomitanza di un ristagno dei consumi e degli investimenti sui livelli piuttosto modesti dell'anno precedente.
Anche per la Sicilia il flusso delle vendite sui mercati internazionali è aumentato, ma l'impatto sull'intera economia è apparso trascurabile a causa della bassa quota di produzione esportata dalle aziende regionali. La domanda interna nell'Isola avrebbe mantenuto un profilo eccezionalmente debole anche nel periodo più recente, mostrando una lentezza inconsueta dopo una fase recessiva la cui gravità non ha precedenti nel dopoguerra. L'attività produttiva dovrebbe aver conservato un profilo quasi del tutto appiattito, maggiormente evidente presso l'industria. Nella regione le imprese manifatturiere che stanno per uscire dalla palude della stagnazione sono solo quelle che hanno saputo innovare, trascinate unicamente dalla forza dell'export.

Il mercato del lavoro locale è stato contrassegnato nella prima parte del 2011 da un marginale recupero dell'occupazione, dopo un quadriennio di continue flessioni. In base alle risultanze dell'indagine Istat sulle forze di lavoro, nel primo trimestre 2011 l'occupazione in Sicilia ha infatti raggiunto quota 1.433 mila unità, riportando un aumento dello 0,4 per cento rispetto al corrispondente trimestre del 2010 (+0,5 per cento il dato nazionale). Il tasso di attività della regione - dato dal rapporto tra le persone appartenenti alle forze di lavoro e la popolazione di 15/64 anni di età - ha toccato, lo scorso anno, il 50,1 per cento (50,6 per cento nel 2009), un valore nettamente inferiore al dato nazionale (62,2 per cento) e tra i più bassi in Italia.
Il tasso di occupazione - rappresentato dal rapporto tra gli occupati e le forze di lavoro di 15/64 anni - che esprime la capacità di un sistema economico di fornire una opportunità d'impiego alle persone potenzialmente in grado di lavorare, assume nell'area regionale un valore estremamente basso (42,6 per cento nel 2010, 43,5 per cento l'anno prima) e inferiore di quasi quindici punti percentuali alla media italiana (56,9 per cento). Il tasso di inattività della regione raggiunge uno dei livelli più alti in Italia.
L'alto livello degli inattivi, delle persone cioè che l'indagine Istat esclude dalle forze di lavoro in base ad una convenzione adottata dagli istituti di statistica dei paesi occidentali, costituisce, quindi, un ulteriore indicatore poco confortante del mercato del lavoro. Calcolato sulla popolazione di 15/64 anni di età - la somma del tasso di inattività e del tasso di attività è uguale al 100 per cento - l'indicatore si aggira infatti nel 2010 intorno al 49,9 per cento (49,4 per cento nel 2009), designando la Sicilia insieme alle solite Calabria e Campania (con rispettivamente il 52,1 e 53,6 per cento) come titolari di un record poco appetibile tra le regioni italiane.
Per i giovani (e le donne) la disoccupazione costituisce una vera e propria emergenza sociale. Il tasso di disoccupazione giovanile (dai 15 ai 24 anni) si è impennato nel corso del 2010 a quota 41,3 per cento, a fronte di un'aliquota media nazionale del 27,8 per cento. Serve a poco constatare che l'assenza di opportunità lavorative per le nuove generazioni non è un fenomeno solo dell'Isola, ma investe anche altre realtà regionali, in pratica l'intera area meridionale e insulare.

Con il perdurare della crisi l'atteggiamento delle famiglie nei confronti dei consumi si è fatto quindi ancora più ponderato. Ora la famiglia media siciliana acquista con grande parsimonia e attenzione al prezzo, con l'obiettivo di spendere al meglio le scarse risorse disponibili.
Per quanto possa apparire negativa l'evoluzione del sistema economico nazionale, le prospettive a breve/medio termine dell'Isola potrebbero perciò rivelarsi anche peggiori, con il rischio che si allunghi ancora di più il divario con il resto del Paese, la distanza tra un Centro/Nord in via di rianimazione e la regione in totale apnea.
Le attività direttamente legate al turismo hanno invece beneficiato della discreta ripresa nel flusso dei vacanzieri, dopo un triennio di consistenti flessioni. Sulla base delle informazioni disponibili, nel 2010 le presenze turistiche nelle strutture ricettive dell'Isola avrebbero registrato un discreto recupero, quale sintesi di un sostanziale ristagno della componente nazionale e di una apprezzabile crescita delle componenti provenienti dall'estero.

"Dalle analisi contenute in questo rapporto - ha detto Alessandro La Monica, presidente Diste Counsulting - si evincono alcuni segnali positivi, indice questo che la congiuntura migliora. Ma da un punto di vista strutturale le conseguenze della crisi sembrano, per la nostra debole economia, irreparabili".
Per il presidente della Fondazione Curella Pietro Busetta "stiamo vivendo un passaggio epocale che prevede che i paesi industrializzati abbiano da distribuire redditi inferiori. La Sicilia è marginale rispetto a tali processi, pero' partendo da una situazione peggiore rischia di essere ulteriormente marginalizzata”. Quindi, ha precisato Busetta, "bisogna puntare sulle imprese e sulle aziende, fulcro dell'intera economia regionale. L'unica via di uscita è quella delle carte in regola, degli investimenti privati, della deregolamentazione amministrativa e del dimagrimento del pubblico".
Secondo l'assessore regionale all'Economia, Gaetano Armao, "il moderato, ma pur tangibile aumento del Pil, la ripresa del turismo, dell'agricoltura e dell'occupazione nell'industria dopo anni bui di dati negativi, sono tre tra i più significativi dati positivi del rapporto Diste-Fondazione Curella". "Elementi da cui partire per supportare l'economia siciliana - ha proseguito - che ormai da decenni soffre di una gravissima crisi strutturale, aggravata da scelte scellerate operate sia a livello statale sia locale, cui si è aggiunta quella congiunturale internazionale degli ultimi anni. Bisogna compiere scelte che sostengano l'impresa e il lavoro, consapevoli che nel pubblico impiego si può e si deve razionalizzare e risparmiare ed eliminare, a partire dai costi della politica, sacche di privilegio ormai insostenibili. Vi è in Sicilia - ha aggiunto Armao - una imprenditoria sana e vivace che ha bisogno di certezze sul proprio futuro, e che già sta dimostrando di reagire alla crisi, con il successo nelle esportazioni in decisa crescita. Occorre concentrare gli sforzi di tutti sul sistema delle imprese, dell'occupazione e del gettito fiscale per la Sicilia. La ripresa, seppur flebile, deve stimolare scelte strutturali".

[Informazioni tratte da €conomiaSicilia.com-Italpress, ANSA]

- In Italia 3 milioni di persone sono i più poveri tra i poveri (Guidasicilia.it, 18/07/11)

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19 luglio 2011
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