"Inammissibile" la richiesta di revisione del processo a Bruno Contrada
"Io come Socrate ... ma sto bevendo la mia cicuta a piccoli sorsi negli ultimi vent'anni"
I giudici della Corte d'Appello di Caltanissetta hanno dichiarato inammisibile la richiesta di revisione del processo a Bruno Contrada, avanzata dai suoi legali dopo la condanna definitiva a 10 anni. I giudici si sono riservati 90 giorni per il deposito delle motivazioni della sentenza.
Ad apertura d'udienza il sostituto procuratore generale di Caltanissetta Antonino Patti aveva ribadito il parere negativo. "La sentenza è abbastanza scontata perché al di là del titanico sforzo dei difensori non ci sono assolutamente elementi processuali nuovi", ha affermato il pg Patti commentando la decisione di inammissibilità. Sull'ipotesi che i difensori dell'ex funzionario del Sisde presentino ricorso in Cassazione, il magistrato ha replicato: "è il minimo...".
L'udienza per la revisione del processo all'ex funzionario del Sisde era iniziata ieri mattina. "Rivoglio il mio onore", aveva detto l'ex 007. Invecchiato, con la barba, i capelli lunghi, Contrada cammina molto lentamente appoggiandosi su un vecchio bastone. Prima di entrare nel palazzo di giustizia l'ex funzionario del Sisde ha detto: "Sono disincantato, non lotto per me ma per i miei figli". "Mi trovo qui non certo per riacquistare la libertà perché non so cosa farmene e perché ho quasi finito di scontare tutta la pena, ma esclusivamente e unicamente per evitare di lasciare ai miei figli e ai miei nipoti un nome infamato. Solo per questo", ha poi affermato Contrada rendendo dichiarazioni spontanee all'udienza. Nel corso delle sue dichiarazioni, durate oltre 30 minuti, l'ex funzionario del Sisde ha sottolineato ancora che "un mio eventuale ritorno alla libertà non cambierebbe il mio tenore di vita. Non chiedo neppure un eventuale risarcimento pecuniario, perché non lo accetterei neppure. E non perché non abbia bisogno di denaro ma per una questione di principio. Allora ci si può domandare per qualche motivo ho deciso di presentare l'istanza di revisione del processo dopo la condanna definitiva. Rivoglio il mio onore". "Mi aggrappo a questa speranza - ha proseguito - e volevo che la Corte d'Appello di Caltanissetta venisse a conoscenza di questo mio pensiero. Ho già compiuto 80 anni e ho una molteplicità di patologie gravi, da una ischemia cerebrale a un ictus che ho subito e che mi ha leso in parte le facoltà mentali. Di recente ho avuto un ricovero al policlinico di Palermo proprio per queste patologie e ho una relazione medica che potrebbe confermarle".
Quindi, l'ex dirigente della squadra mobile di Palermo, durante le dichiarazioni spontanee ha aggiunto: "Avrei un'infinità di cose da dire, non c'è solo la vicenda Scarantino ma ci sono fatti gravissimi".
Conversando con il suo legale Giuseppe Lipera in attesa dell'inizio dell'udienza, l'ex 007 ha inoltre affermato: "Io e Socrate abbiamo molte cose in comune: la bruttezza fisica, l'amore per la filosofia, la moglie e anche una condanna ingiusta. Ma Socrate ha bevuto l'acqua e cicuta in pochi minuti, mentre io sto bevendo la cicuta a piccoli sorsi negli ultimi vent'anni". "Non c'è nessuna differenza tra la mia detenzione al carcere militare di Santa Maria Capua Vetere e la mia detenzione domiciliare. Lì ero vigilato, 24 ore su 24, dall'esercito italiano. Adesso vigila su di me mia moglie, che io ho chiamato Santippe, come la moglie di Socrate...".
Contrada fu condannato in Cassazione a dieci anni di carcere il 10 maggio 2007. La pena cadrà nel novembre del prossimo anno. Sulle dichiarazioni del neo collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, che con le sue rivelazioni ha portato alla scarcerazione di sette ergastolani condannati per la strage di via D'Amelio, Contrada ha detto: "Come tutte le dichiarazioni sono da prendere con il punto interrogativo". L'ex funzionario della squadra mobile di Palermo è tornato a parlare anche del ruolo del Castel Utveggio, sul monte Pellegrino a Palermo. Tra gli investigatori qualcuno ha sospettato che il detonatore che ha provocato l'esplosione in via D'Amelio, costata la vita al giudice Paolo Borsellino e a cinque agenti della sua scorta, fosse stato azionato proprio dal Castel Utveggio, sede del Cerisdi, rinomata scuola per manager. "Non sono mai stato al Castel Utveggio - ha detto ancora Contrada al suo legale - ci sono andato una sera a cena con mia moglie ma molto prima che diventasse sede del Cerisdi". E ancora sull'autista dell'ex commissario antimafia Virga, ha spiegato: "Era dei servizi segreti e so che ha avuto l'autorizzazione a continuare a fare l'autista di Virga anche dopo che Virga era diventato commissario antimafia. Insomma, sono tutte favole sul monte Pellegrino". E sulla sua presunta presenza sul luogo della strage di via D'Amelio, ha aggiunto: "E' una storia ormai abbondantemente esaurita".
Contrada, nel luglio scorso, è stato risentito come persona informata dei fatti dai magistrati della Procura di Caltanissetta che stanno indagato sulla strage di via d'Amelio. A darne conferma è stato proprio l'ex funzionario del Sisde. "All'interrogatorio era presente anche il procuratore capo di Caltanissetta Sergio Lari", ha fatto sapere Contrada attraverso il legale.
Subito dopo la lettura della sentenza di inammissibilità, l'avvocato di Contrada ha annunciato l'immediato ricorso in Cassazione. "È stata una decisione difficile anche per i giudici - ha aggiunto il penalista - visto che si sono riservati 90 giorni per il deposito delle motivazioni. Ma noi faremo certamente ricorso in Cassazione, perché qui, a parte l'onore, il prestigio e l'innocenza di Contrada, c'è di mezzo l'interpretazione delle leggi, questa sentenza è inaccettabile".
"L'unica nostra speranza è l'imprevisto" ha detto Bruno Contrada, citando il poeta Eugenio Montale, lasciando il palazzo di giustizia di Caltanissetta. Altro non ha voluto aggiungere.
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, Ansa]