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"L'Italia è già in recessione"

L'allarme del Centro Studi di Confindustria: "Il 2013? 800 mila occupati in meno e pressione fiscale al 54%"

15 dicembre 2011

"L'inverno della recessione" è arrivato e in Italia sarà più marcato: nel 2012 il Pil chiuderà, infatti, con un -1,6% a cui seguirà, nel 2013, un recupero "molto parziale", dello 0,6%.
Sono le previsioni del Centro Studi di Confindustria a certificare così, ad appena due anni dall'ultima crisi, il nuovo brusco stop nella crescita dell'economia italiana che risulterà la più colpita nella media dell'Eurozona. Il rallentamento, dicono gli economisti di viale dell'Astronomia, è iniziato nell'estate del 2011 e peggiorerà fino alla prossima primavera cumulando una perdita complessiva di Pil "di 2 punti percentuali" mentre a fine 2013 il prodotto nazionale si attesterà "ancora ad un livello di -5,7 punti percentuali sotto il picco pre-crisi". Per l'Italia è la quinta recessione dal 1980.

A scatenare il deterioramento del quadro economico globale, già fiaccato dalla caduta nel 2008-2009, "la crisi dei debiti sovrani accompagnata e potenziata dalla frenata dei paesi emergenti, dagli effetti delle politiche di bilancio restrittive e dal peggioramento delle ragioni di scambio causato dai rincari delle materie prime". E la turbolenza dei mercati finanziari ha "riflesso il peggioramento accelerandone la diffusione nella percezione degli operatori economici la cui fiducia è scesa rapidamente, facendo ridimensionare i piani di spesa di famiglie e imprese". La già debole crescita italiana, infatti, si è contratta a partire dal terzo trimestre 2011 e fino a tutta la prima metà del 2012 il Pil è previsto scendere ad un ritmo medio dello 0,5%.
Ma a partire dalla seconda metà del 2012 le variazioni congiunturali del Pil potrebbero tornare positive: "ciò accadrà nell'ipotesi più probabile che sia affrontata in modo risolutivo la crisi dei debiti sovrani dell'Eurozona, con il gioco cooperativo tra stati e istituzioni, rientrino rapidamente le tensioni sui tassi di interesse a lungo termine e siano ripristinae le condizioni operative normali del credito e torni la fiducia tra le imprese".

Il 2012 sarà un anno drammatico sul fronte del lavoro: la disoccupazione potrà raggiungere il 9% a fine del prossimo anno e mantenersi su questo livello per tutto il 2013. Occupazione dunque in calo per i prossimi 2 anni: si contrarrà dello 0,6% nel 2012 e dello 0,2% nel 2013 con una perdita complessiva di 957 mila posti di lavoro pari a oltre 800 mila occupati in meno a fine 2013 rispetto all'inizio del 2008. Falcidiati i posti di lavoro dei giovani: tra la metà del 2008 e quella del 2011 per lavoratori di 15-24 anni la perdita è stata del 24,4% e del 13,3% quella per la fascia 25-34 anni.
Penalizzato chi ha una minore istruzione (-10,6%), dicono gli economisti di viale dell'Astronomia. A pesare nell'accelerazione della crescita della disoccupazione sopratutto "i fenomeni di scoraggiamento" che ridurranno marginalmente la forza lavoro. E con la recessione e la conseguente caduta dei livelli produttivi, calcolano gli economisti di viale dell'Astronomia, sarà sempre più difficile per le aziende difendere il capitale umano. La sovraoccupazione che deriverà da uno stallo dell'attività produttiva renderà "sempre meno conveniente e razionale" il comportamento di molte imprese di "avvalersi degli ammortizzatori sociali pur di non disperdere il patrimonio occupazionale". Nel 2012, invece, "è molto probabile che si attenui il reintegro delle persone in Cig e che aumentino i licenziamenti". Aumenterà dunque il rischio, continuano gli economisti di Confindustria, "che il grado di reintegro dei cassintegrati scenda sotto il 73,6% registrato nel 2010". Se così fosse, continueranno ad aumentare anche i lavoratori in mobilità che già nel giugno scorso erano aumentati del 22,6%(141 mila) rispetto a 2 anni prima.

Il Centro Studi di Confindustria segnala poi una pressione fiscale record: al 45,1% nel 2012 e al 45,5% del Pil nel 2013. Ma la pressione effettiva "supera abbondantemente il 54%". Il Csc sollecita una riforma fiscale e lotta all'evasione. Male anche i consumi, in calo dell'1% nel 2012 e in lieve recupero dello 0,4% nel 2013: un risultato che porterà una nuova erosione del risparmio, difficilmente comprimibile ancora, visto che "la propensione alla parsimonia ha raggiunto all'inizio del 2011 il minimo storico".
Confindustria indica così lo scenario peggiore: se crollasse l'euro le quattro maggiori economie dell'Eurozona denuncerebbero un tracollo del Pil tra il 25-50% e svanirebbero tra i 6 ed i 9 mln di posti di lavoro per ciascun paese. Sarebbe un default per tutti, Germania compresa.
Ma c'è spazio per non cedere al pessimismo e "scommettere" sulla possibilità di una "ripartenza" tra sei mesi. Con una forte crescita ci potrà essere "un lieto fine" per l'Italia. "Ci sono i presupposti, ne sono state poste le prime timide basi", dice Confindustria, giudicando "adeguate" le prime risposte della politica. La necessità di manovre restrittive impongono di aprire "una breve e fitta stagione di riforme" per crescere. Rimuovendo infatti le sole carenze infrastrutturali si potrebbe avere un incremento del Pil del 12% in 10 anni. L'Europa "è ad un bivio", concludono gli economisti di Confindustria: o sceglie il dissolvimento dell'euro o imbocca un rientro in tempi brevi dalle insostenbili tensioni sui titoli sovrani per spingere la ripresa per metà 2012. "Non ci sono mezze misure" e sono "inconcepibili vie intermedie".

La ricchezza delle famiglie in calo e concentrata nelle mani di pochi nuclei - La crisi economica pesa sui portafogli delle famiglie italiane. Secondo quanto emerge dall'ultimo bollettino statistico di Bankitalia "alla fine del 2010 la ricchezza netta delle famiglie italiane, cioè la somma di attività reali (abitazioni, terreni, ecc.) e di attività finanziarie (depositi, titoli, azioni, ecc.), al netto delle passività finanziarie (mutui, prestiti personali, ecc.), è risultata pari a circa 8.640 miliardi di euro". Dalla fine del 2007, quando l'aggregato ha raggiunto il suo valore massimo, il calo è stato pari al 3,2%.
La ricchezza netta complessiva, a prezzi correnti, tra la fine del 2009 e la fine del 2010 è rimasta invariata. All'aumento delle attività reali (1,1 per cento) ha corrisposto, spiega Bankitalia, infatti, una diminuzione delle attività finanziarie (0,8%) e un aumento delle passività (4,2%). In termini reali, la ricchezza complessiva rispetto alla fine del 2009 è diminuita dell'1,5%. Secondo stime preliminari inoltre, nel primo semestre 2011 la ricchezza netta delle famiglie sarebbe leggermente aumentata in termini nominali (0,4%) per effetto di un aumento delle attività sia reali (1,2%) sia finanziarie (0,4%), nonostante le passività abbiano fatto registrare un incremento del 5,4%. Tenuto conto dell'andamento degli indici di prezzo in questo semestre si conferma una moderata tendenza flettente della ricchezza netta in termini reali.
Secondo quanto emerge dal bollettino di Bankitalia, la distribuzione della ricchezza è caratterizzata da un elevato grado di concentrazione: molte famiglie detengono livelli modesti o nulli di ricchezza; all'opposto, poche famiglie dispongono di una ricchezza elevata. Le informazioni sulla distribuzione della ricchezza, desunte dall'indagine campionaria della Banca d'Italia sui bilanci delle famiglie italiane, indicano che alla fine del 2008 la metà più povera delle famiglie italiane deteneva il 10% della ricchezza totale, mentre il 10% più ricco deteneva quasi il 45% della ricchezza complessiva.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign]

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15 dicembre 2011
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