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"L'Italia ha violato i diritti umani"

Sentenza storica della Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo che condanna l'Italia per i respingimenti verso la Libia

23 febbraio 2012

La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato l'Italia per i respingimenti verso la Libia, precisando che "riportando gli i migranti in Libia senza esaminare i loro casi li ha esposti al rischio di maltrattamenti ed è equivalso ad una espulsione collettiva". La Corte ha quindi accolto il ricorso di 11 somali e 13 eritrei, il cosidetto caso Hirsi Jamaa ed altri, che erano stati respinti nel 2009.
Stando a quanto si legge nel comunicato stampa della Corte, la "Grand Chamber" ha convenuto all'unanimità che vi sono state "due violazioni dell'articolo 3" della Convenzione europea per i diritti dell'uomo "che proibisce trattamenti inumani e degradanti, perché i ricorrenti sono stati esposti al rischio di maltrattamenti in Libia e di rimpatrio in Somalia ed Eritrea". Inoltre è stata riscontrata una "violazione dell'articolo 4 del protocollo 4" che si riferisce al divieto delle esplusioni collettive.
I 17 giudici della Corte di Strasburgo hanno inoltre stabilito che, per le violazioni indicate, l'Italia dovrà pagare a ciascuno dei 24 migranti che hanno presentato ricorso, un risarcimento di 15mila euro più le spese legali.

Hirsi Jamaa e gli altri 23 migranti che hanno fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo, facevano parte di un gruppo di 200 persone che nel 2009 erano partite dalla Libia a bordo di tre imbarcazioni. Intercettati dalla Guardia Costiera italiana il 6 maggio nell'area di responsabilità di Malta - secondo la ricostruzione del comunicato della Corte di Strasburgo - erano stati poi trasferiti su navi militari italiane e riportati a Tripoli dove furono consegnati alle autorità dell'allora regime di Muammar Gheddafi.
"I ricorrenti hanno detto che durante il viaggio le autorità italiane non hanno detto loro dove stavano andando né controllato le loro identità", afferma ancora la Corte che ricorda come l'allora ministro dell'Interno, Roberto Maroni, il 7 maggio disse che il respingimento era "in accordo con gli accordi bilaterali con la Libia entrati in vigore il 4 febbraio 2009". Accordi, sottolinea ancora la nota, che sono stati sospesi il 26 febbraio 2011 dopo lo scoppio della rivoluzione in Libia.
"In base alle informazioni fornite alla Corte dai legali dei ricorrenti - conclude il comunicato della Corte - due di loro sono morti in circostanze non note, mentre tra giugno e ottobre 2009 ad altri 14 è stato concesso lo status di rifugiato dall'ufficio dell'Alto commissariato per i rifiugiati (Unhcr) di Tripoli". Ma dopo la rivoluzione i legali hanno perso i contatti con gran parte dei ricorrenti ed al momento hanno informazioni solo riguardo a sei di loro. Quattro vivono in Benin, Malta e Svizzera, uno di trova in un campo profughi in Tunisia e spera di poter tornare in Italia. Ed uno lo scorso giugno è arrivato da clandestino in Italia ed ha ottenuto lo status di rifugiato.

"Quello della Corte europea dei diritti umani sui respingimenti fatti dall'Italia verso la Libia era un pronunciamento che ci aspettavamo", afferma il senatore del Pd Roberto Di Giovan Paolo, segretario della Commissione Affari Europei. "Un pronunciamento che getta un macigno sulle politiche immigratorie del governo Berlusconi, che ha ceduto alle pulsioni anti immigrati della Lega", conclude Di Giovan Paolo.
"Bene la condanna della Corte europea, anche se non ridarà la vita a chi è morto nel dramma del 2009", afferma Oliviero Diliberto, segretario nazionale del Pdci - Fds, che prosegue: "Si dimostra, come diciamo da tempo, insieme a tutte le associazioni impegnate su questi temi, che l'impianto della legislazione sull'immigrazione del governo Berlusconi, a partire della Bossi-Fini, purtroppo ancora in vigore, è barbaro e non degno dello spirito della Costituzione. E si dimostra quanto profondi siano i danni arrecati da vent'anni di Berlusconi e Lega".
"Viene condannato il governo italiano ma vince lo spirito della nostra Costituzione, nonché la tradizione del popolo italiano - sostiene Andrea Olivero, presidente nazionale Acli - quella di un paese accogliente che non respinge i disperati in mare consegnandoli ad un tragico destino. Un monito durissimo per il governo che ha commesso quell'errore e per le forze politiche che non solo difesero, ma si fecero vanto di quell'azione, mentre tutte le organizzazioni della società civile per il rispetto dei diritti umani ne denunciavano l'illegalità e la disumanità".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, Corriere.it]

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23 febbraio 2012
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