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"L'Italia non spenda più soldi per bombardare la Libia"

Mentre Maroni chiede più soldi per il Viminale e uno stop al conflitto libico, Saif Al Islam chiede a Berlusconi di vergognarsi

16 giugno 2011

Il governo italiano non deve più spendere soldi per i bombardamenti in Libia. A chiederlo è il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, intervenendo ieri al primo congresso della Uil Polizia dedicato al tema del lavoro, della sicurezza e dello sviluppo.
"Spero si ponga fine alla guerra e ai bombardamenti in Libia: solo con un governo, qualunque esso sia, si può gestire il fenomeno immigrazione - ha spiegato - altrimenti continueremo ad avere immigrati, immigrati, immigrati". Maroni ha ricordato che "il Parlamento Usa ha detto al presidente Obama 'basta spendere soldi in Libia': il governo italiano e i governi europei dovrebbero fare la stessa cosa". Per quanto riguarda gli accordi tra Italia e Libia, Maroni ha osservato: "Finché continueranno le bombe, gli immigrati dovranno essere considerati profughi che andranno assistiti. L'Italia fa integrazione, ma non può essere lasciata sola perché non può essere solo un compito nostro". Quanto a Gheddafi, "tutti i servizi delle superpotenze lo cercano e non lo trovano - ha affermato il ministro dell'Interno - poi, lui si fa riprendere mentre gioca a scacchi con un campione russo: tutto il mondo non riesce a trovarlo ma il giocatore di scacchi sì... è evidente che c'è qualcosa che non funziona. Intanto noi siamo gli unici ad avere un impatto negativo per la situazione in Libia".
Il ministro si è detto anche "molto preoccupato per quel che potrà succedere in Tunisia, dove l'instabilità sembra destinata a proseguire: temo, dopo l'estate, un altro flusso massiccio di immigrati verso le coste d'Italia".

Il titolare del Viminale ha annunciato inoltre di aver scritto una lettera indirizzata al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e al ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, sui tagli e sulle risorse necessarie per gestire la sicurezza. "Ho inviato una lettera circostanziata di sei pagine e cinque allegati lo scorso 19 maggio - ha riferito Maroni - affinché si possano mantenere per il 2011 almeno gli stessi livelli garantiti per il 2010. I tagli lineari hanno colpito il Viminale per il 36% su 29 miliardi di euro - ha ricordato - noi chiediamo ora un miliardo di euro solo per le spese rimodulabili: non stiamo chiedendo cos' e pazz...", ha sottolineato in uno stentato accento napoletano. Per Maroni "il governo deve fare scelte coraggiose e deve inserire il tema della sicurezza non dico al primo o al secondo posto ma sicuramente sul podio, fra le prime tre priorità". Il ministro dell'Interno ha ricordato che nel 2010 ci sono state 6.129 assunzioni di cui 2.023 hanno riguardato poliziotti, carabinieri e finanzieri. La richiesta per il 2011 è di 2963 unità.
Maroni ha infine tenuto a sottolineare: "Io opero per una prospettiva di lavoro di altri due anni ovvero fino al termine della legislatura. Se poi il governo cade prima, vorrà dire che il lavoro fatto sarà messo a disposizione di chi verrà dopo di me". Quanto a un Bossi assediato dai 'maroniti', "non esistono i 'maroniti' né i 'maroniani': esiste la Lega e i leghisti, che sono una grande famiglia" ha assicurato il ministro per il quale "tutte le sciocchezze che scrivono i giornali in merito appartengono, appunto, alla categoria delle sciocchezze".

Oggi, il ministro degli Esteri, Franco Frattini, intervistato dal 'Tg1', ha annunciato che a Roma si terrà una "grande assemblea politica di riconciliazione" con la partecipazione di "tutti i rappresentanti tribali di tutte le regioni e di tutti gli ambienti sociali del popolo libico". Il titolare della Farnesina ha ricordato di aver proposto questo incontro durante la conferenza del Gruppo di Contatto della Libia che si è svolta a inizio maggio nella capitale. All'assemblea di Roma, ha aggunto Frattini, "ci saranno tra le 200 e le 300 persone che rappresenteranno davvero tutta quanta la Libia". Il ministro ha poi annunciato che domani a Roma sarà firmato con il CNT (il Consiglio nazionale di transizione) di Bengasi "un accordo di cooperazione per prevenire e contrastare il flusso di immigrati irregolari che include la problematica dei rimpatri e che - ha detto al 'Tg1' - a differenza di quanto avveniva con Gheddafi, vede l'Unhcr pienamente coinvolto". Frattini ha infine precisato che il CNT "si impegna da subito anche al rimpatrio degli immigrati clandestini" e questo, sottolinea, dimostra "la serietà dell'impegno" di Bengasi nel rapporto con l'Italia.

Saif Al Islam intervistato dal Corriere della Sera - Saif Al Islam, 39 anni, figlio del Colonnello Muammar Gheddafi, ha rilasciato una lunga intervista al Corriere della Sera.
In questa, il secondogenito del raìs dice che l’unico modo "indolore per uscire dall’impasse in Libia" sono "elezioni subito e con la supervisione internazionale".
Saif Al Islam si è presentato sorridente all’appuntamento con l'inviato del Corsera Lorenzo Cremonesi, dicendosi "in continuo contatto con il padre". Nel colloquio, pubblicato sull’edizione di oggi, Saif è tornato ad avanzare la formula del compromesso. "Le elezioni si potrebbero tenere entro tre mesi. Al massimo a fine anno. Accettiamo la Ue, l'Unione Africana, l'Onu, la Nato", ha dichiarato. "Non ho alcun dubbio che la stragrande maggioranza dei libici sta con mio padre e vede i ribelli come fanatici integralisti islamici, terroristi sobillati dall'estero, mercenari agli ordini di Sarkozy". Sul governo straniero che potrebbe meglio aiutare la transizione verso la democrazia, Saif Al Islam non mostra indecisione: "La Francia. Abbiamo già avuto abbocchi con Parigi, ma per ora senza seguito. Comunque sono loro che impongono la politica del governo di Bengasi... Dunque a loro il compito di cercare una via d'uscita il meno cruenta possibile". Il padre, dice, sarebbe disposto a farsi da parte se perdesse le elezioni, ma non accetterebbe mai di andare in esilio.
Durante la conversazione, avvenuta in un hotel sul lungomare di Tripoli, Saif non ha risparmiato i colpi di propaganda: "Con le consultazioni il mondo così scoprirà quanto Gheddafi è popolare. (...) Batteremo i ribelli alle urne", ha affermato.
"Vergogna!", ha gridato infine verso il nostro Paese: "Berlusconi è in difficoltà. Non possiamo che gioirne. Lui e il ministro Frattini si sono comportati in modo abominevole con noi".
Il più politico tra i figli del Colonnello si è anche abbandonato a commenti sul governo di Roma: "L'Italia non può avere una mediazione, fin quando ci sarà Silvio Berlusconi al governo. (...) Separiamo nettamente la figura di Berlusconi dall'Italia. Apprezziamo le critiche alla guerra e contro la Nato avanzate dalla Lega. Guardiamo con interesse i vostri partiti della sinistra. La Libia terrà un atteggiamento assolutamente diverso nei confronti di un'Italia senza Berlusconi".
Saif Al Islam dice che sulle future scelte petrolifere della Libia di Gheddafi peserà la Russia. "Da tempo Mosca guarda con interesse ai pozzi e alle infrastrutture Eni in Libia. Forse ora i russi hanno una carta in più".

L'intervista di Saif Al Islam è giunta mentre continuano i combattimenti tra le forze ribelli e le truppe fedeli a Gheddafi senza che ci siano segnali di una imminente fine del conflitto. Proprio questa mattina il bunker di Gheddafi è stato attaccato nuovamente. Una serie di potenti esplosioni sono state udite a Tripoli, provenienti dal'area di Bab el Aziziya, il complesso bunker del leader libico Muammar Gheddafi. Lo riferiscono testimoni, precisando che una nube di fumo sale verso il cielo.
Nonostante ciò, come a voler dimostrare che a Tripoli le attività di governo proseguono malgrado i quasi quotidiani raid della Nato sulla capitale libica, il governo libico ha approvato una manovra da 37,65 miliardi di dinari (31,4 miliardi di dollari) per l'anno in corso 'a copertura delle necessità finanziarie e di bilancio'. Lo ha riferito l'agenzia ufficiale Jana. La cifra servirà al 50 per cento per il pagamento degli stipendi dei dipendenti pubblici e verrà distribuita nei 22 distretti in cui è suddivisa la Jamahiriya. La Jana non precisa cosa accadrà esattamente nelle regioni come la Cirenaica controllate dagli insorti in lotta contro il regime.
L'ex governatore della banca centrale, Farhat Bengdara, passato nelle fila dell'opposizione, ha detto nei giorni scorsi che il governo di Tripoli ha a disposizione una somma di 500 milioni di dollari in contanti e circa 155 tonnellate d'oro.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Reuters.it, ASCA, Lettera43.it]

- L'intervista di Lorenzo Cremonesi (Corriere.it)

 

 

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16 giugno 2011
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