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''La Camera dello sguardo''

A Palazzo Sant'Elia 50 anni di grande fotografia italiana vissuti con gli occhi di 29 maestri

22 dicembre 2009

LA CAMERA DELLO SGUARDO
A cura di Achille Bonito Oliva
Palazzo Sant'Elia - Palermo
Fino al 21 marzo 2010


Dino Pedriali, Autoritratto 2009

La camera dello sguardo per osservare e catturare la realtà; un punto di osservazione "dall'alto" per ritrarre il mondo dalla giusta distanza. Un "movimento da fermo" che percorre e segna come un misterioso filo rosso le diverse esperienze della grande fotografia italiana.
"La camera dello sguardo - Fotografi italiani" è il titolo della mostra fotografica promossa dalla Provincia regionale di Palermo, organizzata da Civita Sicilia da un progetto di Incontri internazionali d’Arte e curata da Achille Bonito Oliva, allestita a Palazzo Sant'Elia e visitabile fino al 21 marzo 2010.
L'esposizione - un collettivo inedito e ricchissimo -, che conta 29 autori (tra i quali due siciliani, Ferdinando Scianna e Lia Pasqualino) e 98 opere.
Un lungo viaggio per immagini, dagli anni '50 ad oggi, un excursus di luoghi, facce, epoche, illuminazioni, pensieri e solitudini che, nella sua complessità e totalità, declina lo stile della fotografia italiana e delinea una virtuosa comunione tra fotografia e arte riconosciuta a livello internazionale.


Federico Garolla, Pier Paolo Pasolini nel quartiere di Centocelle, 1956

In mostra opere di Claudio Abate, Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Antonio Biasucci, Lisetta Carmi, Elisabetta Catalano, Mario Cresci, Luciano D’Alessandro, Franco Fontana, Francesco Jodice, Mimmo Jodice, Raffaella Mariniello, Paolo Mussat Sartor, Ferdinando Scianna, Paul Thorel, Aniello Barone, Luca Campigotto, Federico Garolla, Mario Giacomelli, Luigi Ghirri, Ugo Mulas, Lia Pasqualino, Beatrice Pediconi, Dino Pedriali, Paolo Pellegrin, Marialba Russo, Paola Salerno, Oliviero Toscani.


Gianni Berengo Gardin, Gran Bretagna 1977

Tanti i temi, i soggetti, le storie scelti per le varie inquadrature, ma uno soltanto il denominatore che lega le immagini esposte: "La fotografia italiana – scrive Bonito Oliva nel testo critico in catalogo – […] introduce nell'ambito dell'immagine la torsione tipica dell'anamorfosi, che appartiene alla storia della pittura, adoperando rigorosamente gli strumenti del linguaggio fotografico. Si mette nella posizione del duello: il fotografo, di fronte al dato, non lascia scattare il dito sulla macchina precipitosamente, bensì promuove una serie di relazioni e rispecchiamenti, [….] La fotografia non è casuale e istantanea, non è il risultato di un raddoppiamento elementare, bensì di una messa in posa che complica e rende ambigua la realtà da cui parte".
Bonito Oliva definisce "pathos della distanza" la "consapevolezza di una presenza, di un diaframma costituito dal linguaggio figurativo che permette di denominare le cose ma non di possederle". Da qui, dalla posizione volutamente "aliena" del fotografo, trae origine il titolo della mostra, il riferimento forse a prima vista enigmatico a quello spazio blindato e asettico che è l’occhio del fotografo, camera dello sguardo, appunto, strumento preciso per accedere alla conoscenza, il rovescio della medaglia, secondo Bonito Oliva, della "perdita". "Il fotografo - scrive ancora il curatore - adopera la stessa 'civile ipocrisia', utilizza materiali e convenzioni che rappresentano e nello stesso tempo negano la rappresentazione tra astrazione e figurazione. Oscilla liberamente con piacere e dolore costruendo immagini presenti e allusive, vicine e anche distanti. La vicinanza è dettata dalla scelta del materiale e dalla convenzione visiva che afferma e conferma la precisione dello sguardo. La distanza è rappresentata dalla filosofia dello sguardo stesso che conosce la sua possibilità e contiene anche la memoria di un contatto ormai impossibile da realizzare e ricostruire".


Gianni Berengo Gardin, New York 1969

I SOGGETTI - Immagini di ieri e di oggi aprono porte su mondi anche diametralmente opposti: gli impenetrabili palazzoni moscoviti della burocrazia e del rublo, fotografati nel 2007 da Gabriele Basilico, e l’enigmatica Natività di Antonio Biasiucci (del 2009); uno stralunato Ezra Pound in vestaglia a 81 anni, fotografato a Sant’Ambrogio di Rapallo da Lisetta Carmi, e l’artista Maurizio Mochetti, sornione e intrigante nei suoi smaglianti 33 anni, ritratto da Elisabetta Catalano; il Banco dei pegni di Napoli, con il vecchietto smunto perso fra santini e carabattole fotografato da Luciano D'Alessandro nel '65, e Simonetta Visconti, ribattezzata "la prima donna della moda italiana", immortalata nel '56 nel suo atelier di Roma da Federico Garolla (lo stesso autore della foto di Pasolini, anno '56, che gioca a calcetto su un campetto di fortuna a Centocelle).
Volti noti e altri sconosciuti, gli afflitti e i privilegiati, ovvero l'elegante coppia newyorkese di Gianni Berengo Gardin e il disoccupato di Gragnano, fotografato da Luciano D'Alessandro; il cinema, l’arte e la letteratura, paesaggi urbani con rifiuti, nelle foto di Aniello Barone, campagne sconfinate, nella Basilicata di Franco Fontana che avrebbe potuto fare da sfondo ad un film di Antonioni, montagne ostili, nell’Afghanistan di Paolo Pellegrin. Lia Pasqualino, presente con 4 opere, fotografa sul set del film di Roberto Andò "Il manoscritto del principe", Jeanne Moreau, Leopoldo Trieste, Michel Bouquet, Laurent Terzieff; Dino Pedriali ruba un gesto a Federico Fellini e a Andy Warhol. In allestimento anche quattro immagini di Mario Giacomelli, il fotografo del "realismo magico" che fu anche tipografo, poeta e pittore, tratte da due delle sue serie più note: "La notte lava la mente", che cita nel titolo i versi di Mario Luzi, e "Io non ho mani che mi accarezzino il volto", il ciclo dei pretini che pattinano in tonaca, citazione dei versi di padre David Maria Turoldo.
Quattro le foto firmate da Ferdinando Scianna: gli scatti delle feste religiose di Tre Castagni e Racalmuto del '63 e '64, tra devozione popolare ed ebbrezza profana - tratte dal primo libro "Feste religiose in Sicilia", con la prefazione di Leonardo Sciascia - e gli scatti del reportage realizzato nell’88 nel villaggio di Kami, in Bolivia, a 3500 metri di altezza, tra i volti scavati e gli sguardi di ossidiana dei discendenti degli indios.
In mostra anche un'immagine-shock di Oliviero Toscani: si tratta della discussa "Anorexia", scattata per la campagna 2007 contro l’anoressia di un noto marchio di abbigliamento per ragazze. Isabella Caro esibisce i suoi 31 chili di pelle e ossa per sollevare il velo sul tema dei disturbi del comportamento alimentare.


Gabriele Basilico, Krasnye vorota Mosca 2007

La mostra vista da Piero Montana - "Alleggerire il peso, ecco il compito dell'arte. Far lievitare il corpo e lo sguardo, ecco il compito della fotografia che realizza opere tangibili di controllo e nello stesso tempo di vertigini. La convivenza dei due momenti diventa il compito dell'artista che non cerca riparo ma semmai la possibilità, attraverso l'esperienza creativa, di rappresentare la doppia polarità." Così scrive in catologo il critico Achille Bonito Oliva curatore della mostra "La camera dello sguardo - Fotografi italiani" a Palazzo Sant'Elia. Trenta fotografi italiani sono stati scelti per questa mostra davvero alchemica, perché in un certo senso le opere che essa presenta vogliono con lo sguardo fissare il volatile.
Da Claudio Abate a Oliviero Toscani siamo in presenza di foto fantasmatiche che rinviano tutte a un vuoto la cui attrazione si manifesta nella vertigine dello sguardo. I grattacieli di Mosca fotografati da Gabriele Basilico hanno qualche rassomiglianza con le piazze metafisiche di De Chirico. Questi grattacieli sono freddi, glaciali come punte di iceberg, così come le strade di Chicago fotografate da Luca Campigotto danno la stessa sensazione di gelo, squallore, di sconfinata solitudine. La solitudine è l'emblema di uno sconfinamento verso l'altrove. Emblematiche sono pertanto le foto di Lisetta Carmi quali "La gitana" (un travestito) ed il ritratto di Erza Pound. Entrambe le opere sono per così dire spiazzanti, la prima per la sua provocatoria diversità, la seconda per la pietas che suscita in noi una figura conturbante vista come un relitto sopravvissuto a tutte le macerie.


Mimmo Jodice, Atleta (dalla serie Mediterraneo), 1986

Anche le foto di Elisabetta Catalano che ritrae artisti di fama anche internazionale, quali Gibert e George, Joseph Kosuth e Maurizio Moschetti hanno il fascino indiscreto della posa dandy, dell'ammiccamento provocatorio ed ironico. L'inquietudine tuttavia esplode nelle foto dei busti (marmorei o di bronzo) di Mimmo Jodice che risuscita antichi guerrieri di Ercolano e divinità fluviali in tutta l'aurea spettrale che cattura il nostro sguardo in bilico innanzi alla paura del vuoto assoluto che soli i fantasmi possono trasmetterci, facendoci accapponare la pelle. Un vuoto tangibile nella sua presenza-assenza anche nelle splendide foto di Ugo Mulas che preferisce fotografare delle sorprendenti installazione e performances di artisti d'avanguardia come Vettor Pisani, Carlo Alfano, Fabio Mauri, Enrico Castellani, Gianni Colombo, Getullio Alviani. Il vuoto tuttavia può essere espesso, come aveva capito Hegel, dal tutto pieno. Le foto di Tokyo rinviano infatti ad una anonimità fin troppo evidente, ad una assenza della soggettivà colta singolarmente nella calca confusa di una folla di personaggi che nel loro insieme smarrisco la loro identità.
Le foto bellissime di Luciano D'Alessandro su Napoli sono scatti non convenzionali su vie e quartieri del terzo mondo. Quella di D'Alessandro non è una Napoli da cartolina ma quella di una città con i suoi quartieri degradati, relegati nell'emarginazione. Queste foto hanno qualcosa in comune con quelle di Aniello Barone che nel fotografare strade invase da rifiuti coglie il contrasto e le contraddizioni tra la civiltà del benessere e gli escrementi da essa prodotti e sempre più difficili da smaltire.
Molto interessanti anche i primi piani che Mario Cresci fotografa da soggetti tratti da opere pittoriche (Giacomo Cerutti, Lorenzo Lotto, Giovan Battista Moroni). Che la fotografia non ha finito per sostituire la pittura, lo dimostrano queste foto di Cresci che attraverso lo sguardo fotografico vuol cogliere lo sguardo pittorico. Nelle opere di Franco Fontana c'è di più perché qui l'artista tenta di assimilare la fotografia alla pittura in campiture astratte di un perfetto equilibrio formale e spaziale. Anche il Campo fotografico di Achille Giacomelli è assai suggestivo per lo spazio di clausura che egli propone in immagini di preti che come anime candide giocano in mezzo alla neve. Bellissime le foto di Lia Pasqualino tratte del set del film "Il manoscritto del principe" ed in particolare la foto di Leopoldo Trieste nel ruolo del poeta Lucio Piccolo immerso in profonda crisi esistenziale. Suggestive le le opere di Marialba Russo che si ammantano di tenebre e di mistero, come altrettanto interessanti sono le opere che Ferdinando Scianna ha realizzato a Kami, in "un mondo fuori dal mondo".
Per concludere non possiamo non parlare di "Anorexìa 2007" di un maestro della provocazione quale Olivieri Toscani, che più di tutti si avvicina alla definizione che Achille Bonito Oliva dà della fotografia come "arte della doppia polarità, della presenza- assenza, della vita e della morte".


Luca Campigotto, Chicago 2007

Informazioni: "La Camera dello sguardo" resterà in allestimento a Palazzo Sant'Elia (via Maqueda 81) fino al 21 marzo 2010 e potrà essere visitata gratuitamente dal martedì alla domenica, dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 19:30. Chiusura il lunedì.
Web: www.civita.it - www.provincia.palermo.it

- Biografia degli artisti in mostra (Pdf)

- Elenco delle fotografie in mostra (Pdf)

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22 dicembre 2009
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