"La casa del brodo" di Palermo: 130 anni finiti col coronavirus?
Il locale storico palermitano a un passo dalla chiusura. Il titolare: "Locale piccolo, non posso distanziare i tavoli"
[Articolo di Sara Scarafia - Repubblica/Palermo.it] - Neppure la guerra, si dispera Gaetano Romeres, è riuscita a piegare un'insegna che esiste dal 1890. "Chi lo avrebbe mai detto che a metterci in ginocchio sarebbe stato un virus?".
Il suo ristorante fa parte della geografia cittadina: "La casa del brodo" esiste da 130 anni, anche se prima, quando era una locanda, l'ingresso era dal vicolo Paterna, che porta dritti alla Vucciria. Poi, quando nel 1998 Gaetano e sua sorella Ada lo hanno rilevato, il locale ha subito una drastica ristrutturazione. E oggi nel ristorante che ha attraversato più di un secolo di storia di Palermo, si entra dal Cassaro pedonale.
Negli ultimi anni ai tavoli, oltre che ai palermitani, Gaetano e sua sorella Ada hanno servito specialità siciliane anche a moltissimi turisti. Dal 12 marzo, da quando il coronavirus ha abbassato le saracinesche, gli stessi tavoli sono vuoti. E a un mese dallo stop, con la prospettiva di almeno altri trenta giorni di chiusura, Romeres teme che "La casa del brodo" non riapra più.
"Il ristorante è della nostra famiglia da sempre, da quattro generazioni - racconta -, prima di noi c'era mio nonno che ha lavorato fino all'ultimo, non voleva lasciare i fornelli. Io sono entrato prima in cucina e poi, da 1998, ho cominciato a gestirlo insieme con mia madre e mia sorella. Sono proprietario e chef".
Quando, il 12 marzo, si è chiuso la porta alle spalle, Gaetano aveva lasciato in cassa 2000 euro. Un mese dopo non gli resta più niente. "Metà dei locali sono in affitto: per fortuna il proprietario ha capito la mia difficoltà e ha bloccato il pagamento del canone - racconta - ma c'erano i fornitori da saldare, le utenze, le spese di sopravvivenza e non mi è rimasto più un euro. Non sono in grado di sostenere questi giorni di chiusura e non so come potrò mai riaprire senza liquidità".
"La casa del brodo" ha quattro dipendenti che, come tutti, aspettano la cassa integrazione. "Viviamo nell'angoscia. La nostra è un'impresa familiare: io e mia sorella abbiamo indebitamenti personali. Io ho acceso un mutuo, mia sorella un prestito. Ci troviamo in grosse difficoltà e in questo momento non vediamo prospettive".
Il locale contava sui mesi di marzo, aprile e maggio. "Aspettavamo i turisti - dice Romeres - lavoriamo tanto con i tour e avevamo già diverse prenotazioni di gruppi. Che cosa ne sarà del turismo dopo tutto questo?".
Con il boom di presenze degli ultimi anni il ristorante riusciva a garantirsi almeno 50 coperti al giorno. "Ma adesso? Il distanziamento sociale nel nostro locale è impossibile, e poi ci immaginiamo il servizio al tavolo con mascherina e guanti? Ma chi verrebbe mai?". "La casa del brodo" ha quindici tavoli 80X80: "Dunque tavoli nei quali è impossibile mantenere la distanza". È diviso in tre ambienti e, con le nuove regole, di tavoli non potrebbero essercene più di tre o quattro. "Non siamo nelle condizioni di garantire una riapertura rispettando le norme di sicurezza che sicuramente saranno imposte - dice - ammesso che io trovi i soldi per ripartire".
Anche Romeres aspetta di sapere di più sui prestiti a zero interessi promessi dal governo. "Ma ho paura che non ce la faremo comunque. Dopo 130 anni. Non posso crederci, eppure è così".