"La mia azienda cancellata dal silenzio dello Stato"
Ignazio Cutrò nel 2008 ha denunciato i suoi estortori e da allora vive sotto scorta. I debiti e l'indifferenza dello Stato lo hanno costretto a chiudere l'azienda
"Da oggi non sono più un imprenditore. La mia azienda edile non esiste più. E' stata cancellata perché non ero più in grado di sostenerla per i debiti che in questi anni di non lavoro si sono accumulati. E' stata cancellata dal silenzio dello Stato, dall'omertà di uno Stato che a parole fa la lotta alla mafia e nei fatti abbandona chi denuncia. A me ed alla mia famiglia non resta più nulla se non l'amarezza di chi ha creduto e crede in una lotta sana, reale e concreta contro le mafie".
Così, in una nota, il testimone di giustizia Ignazio Cutrò ha annunciato la chiusura della sua azienda a Bivona, in provincia di Agrigento. Cutrò, 47 anni, sposato, con due figli, nel 2008 denuncio la cosca dei suoi estorsori (tutti condannati).
"Nell'ottobre 2013 - ha raccontato Cutrò - avevo debiti con la Serit per circa 20 mila euro. Oltre a tutte le spese che comporta una ditta. A febbraio 2014 dopo diverse richieste di aiuto andai a incatenarmi al Viminale. Mi ricevettero, esposi il problema chiedendo 20 mila euro per ripianare il debito. I soldi sono stati versato alla Serit a dicembre. Ma nel frattempo la cifra era cresciuta di 18.500 euro. Avendo debiti non posso ottenere il Durc e ho dovuto rinunciare a un lavoro che ero riuscito a trovare: nolo a caldo di veicoli per opere infrastrutturali nell'agrigentino. Ora sono un uomo rovinato, un disoccupato scortato". "Ho provato anche a vendere i miei mezzi meccanici - ha aggiunto - Li ho messi su internet ho sparso la voce non li vuole nessuno. La mia rovina è cominciata dopo le denunce".
"Siamo di fronte al baratro, oggi più di ieri - ha denunciato Cutrò - io, mia moglie Giuseppina, e i miei figli Giuseppe e Veronica, siamo uniti, uniti questa volta per far fronte alla lotta della sopravvivenza. A loro chiedo scusa per avergli fatto vivere una vita da incubo, sotto scorta e senza più un minimo di certezze. Ci sarà tempo e modo per capire i motivi che hanno portato sul lastrico la mia famiglia. Io non sarò più la cavia di niente e di nessuno".
"Se un giorno qualcuno vorrà riprendere sul serio la lotta alla mafia e al racket io sarò al suo fianco - ha assicurato - Ma oggi, e lo dimostra non soltanto la mia vicenda personale ma le centinaia di inchieste aperte in tutta Italia, la lotta alla mafia è un fatto riservato a investigatori e magistrati che lavorano tra ostacoli e difficoltà. Sparito nei fatti dall'agenda della politica".
"Non ho più la mia azienda e questa è la migliore vittoria per la mafia - ha osservato il testimone di giustizia - Così si dimostra ancora una volta chi comanda nei territori. Non ho più l'azienda e non so, da oggi in poi, cosa potrò e dovrò fare per vivere, per continuare a pagare i miei debiti e per sostentare la mia famiglia. Abbraccio chi mi è stato e mi è vicino, i miei amici, i tanti testimoni di giustizia che lottano insieme a me, i miei angeli custodi, gli uomini della scorta che in silenzio, con affetto pari all'altissimo senso di professionalità e responsabilità vigilano su me e sulla mia famiglia".
"Ringrazio i magistrati e gli investigatori che mi hanno ascoltato e hanno creduto in me. La mia sconfitta, purtroppo, - ha concluso Cutrò - è anche la sconfitta simbolica del loro lavoro e qualcuno dovrà porre rimedio".
Il deputato Pd Davide Mattiello ha detto: "La chiusura dell'azienda di Ignazio Cutrò è una ferita per tutti noi, perché l'imprenditore, che ha dato un contributo limpido e coraggioso alle indagini contro la mafia nel territorio di Bivona, ha sempre e soltanto chiesto una cosa allo Stato: di poter continuare a lavorare con la sua azienda, nella sua terra. Prova ne è che Cutrò è protetto con misure speciali ma in loco e non in località segreta".
Il segretario nazionale di Italia dei Valori Ignazio Messina e la responsabile del laboratorio contro le mafie, Valeria Grasso dicono che "la chiusura dell'azienda del testimone di giustizia è un funerale per lo Stato e per la dignità di un cittadino che ha opposto il proprio coraggio alla mafia. Ci sentiamo tutti sconfitti di fronte a casi del genere".