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"La mia azienda cancellata dal silenzio dello Stato"

Ignazio Cutrò nel 2008 ha denunciato i suoi estortori e da allora vive sotto scorta. I debiti e l'indifferenza dello Stato lo hanno costretto a chiudere l'azienda

30 gennaio 2015

"Da oggi non sono più un imprenditore. La mia azienda edile non esiste più. E' stata cancellata perché non ero più in grado di sostenerla per i debiti che in questi anni di non lavoro si sono accumulati. E' stata cancellata dal silenzio dello Stato, dall'omertà di uno Stato che a parole fa la lotta alla mafia e nei fatti abbandona chi denuncia. A me ed alla mia famiglia non resta più nulla se non l'amarezza di chi ha creduto e crede in una lotta sana, reale e concreta contro le mafie".
Così, in una nota, il testimone di giustizia Ignazio Cutrò ha annunciato la chiusura della sua azienda a Bivona, in provincia di Agrigento. Cutrò, 47 anni, sposato, con due figli, nel 2008 denuncio la cosca dei suoi estorsori (tutti condannati).

"Nell'ottobre 2013 - ha raccontato Cutrò - avevo debiti con la Serit per circa 20 mila euro. Oltre a tutte le spese che comporta una ditta. A febbraio 2014 dopo diverse richieste di aiuto andai a incatenarmi al Viminale. Mi ricevettero, esposi il problema chiedendo 20 mila euro per ripianare il debito. I soldi sono stati versato alla Serit a dicembre. Ma nel frattempo la cifra era cresciuta di 18.500 euro. Avendo debiti non posso ottenere il Durc e ho dovuto rinunciare a un lavoro che ero riuscito a trovare: nolo a caldo di veicoli per opere infrastrutturali nell'agrigentino. Ora sono un uomo rovinato, un disoccupato scortato". "Ho provato anche a vendere i miei mezzi meccanici - ha aggiunto - Li ho messi su internet ho sparso la voce non li vuole nessuno. La mia rovina è cominciata dopo le denunce".

"Siamo di fronte al baratro, oggi più di ieri - ha denunciato Cutrò - io, mia moglie Giuseppina, e i miei figli Giuseppe e Veronica, siamo uniti, uniti questa volta per far fronte alla lotta della sopravvivenza. A loro chiedo scusa per avergli fatto vivere una vita da incubo, sotto scorta e senza più un minimo di certezze. Ci sarà tempo e modo per capire i motivi che hanno portato sul lastrico la mia famiglia. Io non sarò più la cavia di niente e di nessuno".
"Se un giorno qualcuno vorrà riprendere sul serio la lotta alla mafia e al racket io sarò al suo fianco - ha assicurato - Ma oggi, e lo dimostra non soltanto la mia vicenda personale ma le centinaia di inchieste aperte in tutta Italia, la lotta alla mafia è un fatto riservato a investigatori e magistrati che lavorano tra ostacoli e difficoltà. Sparito nei fatti dall'agenda della politica".

"Non ho più la mia azienda e questa è la migliore vittoria per la mafia - ha osservato il testimone di giustizia - Così si dimostra ancora una volta chi comanda nei territori. Non ho più l'azienda e non so, da oggi in poi, cosa potrò e dovrò fare per vivere, per continuare a pagare i miei debiti e per sostentare la mia famiglia. Abbraccio chi mi è stato e mi è vicino, i miei amici, i tanti testimoni di giustizia che lottano insieme a me, i miei angeli custodi, gli uomini della scorta che in silenzio, con affetto pari all'altissimo senso di professionalità e responsabilità vigilano su me e sulla mia famiglia".
"Ringrazio i magistrati e gli investigatori che mi hanno ascoltato e hanno creduto in me. La mia sconfitta, purtroppo, - ha concluso Cutrò - è anche la sconfitta simbolica del loro lavoro e qualcuno dovrà porre rimedio".

Il deputato Pd Davide Mattiello ha detto: "La chiusura dell'azienda di Ignazio Cutrò è una ferita per tutti noi, perché l'imprenditore, che ha dato un contributo limpido e coraggioso alle indagini contro la mafia nel territorio di Bivona, ha sempre e soltanto chiesto una cosa allo Stato: di poter continuare a lavorare con la sua azienda, nella sua terra. Prova ne è che Cutrò è protetto con misure speciali ma in loco e non in località segreta".
Il segretario nazionale di Italia dei Valori Ignazio Messina e la responsabile del laboratorio contro le mafie, Valeria Grasso dicono che "la chiusura dell'azienda del testimone di giustizia è un funerale per lo Stato e per la dignità di un cittadino che ha opposto il proprio coraggio alla mafia. Ci sentiamo tutti sconfitti di fronte a casi del genere".

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30 gennaio 2015
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