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"La scelta di Marchionne non sta in piedi"

Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, risponde alla lettera dell'ad di Fiat. Contrastanti i commenti dei sindacati

04 ottobre 2011

L'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne ha comunicato che Fiat Spa e Fiat industrial usciranno da Confindustria dal 1° gennaio 2012, confermando quanto anticipato a giugno. "E' un addio ufficiale - ha detto ieri Marchionne ai giornalisti -; noi non facciamo entrate e uscite".
Per sottolineare questa esplicita volontà, Marchionne ha scritto una lettera inviata direttamente al presidente di Confindustria Emma Marcegaglia (LEGGI). Una missiva dalla quale si capisce che a spingere il Lingotto a staccarsi dall'associazione delle imprese sembra la necessità di avere mano libera nella gestione dei rapporti aziendali e soprattutto dei licenziamenti, recuperando quello che era l'obiettivo dell'articolo 8 della manovra di bilancio prima che questo venisse in qualche modo "anestetizzato", secondo il Lingotto, dall'intesa del 21 settembre fra Confindustria e i sindacati.

Dopo una lunga riflessione, il comitato di presidenza di Viale dell'Astronomia ha commentato l'annunciata uscita della Fiat dall'associazione: "Confindustria è un'associazione volontaria di liberi imprenditori. Prendiamo atto delle decisioni della Fiat pur non condividendone le ragioni, anche sotto il profilo tecnico-giuridico". "L'ampia condivisione delle parti sociali intorno all'accordo del 28 giugno - osserva Confindustria - è la migliore garanzia che le innovazioni previste potranno trovare ampia e diffusa applicazione nel tessuto industriale italiano. Aggiungiamo che Confindustria non ha mai messo in dubbio la validità e l'applicabilità dell'articolo 8 ed anzi ne ha sempre ribadito la coerenza rispetto all'accordo del 28 giugno". "Secondo la generalità degli esperti di diritto del lavoro - aggiunge la nota -, in nessun modo la ratifica dell'accordo interconfederale avvenuta il 21 settembre ne ha depotenziato gli effetti o ha posto dei limiti aggiuntivi all'applicabilità delle norme di legge".

Emma Marcegaglia, a margine dell'assemblea dell'Unione industriali di Bergamo, ha poi commentato personalmente la decisione espressa dall'ad della Fiat. "Mi ricordo che Marchionne mi aveva mandato una lettera a fine giugno, dopo l'accordo interconfederale del 28 giugno - ha spiegato - dicendomi che apprezzava l'accordo e aveva bisogno della sua validità retroattiva degli accordi di Pomigliano e Mirafiori e che se questo non fosse accaduto sarebbe uscito da Confindustria. Oggi - ha aggiunto - grazie all'art. 8 l'effetto retroattivo di Pomigliano e Mirafiori c'è. Marchionne dice che la sottoscrizione dell'accordo interconfederale avrebbe depotenziato l'art. 8 ma questo non è vero". Il presidente degli industriali ha poi spiegato di aver ricevuto il parere dei tre giuslavoristi italiani importanti, vale a dire Ichino, Maresca e Dell’Aringa, "che dicono esattamente il contrario e cioè che la sottoscrizione definitiva del 28 giugno non mina minimamente la portata e l'efficacia dell'art. 8, anzi in un certo senso lo rafforza e quindi questo tipo di motivazioni non stanno in piedi dal punto di vista tecnico". "Noi - ha proseguito Marcegaglia - non abbiamo mai detto che l'art. 8 non andava bene e abbiamo sempre detto che lo stesso articolo non si tocca e che era compatibile con l'accordo interconfederale del 28 giugno e se la richiesta era quella di mettere da parte questo accordo questo ovviamente noi non lo potevamo fare anche perché la giunta di Confindustria lo ha approvato all'unanimità. Come sempre - ha proseguito - tuteliamo e portiamo avanti le istanze di tutte le imprese italiane, piccole, medie e grandi e cerchiamo di farlo in una logica complessiva di interesse generale. Rispettiamo la decisione di Marchionne perché stare in Confindustria non è un obbligo ma un fatto volontario ma non ne condividiamo le motivazioni tecniche. Marchionne fa poi capire che ragionerà se tenere i contatti con le associazioni territoriali e ovviamente se questo sarà in linea con le nostre regole interconfederali saremo ben felici che questo avvenga".

Contrastati i commenti da parte dei sindacati.  Secondo la Cgil, quanto detto da Marchionne "è la conferma dei nostri timori su di una scelta già compiuta e decisa da tempo da parte di chi non vuole rispettare le regole e nega la rappresentanza". "Purtroppo - ha detto il segretario confederale della Cgil, Vincenzo Scudiere - questa posizione trova sostengo da parte di un governo giunto al capolinea e che non ha mai avuto la capacità di farsi rispettare e di far rendere conto alla Fiat delle scelte compiute; un governo che ha sempre rincorso il Lingotto e che tutte le volte lo ripaga con scelte che non aiutano il Paese". Inoltre, ha aggiunto il dirigente sindacale, "è spiacevole che proprio dalla più grande azienda italiana continuino ad esserci scelte che puntano a mettere in discussione i passi avanti fatti con gli accordi che hanno come obiettivo la ricostruzione di regole nell'ambito di nuove e rinvigorite relazioni sindacali". Scudiere ha sottolineato inoltre che "intestardirsi nell'applicazione dell'articolo 8, poi, sta diventando un esercizio inutile perché è l'ulteriore pretesto dell'ad di Fiat per giustificare decisioni industriali non chiare, insieme a piani industriali e a investimenti tanto annunciati quanto frequentemente rimessi in discussione". "Sarebbe utile che tutti la smettessero di rincorrere l'ingegner Marchionne, mettendolo di fronte alle proprie responsabilità, e difendessero allo stesso tempo gli accordi interconfederali sottoscritti", ha concluso.

Per il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, "la Fiat è libera di stare o non stare in un'associazione imprenditoriale, però non può dire che esce perché è stato depotenziato l'accordo interconfederale del 28 giugno. Questo non è affatto vero". "L'accordo del 28 giugno rimane per noi una tappa importante - ha sottolineato Bonanni - ed è utilissimo per la Fiat e per tutto il mondo del lavoro. D'altronde ha stabilito per la prima volta in sessant'anni che, qualora in un'azienda c'è una maggioranza di lavoratori che esprimono una volontà precisa, quella maggioranza detta la linea e la minoranza deve rispettare gli accordi. Mi dispiace per la decisone assunta dalla Fiat, anche se apprezziamo la conferma del piano di investimenti in Italia, era quello che volevamo: la costruzione di nuove auto a Mirafiori e quella di un nuovo motore ad Avellino".
Giovanni Centrella, segretario generale dell'Ugl, ha commenta così l'annuncio di Marchionne: "Non possiamo entrare nel merito di una scelta che riguarda questioni interne a Confindustria". "Per quanto ci riguarda - ha detto - rimarranno invariati i rapporti con il Gruppo, con il quale abbiamo già firmato diversi accordi e il contratto di lavoro per lo stabilimento di Pomigliano d'Arco, tanto più che l'azienda sta dimostrando di mantenere fede agli impegni assunti per la fabbrica di Mirafiori e per l'Fma di Pratola Serra".

Per il leader della Uil, Luigi Angeletti, "l'uscita della Fiat dalla Confindustria è una questione che attiene ai rapporti tra l'azienda automobilistica e l'associazione imprenditoriale e su cui i sindacati non possono avere, più di tanto, voce in capitolo. Ci riguardano e ci interessano molto, invece, le decisione su Mirafiori e Pratola Serra. Queste scelte rientrano nel rispetto dei patti sottoscritti con Fiat e sono una premessa per garantire l'occupazione e lo sviluppo negli stabilimenti italiani del Gruppo".

Pietro Ichino: "L'uscita di Fiat da Confindustria 6 mesi fa comprensibile, ora meno" - "Questa della Fiat è una decisione di cui sei mesi fa i motivi erano ben comprensibili, ma ora lo sono molto meno. Prima dell'accordo interconfederale di giugno e dell'emanazione dell'articolo 8 del decreto di Ferragosto, lo sganciamento di Fiat da Confindustria era motivato come un passaggio tecnico necessario perché gli accordi di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco potessero funzionare senza intoppi. Ora l'accordo e il terzo comma dell'articolo 8 hanno eliminato ogni possibile attrito fra quegli accordi aziendali e le norme-quadro proprie del sistema nazionale delle relazioni industriali". Così il giuslavorista e senatore del Partito Democratico, Pietro Ichino, commenta, con LABITALIA, la decisione della Fiat di uscire da Confindustria. E per Ichino l'intesa integrativa firmata il 21 settembre da Confindustria con Cgil, Cisl e Uil non ha depotenziato l'articolo 8 del decreto, come ha fatto intendere Marchionne. "In realtà - spiega Ichino- è lo stesso articolo 8 del decreto, nella versione definitiva uscita dalla legge di conversione, che dice quello che sta scritto in quell'intesa integrativa. Cioè che gli accordi aziendali devono essere stipulati nel rispetto delle disposizioni contenute negli accordi interconfederali, e di quello del 28 giugno in particolare. E che a stipularli - sottolinea - possono essere soltanto aziende e sindacati che si collocano in quel sistema interconfederale". "Dunque l'intesa del 21 settembre, a ben vedere, non depotenzia la nuova norma legislativa - rimarca Ichino - ma ribadisce ciò che è scritto nel suo primo comma. L'articolo 8 è depotenziato, semmai, da alcuni suoi gravi difetti di formulazione, che ne fanno una base poco sicura su cui fondare un piano industriale serio. L'unico modo per evitare i rischi derivanti da questi difetti è restare ben ancorati all'accordo interconfederale".

Ichino sottolinea che "l'accordo interconfederale al punto 3 riconosce espressamente che 'la contrattazione collettiva aziendale si esercita per le materie delegate, in tutto o in parte, dal contratto nazionale o dalla legge'. Attenersi all'accordo del 28 giugno, dunque, non impedisce affatto di cogliere la parte buona delle opportunità che l'articolo 8 offre al sistema delle relazioni industriali, anche in termini di sostituzione della vecchia disciplina legislativa con disposizioni nuove; ma consente di coglierla con la certezza della tenuta dell'accordo aziendale".
Per il giuslavorista, l'accordo del 28 giugno non esce comunque depotenziato dalla decisione del Lingotto. "Anche perché la Fiat in questo modo - spiega - non avrà affatto una maggiore libertà di contrattazione. E' proprio l'articolo 8 del decreto a riservare ogni nuovo spazio di contrattazione agli accordi aziendali stipulati nel quadro degli accordi interconfederali. Questo induce a pensare che, in concreto, l'uscita della Fiat da Confindustria avrà qualche rilievo soltanto sul piano degli equilibri interni dell'associazione imprenditoriale, ma non sul sistema delle relazioni industriali".
Secondo il giuslavorista, la decisione di Marchionne di voler collaborare solo con alcune organizzazioni territoriali di Confindustria e in particolare con l'Unione Industriali di Torino, è "certamente uno strappo nelle relazioni industriali". "D'altra parte, il principio del pluralismo sindacale, nel nostro sistema costituzionale, non vale solo per i lavoratori: vale anche - sottolinea - per gli imprenditori. Ora nessuno può prevedere con sicurezza che cosa accadrà; potrebbe anche non accadere nulla di davvero rilevante". Per Ichino, una utilizzazione buona, ma incisiva, delle opportunità offerte dall'articolo sarebbe "l'attivazione, secondo le modalità previste nell'accordo interconfederale, della sperimentazione di un modello equilibrato di flexsecurity per le nuove assunzioni". "Oppure - conclude - la contrattazione di una disciplina dei rapporti di lavoro semplice, facilmente traducibile in inglese, che sostituisca le migliaia di pagine della nostra legislazione di fonte nazionale, che sono diventate ormai illeggibili".

[Informazioni tratte da Repubblica.it, Adnkronos/Ign]

 

 

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04 ottobre 2011
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