"Lamiere": un mondo freddo dietro ferro rovente
La Sicilia incontra Soweto, una finestra sulla vita delle baraccopoli . . . e sulla nostra interiorità perduta
Caltagirone: Oltre gli albori gelidi dell'autunno la Città della Ceramica ci concede, nell'intima sede dell' ex Corte Capitaniale, uno scorcio per nulla romantico su un presente che non sentiamo del tutto nostro. E' quello della baraccopoli di Soweto in una squallida periferia di Nairobi, Kenia. Il diario del viaggio di un uomo, Gianluca Uda, appassionato di fotografia e collaboratore dell'associazione benefica "L'Africa chiama" che dal 2003 si occupa del sostentamento di migliaia di famiglie in difficoltà. Spettatore errante di realtà nude e vestite di spento disincanto.
La mostra, tenutasi dal 3 all'11 Novembre scorso, è stata allestita con la collaborazione di Paolo Buda, amico del fotografo/scrittore e anch'esso visitatore della baraccopoli. Dopo innumerevoli itinerari nei luoghi più poveri e dimenticati del pianeta (dalla Tanzania, alla Bolivia, allo Sri Lanka) oggi Uda ci prende per mano e ci conduce in questo infuocato angolo africano, visto con gli stessi occhi dell'ultimo dei bimbi seduti tra quella polvere riarsa dal sole. Fotogrammi nitidi, che parlano col linguaggio dell'anima disegnando scenari di vita quotidiana, attimi di mera consolazione, sguardi carichi di anni di sconforto e rassegnazione. Proseguendo lentamente in sequenza cresce dentro un senso di inadeguatezza nello scorgere donne inermi alla malattia, che offrono il loro corpo come merce di scambio come se questo fosse deciso da un empio, sovrano, destino. Nel contempo un impeto di tenerezza invade il cuore all'apparire di una mamma, bella come ogni altra mamma, ed il suo bimbo. Un velo di mestizia sfiora la figura di un'esile bicicletta e del suo minuto passeggero che, identico ad ogni altro bimbo, pedala tra ferri vecchi e sporcizia. Un uomo scappa nell'agonia dell'alcool, un minuscolo, leggero abito di bimba scheggia il grigio del sudiciume. Immagini che dipingono contrasti inequivocabili, luci ed ombre, avorio su ebano. Un'unica frase le accompagna, quasi un monito, una sentenza. La stessa che incombe su quelle vite che non vogliono lottare, non possono… forse dovrebbero.
Ma perché poi? Non è forse quella l'unica alternativa possibile? E ci si ritrova, quasi senza esserne consapevoli, a mettere in discussione ogni pilastro della propria esistenza. E alla fine del percorso, ancora una volta, quegli occhi a cui il vento ha rubato l'infanzia osservano te, ti stanno aspettando. Perché sanno che ormai fanno parte di te e ad ogni minimo richiamo saranno li a ricordarti quanto la tua vita abbia saputo donarti. Ecco la bellezza che si erge dietro l'animo umano, ancora capace di cogliere nell'altro la medesima essenza che compone se stesso.
Gloria Sinatra