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''Lumia si può uccidere''. La sentenza di morte decretata da Provenzano nei confronti del parlamentare Ds Giuseppe Lumia

21 febbraio 2007

''Lumia si può uccidere''. Una vera e propria sentenza di morte nei confronti dell'ex presidente della Commissione antimafia, Giuseppe Lumia (Ds) era stata decretata nel 2000 dai vertici di Cosa nostra, con in testa Bernardo Provenzano.
La conferma è giunta nei giorni scorsi dalle parole di Maurizio Di Gati, ex boss di Agrigento, che dopo essere stato arrestato nel novembre 2006 ha cominciato a collaborare di giustizia. Conferma alle dichiarazioni del pentito Nino Giuffrè, ex boss di Caccamo e braccio destro di Bernardo Provenzano. Secondo le sue dichiarazioni, i boss erano infastiditi dalle frequenti iniziative contro la mafia che il parlamentare teneva soprattutto nel territorio delle Madonie, in provincia di Palermo. L'idea di eliminarlo era maturata nel 2000 quando Lumia era il presidente della Commissione Antimafia e il piano aveva ricevuto l'avallo, secondo Giuffrè, anche dello stesso Provenzano.
Per questo piano omicida sono stati sono firmati i provvedimenti dal giudice Donatella Puleo, su richiesta del procuratore aggiunto Sergio Lari e del sostituto Michele Prestipino, che riguardano Domenico Virga, 43 anni, capomafia di Gangi (Palermo), già detenuto, e Salvatore Fileccia, di 42, ritenuto uomo d'onore della famiglia mafiosa di ''Palermo Villagrazia''.

I due collaboratori, per i quali la procura sta procedendo per queste accuse separatamente, sostengono che si erano procurati, attraverso Virga e Fileccia, una serie di armi, fra cui mitragliatori Kalashinikov, che dovevano servire per uccidere il parlamentare. I fucili mitragliatori provenivano dagli agrigentini e ancora adesso, secondo i pentiti, sono nella disponibilità dei boss palermitani.
Le armi che dovevano essere utilizzate per uccidere Giuseppe Lumia, erano state consegnate, secondo il pentito Maurizio Di Gati, direttamente a Domenico Virga e Salvatore Fileccia.
Per mettere in pratica il piano di morte, Nino Giuffrè aveva scelto due persone: i cugini Pino e Giuseppe Rizzo, della famiglia mafiosa di Cerda.

Giuffrè ha spiegato ai pm che l'idea di uccidere Lumia era nata nel 2000 dopo un incontro con Provenzano.
''Lumia era molto attivo nei discorsi antimafia - ha affermato Giuffrè - allora se ricordo bene, addirittura era il Presidente dell'Antimafia nazionale e io ero particolarmente e in prima persona, uno dei suoi nemici, perché lui gravitava in modo particolare nella zona di Termini Imerese, ma in modo particolare nella zona di Caccamo''. ''Lumia - ha aggiunto il pentito - martellava sempre in modo particolare contro di me nell'ambito politico, anche dopo l'uccisione di Nico Geraci, frequentava altri comuni nel mio mandamento, fra cui in modo particolare Roccapalumba e Vicari, ma frequentava anche altri comuni del mandamento di Corleone. Un giorno, trovandomi con Provenzano, prendendo lo spunto che lo stesso onorevole Lumia fosse stato in qualche paesino nel Corleonese, e si scagliava contro di noi... Provenzano mi dice, quasi casualmente, ad arte, 'Si, ma tu quasi quasi, che fai? Tu lo vuoi... lo vuoi uccidere?'. Lei la mia posizione la sa, gli ho risposto, e lui 'Se tu sei d'accordo, se tu lo vuoi fare, è il tuo territorio...'. Risposi subito che lo volevo fare. E siamo rimasti che l'onorevole Lumia doveva essere ucciso''.
''Ricordo - ha aggiunto inoltre Giuffrè - che mi disse: ti raccomando, senza premura, facciamo le cose perbene, facciamo magari un discorso a livello di un incidente, perché è un discorso che fa un pochino, un pochino di rumore, però poi ho potuto capire che... e questo lo potrebbe capire l'onorevole Lumia, non era che Provenzano stava facendo un favore a me, mi voleva usare. Dietro tutto questo discorso di Lumia c'erano sicuramente degli interessi più grandi, e politici e imprenditoriali. Non voglio andare volutamente ad aggiungere altro, mi dispiace''.

Giuffrè si è dunque fermato a questa dubbia affermazione. Poi ha riflettuto che l'omicidio di un politico avrebbe portato reazioni ''catastrofiche'', e ''prima di tutte - ha detto Giuffrè - nei miei confronti. Così ho riflettuto con calma ed ho valutato se un uomo morto deve fare più danno che da vivo, e ho detto: andiamoci piano''. ''Posso dire - ha affermato in fine Giuffrè - che in un certo qual modo ho babbiato, (scherzato) questo non l'ho detto mai a nessuno, l'ho detto a me stesso e ho preso tempo, e adesso siamo qua''.
Lumia ha avuto salva la vita grazie proprio all'arresto di Giuffrè avvenuto il 16 aprile 2002. Il boss non ha avuto il tempo di preparare il piano. Ma quando è finito in cella ha pensato che quell'idea ''offerta'' da Provenzano poteva anche essere una trappola che gli stava preparando il capo dei capi. Inizia così la collaborazione di Giuffrè con la giustizia, raccontando subito il piano di morte che avevano organizzato e spiega il motivo per il quale portava chiuso nel proprio marsupio la foto di Lumia che gli è stata sequestrata il giorno dell'arresto.

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21 febbraio 2007
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