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''Mafia Spa'' a gonfie vele

Un giro d'affari annuo che si aggira attorno ai 77 miliardi. La mafia è tra le ''aziende'' più ricche d'Italia

25 luglio 2006

Il giro di affari annuo della mafia si aggira intorno ai 77 miliardi di euro l'anno tra usura, racket, furti, rapine, contrabbando e abusivismo con oltre un milione di commercianti colpiti in Italia. Le mani della mafia sul commercio e le attività imprenditoriali, frutta all'incirca 200 milioni di euro al giorno.
Sono questi, in breve, gli spaventosi introiti della mafia che emergono dal IX rapporto annuale di Sos Impresa-Confesercenti, ''Le mani della criminalità sulle imprese'', presentato ieri mattina dal presidente nazionale della Confesercenti, Marco Venturi, ad apertura dei lavori dell'Assemblea nazionale di Sos impresa.
Introiti che vengono alla criminalità organizzata da attività all'apparenza lecite, come commercio, turismo, ristorazione e grande ditribuzione. ''Ogni giorno 200 milioni di euro passano dalle mani degli imprenditori a quelle dei mafiosi e di questi 80 milioni sono a vario titolo sborsati dai commercianti italiani'', si legge nel rapporto, che evidenzia come la mafia abbia raggiunto un fatturato di 75 miliardi di euro ''pari a un colosso come l'Eni, doppio di quello della Fiat e dell'Enel, dieci volte maggiore di quello della Telecom''.

Usura e Racket coprono quasi la metà di questo enorme fatturato: la prima voce movimenta denaro per 30 miliardi di euro e per i 150 mila commercianti colpiti rappresenta costi per circa 12 miliardi; la seconda copre un giro di dieci miliardi e riguarda 160 mila commercianti, costretti a sborsare un totale di sei miliardi di euro.
Drammatici i numeri del rapporto di Confesercenti, che riguardano la Sicilia, dove il 70% dei commercianti paga il pizzo.
Il rapporto ha tracciato una vera e propria ''mappa del pizzo'' d'Italia, e questa interessa per la maggior parte la Sicilia, dove 50.000 commercianti (il 70% del totale) sono coinvolti dal fenomeno. Le province nelle quali è più opprimente la presenza del racket sono Palermo, Trapani, Agrigento, Caltanissetta, Messina ed Enna. Seguono la Calabria, con 15.000 commercianti sotto pressione, e la Campania, dove sono 40.000 i commercianti taglieggiati.
Nel rapporto è stata anche stilata una classifica per province in base all'Ise (Indice sintomatico di fatti estorsivi), ottenuto incrociando i dati delle denunce con quelli di altri reati sintomatici di intimidazioni alle aziende e di richieste di pizzo (incendi dolosi e attentati dinamitardi). Tutte e 9 le province siciliane sono ai primi 9 posti. La graduatoria è guidata da Vibo Valentia, con l'Ise che si attesta a 16,2. Segue la prima delle siciliane, Caltanissetta, con 15,4. Al quarto posto Messina (9,5), al sesto Enna (7), seguita nell'Isola da Siracusa, che è settima a livello nazionale con 6,9. Seguono Palermo (nona con 6,3), Ragusa (14esima con 5), Agrigento (16esima con 4,7), Trapani (al 17° con 4,5) e Catania (20esima con 3,5).

''Nella Sicilia occidentale - si legge nel rapporto di Sos Impresa - la situazione di Palermo è assimilabile a quella della provincia di Trapani: stessa pervasività, stessa omertà. Più in generale si continua a svelare l'esistenza di una rete di fiancheggiatori nei più svariati settori della società, dell'economia e della politica. Tira un'aria nuova a Gela, da sempre sottoposta da una fortissima pressione estorsiva, ma sulla quale cresce una volontà di opposizione e di non rassegnazione''.
Nel rapporto si legge inoltre che per riscuotere ed estorcere la mafia assolda una manovalanza sempre più giovane e il rapporto sottolinea come spessissimo ad imporre il pizzo siano minorenni.
E' aumentata poi l'influenza delle associazioni a delinquere nei settori strategici dell'agricoltura, del comparto ittico e delle carni. L'attività dell'agromafia frutta alla malavita ogni anno oltre 7,5 miliardi di euro, attraverso il controllo illecito delle vendite, che obbliga gli agricoltori a cedere prodotti a prezzi stracciati.
Confesercenti sottolinea con preoccupazione ''la capacità delle cosche di intervenire con proprie imprese nelle relazioni economiche, stabilendo collegamenti collusivi con la politica e la burocrazia soprattutto per il controllo del sistema degli appalti e dei servizi pubblici''. E' un'attività, spiegano gli analisti della Confesercenti, che si sviluppa con la trasformazione della struttura stessa dell'organizzazione criminale: ''Emerge una 'borghesia mafiosa', una 'mafia dalla faccia pulita', costituita da gruppi di imprenditori, professionisti , amministratori che, in cambio di favori, curano gli interessi locali dei clan, il più delle volte prendendone le redini''.
Per prelevare denaro e per reinvestirlo la mafia si infiltra soprattutto nel commercio e nel turismo, ma la sua organizzazione tentacolare interessa anche l'industria del divertimento, la ristorazione veloce, i supermercati, gli autosaloni, i settori della moda e perfino dello sport.

''Molte sono le iniziative e le proposte avanzate dalle associazioni antiracket, come 'I treni della legalità' , la nascita da parte dei ragazzi di Palermo del 'Comitato Addio Pizzo', e i precedenti rapporti di Sos Impresa-Confesercenti che hanno sempre denunciato e lanciato l'allarme sulla criminalità organizzata - ha detto il presidente dell'associazione dei commercianti, Marco Venturi -, che specialmente nel Sud d'Italia crea forti limiti allo sviluppo e agli investimenti''. ''Serve un nuovo e più forte spirito di collaborazione con il ministero dell'Interno e le forze dell'ordine - ha aggiunto -. Vogliamo che sia lo Stato a creare le condizioni di legalità e sviluppo per il nostro Mezzogiorno''.

''Dedichiamo questo rapporto annuale di Sos Impresa a Fedele Scarcella, ucciso dalla criminalità organizzata il 10 giugno scorso, con l'invito a non abbassare mai la guardia e a denunciare sempre i fenomeni estorsivi, nel segno di un cambiamento culturale e a favore delle politiche di sviluppo e della cultura della legalità'', ha detto Lino Busà, presidente di Sos Impresa. ''Il nostro rapporto - ha aggiunto - tende soprattutto a descrivere uno spaccato della criminalità organizzata , è più una lettura di esperienze vissute in prima persona che non una taratura scientifica del fenomeno della criminalità organizzata, che è in aumento un po' ovunque e si conferma un fenomeno sociale diffuso che si espande secondo la congiuntura economica, andando a colpire soprattutto famiglie povere e microimprese. Una situazione che si è aggravata ulteriormente nel triennio 2003-2005 a causa della crisi del commercio con la chiusura di 165.000 attività e 50.000 alberghi e pubblici esercizi. Quello che intendiamo rimarcare - ha concluso Busà - è il fatto che non è presente un strategia di contrasto di qualità da parte delle istituzioni contro le mafie e i fenomeni del racket e dell'usura ed è necessario un cambiamento culturale e politico in questa direzione''.

- IX rapporto SOS Impresa - ''Le mani della criminalità sulle imprese''

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25 luglio 2006
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