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"No ai demagoghi di turno"

Nel giorno della Liberazione, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, contro l'anti-politica

26 aprile 2012

Non si può "dar fiato a qualche demagogo di turno. La campagna contro i partiti come tali, tutti in blocco, cominciò prestissimo dopo che essi rinacquero con la caduta del fascismo. E il demagogo di turno fu allora il fondatore del movimento dell''Uomo qualunque'". Lo ha ricordato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, celebrando a Pesaro il 25 aprile, dopo aver in precedenza deposto una corona d'alloro davanti alla tomba del Milite Ignoto al Vittoriano. "Un movimento - ha detto il capo dello Stato - che divenne naturalmente anch'esso un partito e poi in breve tempo sparì senza lasciare alcuna traccia positiva per la politica e per il Paese".
"Ci si fermi a ricordare e a riflettere prima di scagliarsi contro la politica" ha ammonito il capo dello Stato. Napolitano, a tratti commosso, ha citato le parole di Giacomo Ulivi, uno studente di Parma di 19 anni condannato a morte e fucilato il 10 novembre 1944, il quale, tra l'altro, scriveva che "allontanarsi il più possibile da ogni manifestazione politica è stato il più terribile risultato di un'opera di diseducazione ventennale", che ha diffuso pregiudizi, "fondamentale quello della sporcizia della politica", mentre invece "la cosa pubblica è noi stessi". "Il messaggio di quel giovanissimo eroe - ha sottolineato Napolitano - non restò isolato né vano. Se fu possibile far rinascere l'Italia, lo fu perché moltissimi, sull'onda della Liberazione, si avvicinarono alla politica, non considerandola qualcosa di sporco, ma vedendo la cosa pubblica come affare di tutti e di ciascuno". "I partiti antifascisti - ha detto il presidente della Repubblica - furono innanzitutto la guida ideale della Resistenza che non si identificò con nessuno di essi, che non ebbe un solo colore, che si nutrì di tante pulsioni e posizioni diverse, ma dai partiti trasse il senso dell'unità e la prospettiva della democrazia da costruire nell'Italia liberata".

"Oggi - ha affermato il capo dello Stato - cresce la polemica, quasi con rabbia, verso la politica, e si prendono per bersaglio i partiti come se ne fossero il fattore inquinante. Ma per capire e non cadere in degli abbagli fatali, bisogna ripartire proprio dagli eventi che oggi celebriamo. Come dimenticare che proprio dagli anni lontani della Resistenza i partiti divennero, e sono per un lungo periodo rimasti, l'anima ispiratrice e il corpo vivo e operante della politica?". "I partiti furono i promotori e i protagonisti, sospinti dalla forza del voto popolare, dell'Assemblea costituente, dando vita a quella Costituzione repubblicana che costituisce tuttora la più solida garanzia dei valori e dei principi che scaturirono dalla Resistenza. E anche quando si ruppe l'unità antifascista e la politica si fece aspra competizione democratica, furono i partiti e fu la partecipazione popolare alla vita politica e sociale che resero possibile uno straordinario progresso dell'Italia senza lacerazioni dell'unità nazionale". "Con il passare dei decenni - ha proseguito Napolitano - sono venute le stanchezze e le degenerazioni della politica e dei partiti. Tutti hanno mostrato limiti e compiuto errori, ma rifiutare i partiti in quanto tali dove mai può portare? Nulla ha potuto e può sostituire il ruolo dei partiti nel rapporto con le istituzioni democratiche. Occorre allora impegnarsi perché dove si è creato del marcio venga estirpato". "Occorre impegnarsi - ha insistito - perché i partiti ritrovino slancio ideale, tensione morale, capacità nuova di proposte di governo, senza abbandonarsi ad una cieca sfiducia nei partiti come se nessun rinnovamento fosse possibile". "Oggi - ha poi rimarcato - si sono create condizioni più favorevoli per giungere a riforme condivise, anche per definire norme che sanciscano regole di trasparenza e democraticità nella vita dei partiti, compresi nuovi criteri, limiti e controlli per il loro finanziamento".

Napolitano è anche tornato a sottolineare la necessità di varare "una nuova legge elettorale che restituisca ai cittadini la possibilità di scegliere i loro rappresentanti e non di votare dei nominati dai capi dei partiti". Per il presidente della Repubblica, inoltre, "la politica, i partiti, devono, rinnovandosi decisamente, fare la loro parte, nel cercare e concretizzare risposte ai problemi più acuti, confrontandosi fattivamente col governo fino alla conclusione naturale della legislatura". "Rinnovamento, fiducia e unità - ha proseguito - sono le condizioni per guardare positivamente a tutti i problemi economici e sociali che ci assillano e che presentano aspetti drammatici per le famiglie in condizioni più difficili, per quanti vedono a rischio il posto di lavoro e per quanti sono, soprattutto tra i giovani, fuori di concrete possibilità di occupazione. Ed è questo il nostro assillo più grande: aprire prospettive più certe e degne di lavoro e di futuro per le giovani generazioni". "Devono fare la loro parte le Istituzioni, dal Parlamento e dal governo nazionale ai Comuni, peraltro condizionati oggi da gravi ristrettezze. Dobbiamo fare tutti la nostra parte - ha ammonito ancora Napolitano - con realismo, consapevolezza, senso di responsabilità, sapendo che le possibilità di ripresa e di rilancio dello sviluppo economico e sociale del Paese, sulla base di una giusta distribuzione dei sacrifici necessari, sono legate anche ad un grande insieme di contributi operosi e di comportamenti virtuosi che vengano dal profondo della società e ne rafforzino la coesione".
"Potremo riuscirci - ha concluso il capo dello Stato - ispirandoci nel modo migliore agli insegnamenti e all'esempio della Resistenza. Trasmettiamo questo messaggio di convinzione e di speranza nella giornata del 25 aprile", festa della Liberazione che ''è anche festa della riunificazione dell'Italia, brutalmente divisa in due dopo l'8 settembre del 1943 dall'occupazione tedesca".

Alla tomba del Milite Ignoto, insieme con Napolitano e i presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani, anche il presidente del Consiglio Mario Monti. "Di fronte a una fase certamente difficile da cui non siamo ancora usciti", occorre "ri-generare un'esperienza di liberazione, meno drammatica, certo, di quella che oggi ricordiamo, ma un'esperienza di liberazione da alcuni modi di pensare, modi di vivere ai quali ci eravamo troppo abituati e che impedivano però al Paese di proiettarsi nel futuro, di guardare ai propri giovani". Queste le parole del premier, che ha poi visitato il Museo storico della Liberazione di via Tasso.  "Qui - ha ricordato Monti - abbiamo visto sui muri di questo museo, nelle fotografie l'evidenza, l'esperienza drammatica di giovani che hanno contribuito con la loro sofferenza, con la loro iniziativa, con la loro morte, alla liberazione dell'Italia. Oggi, ciò che viene richiesto a ciascuno di noi è meno grave, è meno drammatico, ma richiede la stessa intensità complessiva e corale di impegno e sono sicuro che tutti insieme riusciremo a produrre questo grande sforzo". Monti ha quindi sottolineato che "gli italiani stanno facendo grandi sacrifici e qui vorrei ringraziarli per il loro sforzo e per il loro impegno per il risanamento del Paese. Uno sforzo che mi auguro sia anche compreso e condiviso dalle forze politiche, economiche e sociali, tutti devono dare il loro contributo. Il rigore che oggi la situazione ci impone porterà gradualmente ad una crescita sostenibile e al lavoro, indispensabile per dare speranza ai giovani". "Se tutti lavoreremo insieme, così come fecero i nostri padri, dopo le macerie della seconda guerra mondiale, potremo consegnare ai nostri figli un'Italia migliore, più dinamica, più giusta. E' questa l'Italia per cui lavoriamo", ha concluso il presidente del Consiglio, sottolineando che il 25 aprile "è la festa di liberazione di tutti gli italiani, un pilastro fondamentale insieme al Risorgimento". [Adnkronos/Ign]

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26 aprile 2012
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