"Noi non abbiamo visto nessuno"
Il Csm in visita a Palermo per solidalizzare con i pm minacciati, che però non ha incontrato...
Il controsenso è palese. Una delegazione del Consiglio superiore della magistratura si reca appositamente a Palermo per manifestare la solidarietà nei confronti dei magistrati della Procura oggetto di "gravi intimidazioni" e per individuare "i concreti interventi" da realizzare per "favorire un sereno ed efficiente esercizio della giurisdizione in quel territorio", ma non incontra quei magistrati vittime delle intimidazioni.
E' proprio quello che è successo ieri...
"Abbiamo incontrato i vertici degli uffici e siamo qui per esprimere vicinanza a tutti i magistrati, noti e meno noti", ha detto il vicepresidente del Csm, Michele Vietti.
"Se Nino Di Matteo (uno dei pm minacciati, ndr) fosse stato qui sarei stato pronto a testimoniargli con un abbraccio la mia vicinanza, ma non lo vedo", ha affermato Vietti. "Noi non dobbiamo fare chiacchiere, ma fatti - ha proseguito - e cercare di capire se possiamo fare qualcosa per migliorare l'organizzazione del lavoro".
Ai giornalisti che gli chiedevano perché i pm minacciati non fossero stati presenti agli incontri con la delegazione, Vietti ha risposto: "Non siamo noi gli organizzatori".
A stretto giro di posta è arrivata la precisazione di Nino Di Matteo. "Nella delibera del Csm non era previsto alcun incontro con noi, né qualcuno che ha chiesto di partecipare. Ne prendo atto e non sono sorpreso".
Di tono fiverso, invece, le dichiarazioni di un altro magistrato minacciato da Riina, il pm Roberto Tartaglia: "Siamo rimasti in ufficio tutta la giornata mi aspettavo che un incontro sarebbe stato chiesto al di là della delibera del Csm". Le parole di Tartaglia sono state condivise dall'aggiunto Vittorio Teresi che coordina il pool che indaga sulla trattativa Stato-mafia vittima delle minacce di Totò Riina. Mentre l'altro pm del gruppo, Francesco Del Bene, ha manifestato un'amarezza condivisa con gli altri pm. "Siamo molto amareggiati - ha detto Del Bene - non ci aspettavamo che il Csm venisse a Palermo per esprimere solidarietà ai magistrati minacciati e non ci incontrasse. Io, come anche gli altri, non ho ricevuto alcuna comunicazione dell'incontro".
Le puntualizzazioni dei magistrati palermitani hanno trovato risposte "diplomatiche": il vicepresidente del Csm ha ribadito la sua estraneità rispetto ai fatti. "Non possiamo selezionare noi i magistrati da incontrare - ha detto Vietti - noi esprimiamo solidarietà a tutti i magistrati, noti e non noti".
Ufficialmente il Consiglio rimanda al mittente le accuse: "Risultano attivate dalle autorità competenti le necessarie misure di prevenzione per i magistrati oggetto di minacce e di intimidazioni" si legge in una nota del Csm. "Sono altresì emersi - prosegue la nota del Csm - profili organizzativi meritevoli di approfondimento nelle competenti articolazioni consiliari. La delegazione, a nome dell'intero Consiglio, ha testimoniato piena e convinta solidarietà a tutti i magistrati impegnati nel contrasto alla criminalità anche a rischio della propria incolumità personale, esprimendo vivo ringraziamento e apprezzamento per la fondamentale opera di presidio della legalità quotidianamente svolta". "La delegazione - informa infine la nota - riferirà al Consiglio gli esiti della visita perchè sia mantenuta viva e costante l'attenzione sulla delicata situazione degli uffici del distretto".
Ieri pomeriggio, a sostegno di Di Matteo, a Palermo si è svolta una manifestazione con un corteo che ha raggiunto il Palazzo di Giustizia. "Noi cercheremo di continuare a fare il nostro dovere consapevoli che il nostro è un ruolo di servizio - ha detto Di Matteo incontrando i manifestanti - queste manifestazioni spontanee sono importanti anche più dei silenzi. Non hanno capito niente. Il magistrato politicizzato è un altro tipo di magistrato - ha aggiunto - non quello che sente il bisogno di venire tra la folla per ringraziare di fronte a queste manifestazioni".
Anche il procuratore aggiunto Vittorio Teresi è uscito dal tribunale per un saluto al corteo organizzato in sostegno della Dda. "Guardando poco fa dalla finestra - ha detto - ho riconosciuto immediatamente un gesto di solidarietà spontanea, quindi sono uscito dal palazzo di giustizia e sono sceso perché mi sono sentito invocato dalle loro voci. Sentiamo provenire, infatti, da quei cittadini che hanno capito che tutti i processi vanno fatti, che poi il consuntivo si fa alla fine, quando arriva la sentenza, che sia di assoluzione o di condanna, e che verrà fuori da un accertamento serio. Questa è una manifestazione di solidarietà e vicinanza che viene dal cuore e non è una passerella".
Al corteo in sostegno dei magistrati Dda c’era anche Antonio Ingroia, ex magistrato e oggi leader di Azione civile. "Non penso sia Totò Riina ad avere più paura del magistrato Nino Di Matteo, ma sono tutti gli impuniti e responsabili delle stragi del '92-93 e della trattativa, mandanti a volto coperto che purtroppo non sono ancora stati individuati, perché protetti dalla politica che ha ostacolato in tutti i modi la Procura di Palermo in tutti questi anni".
"Che il Csm oggi non abbia fatto un'ipocrita visita ai magistrati più esposti che indagano sulla trattativa Stato-mafia è stato più onesto e coerente rispetto a come il Csm si è comportato fino a ora. Purtroppo non sono meravigliato", ha aggiunto Ingroia commentando il mancato incontro tra la delegazione del Csm e i magistrati della Dda di Palermo. "L'approccio burocratico che ha avuto da anni rispetto al tema dell'isolamento e della sicurezza dei magistrati più impegnati sul tema della lotta alla mafia, e soprattutto nei confronti di quelli che hanno toccato certi fili come mafia e politica, mafia e istituzioni, non è stato mai di sostegno ma di critica e denigrazione, di isolamento e talvolta persino di persecuzione. E la politica ha un modo un po' vile di affrontare la questione delle minacce ai magistrati, puntando il dito come se fosse una questione personale tra Riina e Di Matteo", ha detto ancora Ingroia. "La politica invece - ha concluso l'ex pm - deve fare la sua parte in altro modo, cacciando dalle istituzioni chi ha ostacolato le indagini sulla trattativa e sta ancora al suo posto, anche molto in alto. Quando anche in passato ci sono stati interventi, anche a partire dal capo dello Stato, non sono certo stati di sostegno e incoraggiamento alla azione della magistratura".
La manifestazione chiamata "Mai più accordi fra Stato e mafia" è partita da Facebook e si è svolta in contemporanea in altre città di Italia. I manifestanti hanno espresso "profonda preoccupazione per il timore che dietro i rabbiosi messaggi di morte di Riina si nasconda una strategia più ampia e oscura, che impone un'attenzione alta e permanente". Per strada anche il sindaco Leoluca Orlando. "A noi le beatificazioni non interessano, difendiamo i magistrati da vivi", si leggeva su un cartello del corteo, partito da piazza Politeama e concluso a Palazzo di Giustizia.
[Informazioni tratte da ANSA, Adnkronos/Ign, Lasiciliaweb.it, Repubblica/Palermo.it]