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"Non ci bastano più 'coriandoli' di verità"

19 luglio 1992: la strage di via D'Amelio. C'è purtroppo una Palermo che dimentica, ma c'è ne un'altra che ricorderà per sempre

18 luglio 2011

Un piccolo corteo, non più di 100 persone in tutto, ieri ha mosso i passi da via D'Amelio, luogo della strage costata la vita al giudice Paolo Borsellino e alla sua scorta, di cui domani, martedì 19 luglio, ricorre il 19esimo anniversario. Ad aprire il corteo un grosso cartello con scritto "Mangano e Dell'Utri a voi. Borsellino e Falcone sono i nostri eroi". Dietro, i giovani delle Agende Rosse.
La meta è stata il Castello Utveggio, luogo assurto a simbolo dei tanti misteri ancora aperti sull'eccidio ed ex centro di ascolto dei Servizi Segreti, in una faticosa scarpinata lungo il Monte Pellegrino. In mano le agende rosse, emblema anche questo di una verità ancora tutta da scoprire, in ricordo del diario in cui il magistrato appuntava pensieri e scoperte investigative, sparito dal luogo dell'attentato.
Pochissimi i palermitani, poco più di una decina, perchè il popolo delle Agende Rosse presente alla prima delle manifestazioni organizzate per l'anniversario della strage, ieri è stato composto prevalentemente di persone venute da fuori: Bari, Milano, Roma, Firenze...
"Questa è una città che dimentica tutto, una città senza speranza", dice Enza, funzionaria regionale di Palermo che ogni anno è in via D'Amelio a ricordare il magistrato e gli agenti morti. "È che questa - continua la funzionaria regionale - è una città spenta, che ha rinunciato a lottare. Figuriamoci se ha interesse a ricordare".
Cerca di sdrammatizzare, invece, Salvatore Borsellino, fratello del magistrato e anima del movimento delle Agende Rosse. "Evidentemente - ha detto - i palermitani non se la sentono più di fare una simile scarpinata con questo caldo, come facevamo noi da giovani. Diciamo che questa marcia è solo per resistenti doc".

L'ironia di Salvotore Borsellino finisce però quando torna a ribadire un concetto chiaro e pesante come uno dei più pesante macigni della Storia Italiana: "È stata una strage di Stato". "L'agenda rossa su cui Paolo appuntava tutto e che teneva sempre con sè - ha spiegato - è la chiave di volta di tutto. Chi ha ucciso mio fratello sapeva che l'aveva con sè e la voleva perchè poteva essere uno strumento rivelatore di quei ricatti incrociati che hanno retto gli equilibri di questa disgraziatissima seconda Repubblica".
Per la scomparsa del diario venne indagato un ufficiale dell'Arma, ma l'inchiesta è stata archiviata con sentenza della Cassazione. "Sono felice che il procuratore di Caltanissetta, che è subentrato a Tinebra - ha aggiunto Borsellino - abbia riaperto l'indagine". (notizia giornalistica mai confermata dalla Procura, ndr).
Per Salvatore Borsellino l'altro simbolo di una verità mai pienamente conosciuta è il Castello Utveggio, ex centro di ascolto dei Servizi segreti da cui si ipotizzò potesse essere giunto il via libera all'attentato - dal promontorio su cui si trova si vede benissimo via D'Amelio - e per questo meta finale della marcia delle Agende Rosse. "Le ultime indagini fatte da pm che vanno avanti nonostante gli attacchi - ha detto Borsellino - dicono che il telecomando che fece esplodere l'autobomba fu azionato da via D'Amelio, dietro al palazzo di mia madre, ma per me il castello resta la cabina di regia di questa strage di Stato. Tanto è vero - ha concluso - che venne frettolosamente smantellato dopo le prime indagini".

"Paolo fu ucciso qui, sotto casa di nostra madre, perchè era spiato e si sapeva che veniva a trovarla con regolarità. Solo il prefetto di allora e il ministro Mancino potevano dire che non era un luogo a rischio. I killer hanno approfittato del fatto che quando Paolo veniva dalla madre abbassava anche le difese psicologiche". Salvatore ha ricordato poi il particolare modo del fratello Paolo di appuntare le sue visite alla famiglia. "Quando veniva a casa disegnava sull'agenda un cerchio, un punto e una freccia. Mi ha rivelato un collega che il cerchio era il nido, il punto mia madre, la freccia lui. Insomma - ha ricordato commosso - ritornava al nido".

Che dietro l'eccidio del giudice Paolo Borsellino non ci fu solo Cosa nostra, ne è certa anche Rita Borsellino, sorella del magistrato. "Qualche giorno prima che lo ammazzassero, Paolo ci disse: 'Quando mi uccideranno ricordatevi che non sarà stata solo la mafia'".
"Suo fratello venne eliminato perché aveva scoperto la trattativa tra Stato e mafia e voleva impedirla?" le hanno chiesto i cronisti durante la presentazione delle iniziative organizzate per ricordare la strage di via d’Amelio. "Non sono un investigatore - ha risposto - ma certo l’immagine di Cosa nostra col boss con la coppola e la lupara che organizza una cosa simile è riduttiva". "D’altro canto – ha detto ancora Rita Borsellino - Paolo proprio a ridosso della sua morte disse 'ho visto la mafia in diretta' e non si riferiva certo a incontri con uomini d’onore".
Anche sull’agenda rossa del fratello, dove Borsellino appuntava "incontri e sviluppi di indagini" e sparita dopo l’attentato, Rita ha le idee chiare: "nessuno può dubitare che sia esistita. Noi familiari l’abbiamo vista mille volte. L’aveva sempre con sé. Negarne l’esistenza significa accusarci di dire il falso". "Allora - ha proseguito – se non è stata rubata perché conteneva verità scomode, come mai, in tutte le perquisizioni fatte in casa e in ufficio, non è mai stata trovata?".
"Non ci bastano più 'coriandoli' di verità. La vogliamo sapere tutta. E deve essere tanto inquietante che preferiscono centellinarcela": con queste parole Rita Borsellino chiede di andare fino in fondo nelle indagini sulla strage di via D’Amelio. L’europarlamentare del Pd ha aggiunto: "da 19 anni rimbalziamo contro muri di gomma. Ci avevano propinato una verità che poi si è rivelata tutt’altro. Speriamo ora di ripartire dalla revisione del processo". Per Rita "è evidente che ci sono state reticenze anche istituzionali. Memorie ritrovate, personaggi che hanno ricordato cose a distanze di tempo. Comportamenti colpevoli che hanno ritardato il corso delle indagini".
Ai cronisti che le hanno chiesto se volesse fare un appello all’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, al centro di un "giallo" mai risolto su un suo presunto incontro con Borsellino 18 giorni prima della morte sempre smentito dal politico, ha risposto: "Non spetta a me chiedergli conto. Io rispetto i ruoli".

E c'è una Palermo che invece ricorda... - Tre giorni per ricordare la strage di via D’Amelio costata la vita al giudice Paolo Borsellino e agli agenti di polizia della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Cosina, Claudio Traina e Vincenzo Li Muli. Nel diciannovesimo anniversario dell’eccidio associazioni, magistrati e società civile si mobilitano con dibattiti, fiaccolate, cortei e incontri istituzionali.
Si è cominciato sabato 16 luglio con il corteo del popolo delle Agende Rosse. Di sera, grazie all'organizzazione dell'Arci Sicilia, alla Biblioteca comunale si è tenuto l'incontro "Legami di Memoria" con l’eurodeputato Silvia Costa,  con la quale si è parlato della "ricostruzione delle città e delle comunità impegnate in un cammino per ricostruire percorsi di democrazia e giustizia sociale".
Oggi, lunedì 18, le Agende Rosse si danno appuntamento davanti al Palazzo di Giustizia di Palermo organizzando un presidio a sostegno dei magistrati. Alle 18, invece, da via D’Amelio parte un corteo che raggiunge la facoltà di Legge organizzato dal Comitato Cittadinanza per la Magistratura. Sempre in facoltà, alle 20.30, si terrà il dibattito "Il quinto potere: le finalità dello stragismo tra depistaggi e verità storiche". Partecipano i magistrati Roberto Scarpinato, Antonio Ingroia, Nino Di Matteo e Salvatore Borsellino.

Nel giorno dell’anniversario, il 19, si alterneranno per tutto il giorno iniziative in via D’Amelio, luogo della strage. Contemporaneamente, al Tribunale di Palermo, i magistrati dell’Anm ricorderanno il giudice ucciso; mentre all’Ars, sede del parlamento siciliano, si terrà una commemorazione solenne. Alle 15 le iniziative si spostano in Municipio per l’incontro col ministro della Gioventù Giorgia Meloni che incontra i componenti della commissione Cultura.
Sul luogo della strage alle 16.58, ora dell’esplosione, Marilena Monti recita la poesia "Giudice Paolo" e alle 17.15 i pm Ingroia e Di Matteo e Vittorio Teresi e il giudice Leonardo Guarnotta partecipano all’iniziativa "Lettere a Paolo". Alle 20.30 poi la tradizionale fiaccolata da piazza Vittorio Veneto a via D’Amelio con il ministro Meloni e il sindaco di Roma Gianni Alemanno. Allo stesso orario, infine, a Villa Filippina l’appuntamento è con "Ricordando Paolo", un reading di racconti tratti dal libro "La Scelta – Storie da non dimenticare", antologia pubblicata da Novantacento edizioni e dedicata alle vittime della mafia. Stefania Blandeburgo leggerà il racconto "Elena" di Salvo Toscano, Rinaldo Clementi leggerà "Il raccoglitore" di Giuseppe Lo Bianco, che prenderà parte alla serata, Davide Enia trasporrà in scena il suo "Luglio 1992" e il magistrato Antonio Ingroia leggerà il suo "La ragazza triste e il giudice" dedicato a Rita Atria, e Maria Lufrano "La ragazza poliziotto" di Francesco Massaro. Al termine del reading, presentato dai giornalisti Tiziana Martorana e Salvo Toscano, sarà proiettato il film "La siciliana ribelle" di Marco Amenta, che sarà presente e interverrà prima della proiezione.

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, LiveSicilia.it]

 

 

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18 luglio 2011
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