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"Non ho falsificato alcun documento"

Massimo Ciancimino nega tutto e respinge ogni accusa, poi rivela: "Mi hanno consegnato un pacco bomba"

23 aprile 2011

"Non ho falsificato alcun documento". Massimo Ciancimino ha negato tutto e ha respinto le accuse della Procura di Palermo che l'altro ieri ha firmato il provvedimento di fermo nei confronti del figlio dell'ex sindaco di Palermo accusato di calunnia pluriaggravata nei confronti dell'ex capo della Polizia, Gianni De Gennaro.
Ciancimino ieri, durante le tre ore circa di interrogatorio davanti al procuratore aggiunto Antonio Ingroia e ai pm Antonino Di Matteo e Paolo Guido, ha negato qualunque tentativo di manomettere documenti tra quelli consegnati alla Procura.
In particolare, il figlio di "don Vito" è accusato di avere manomesso un documento consegnato il 15 giugno 2010 nel quale c'è il nome di Gianni De Gennaro cerchiato a penna. Ma, a quanto si è appreso, Ciancimino non sarebbe stato convincente per i magistrati di Palermo. Spetta adesso al gip di Parma, dove si è tenuto l'interrogatorio, decidere se convalidare il fermo.
Alla domanda sul perchè abbia manipolato lo scritto del padre allargando la lista degli uomini del "quarto livello" si aggiunge il dubbio che l'operazione non sia solo farina del suo sacco. Anche in questo caso, Ciancimino ha respinto, tra le lacrime, ogni accusa. "Non ho manomesso il foglio - ha ribadito ai pm di Palermo - nè so chi potrebbe averlo fatto".
Ma gli interrogativi rimangono. Qualcuno sta manovrando il superteste che ha parlato troppo? "È un'ipotesi che non si può scartare" ha detto il pm Ingroia che coordina l'inchiesta, lasciando intravedere la regia occulta di un "puparo" evocato dalle domande dei giornalisti. "Valuteremo tutto con attenzione", ha assicurato il procuratore aggiunto che tuttavia avverte: "Ci sono dichiarazioni di Ciancimino, riscontrate da elementi specifici, che stanno in piedi a prescindere dalla sua credibilità generica".

Il procuratore di Palermo Francesco Messineo difende la linea del suo ufficio. E a chi ha accusato la Procura di essersi appiattita sulle rivelazioni di Ciancimino ha replicato: "Credo che il provvedimento di fermo emesso nei suoi confronti ponga fine a tutte quelle illazioni assolutamente infondate circa un atteggiamento particolarmente morbido o protettivo della Procura nei suoi confronti". Ma tra gli uffici giudiziari di Palermo e di Caltanissetta potrebbe nascere un conflitto di competenza. Entrambi, infatti, indagano sullo stesso personaggio per la stessa ipotesi di reato nei confronti dello stessa "parte offesa". Presto il nodo potrebbe arrivare al pettine.
Da tre anni Ciancimino jr riversa sui tavoli dei magistrati di varie procure documenti del padre su una presunta trattativa tra lo Stato e la mafia nella quale sarebbero coinvolti uomini delle istituzioni e di strutture deviate: un concentramento di poteri e di figure di primo piano che costituirebbero una sorta di quarto livello.
Davanti alla mole di carte ripescate nell'archivio paterno e depositate a getto continuo, i magistrati si sono trovati di fronte a un labirinto di verità parziali o verosimili e ora anche di un falso. I primi a interrompere lo stillicidio delle dichiarazioni a rate sono stati i pm di Caltanissetta che a dicembre hanno iscritto Ciancimino nel registro degli indagati ritenendo calunniosi i suoi riferimenti a De Gennaro e al funzionario dei servizi segreti Lorenzo Narracci che, secondo Ciancimino, sarebbero stati "vicini" al fantomatico "signor Franco o Carlo" con il quale il padre tramava da molti anni.
Quando ha appreso di essere indagato, Ciancimino ha chiuso i rapporti con i magistrati nisseni. Del resto era stato lo stesso procuratore generale di Caltanissetta, Giuseppe Barcellona, nell'agosto del 2009 a liquidare Ciancimino come un personaggio "assai equivoco, di modesto spessore culturale". Il superteste dopo aver minacciato di concludere la sua "collaborazione", ha continuato a parlare invece con i pm di Palermo ai quali ha consegnato altre carte, compresa quella che ha svelato l'inganno.

Durante l'interrogatorio di ieri non è mancato il "colpo di teatro": "Andate nella mia casa di Palermo - ha detto Cincimino jr - dove troverete alcune candelotti di esplosivo. Me li hanno recapitati la settimana scorsa, ma non ho detto nulla perché non volevo creare altre preoccupazioni alla mia famiglia". "L'ho sotterrato nel giardino della mia casa di Palermo - ha detto ancora - avevo timore che questa ennesima minaccia mi si rivoltasse contro e si dicesse che l'avevo costruita io".
Durante la perquisizione nell'abitazione di Ciancimino in via Torrearsa a Palermo (che si trova nel centro città, accanto al teatro Politeama) gli artificieri della Polizia insieme a personale della Dia hanno effettivamente rinvenuto il "pacco bomba" (13 candelotti di esplosivo, 21 detonatori e due micce) nascosto in giardino. L'esplosivo, inviato a Cincimino una settimana fa insieme con un biglietto con su scritto "un invito a non collaborare", sarebbe stato prima immerso nell'acqua e poi interrato nel giardino.
Il legale di Massimo Ciancimino, Francesca Russo, ha detto che il suo assistito "sta male, è molto impaurito e nervoso" e ha negato di "avere mai fatto alcuna contraffazione dei documenti consegnati nei mesi scorsi alla Procura di Palermo". "Ha detto di non sapersi spiegare quello che gli viene contestato - ha proseguito il legale - anche perché non sarebbe neppure in grado, come detto da lui stesso ai magistrati, di fare una cosa del genere. Vedremo adesso quello che deciderà il gip di Parma".

Tutti contro Ciancimino -  "La calunnia di Massimo Ciancimino in danno del prefetto Gianni De Gennaro, documentalmente costruita su un chiaro falso, apre uno scenario inquietante". Lo afferma il senatore Luigi Li Gotti, capogruppo dell'Italia dei Valori in commissione Antimafia, che aggiunge: "Capire per chi e per cosa Ciancimino abbia scientificamente mischiato falsità e menzogne rappresenta la risposta agli interrogativi sullo stragismo e sulla trattativa". "Il prefetto De Gennaro, da direttore della Dia nel 1993 manifestò contrarietà alla revoca dei 41 bis e, nelle valutazioni sulle ragioni dello stragismo, ipotizzò la sinergia dello stragismo con la ricerca di nuova interlocuzione con il soggetto politico emergente, dopo la dissoluzione dei partiti della prima repubblica. Poi, nel 1994, lo stragismo cessò e continuò la lunga latitanza di Provenzano, finita dopo circa tre lustri di infruttuose ricerche che si arrestarono, in più occasioni, a un soffio dalla cattura". "Forse è arrivato il momento delle risposte. L'augurio è che la magistratura possa consegnare all'Italia una pagina di chiarezza. Si tratta di un momento difficile, complesso e rischioso - conclude Li Gotti - potendosi prefigurare il sinistro attivismo di ambienti politici e istituzionali, a difesa della cappa di omertà che segna la nostra storia recente".
Secondo il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto, "esistono pochi dubbi sul fatto che siamo di fronte ad una vicenda dai risvolti assai inquietanti. Infatti, diversamente dalla procura di Palermo quella di Caltanissetta non ha mai ritenuto Ciancimino 'una icona dell'antimafia' e anzi lo aveva indagato. Adesso la Procura di Palermo lo arresta e lo interroga escludendo quella di Caltanissetta. Evidentemente perché vuole continuare a gestirlo in proprio". "Nello sfondo - ha aggiunto Cicchitto - c'è anche la vicenda della trattativa stato-mafia del '93 che qualcuno, tanto per cambiare, voleva addirittura mettere in conto a Berlusconi-Dell'Utri e che, se c'è stata, come è ovvio, ha avuto come protagonisti e come, sia pure parzialmente ha ammesso il professor Conso, coloro che ricoprivano allora le massime cariche dello Stato, del governo, delle forze dell'ordine e della gestione delle varie strutture amministrative e parlamentari dell'antimafia. Comunque è da tempo in atto in tentativo di realizzare su questo terreno una grande mistificazione per cui la questione va seguita con grande attenzione", ha concluso Cicchitto.
Da parte sua, il presidente dei senatori Pdl Maurizio Gasparri, se la prende con Michele Santoro, reo secondo lui, di aver dato a Massimo Cinacimino "un alone di impunità". "Presenterò un esposto contro viale Mazzini e contro Santoro perché è stato permesso a Ciancimino di usare la Rai per i suoi scopi oscuri e avere un alone di impunità". Questo è quanto detto da Gasparri in un’intervista al Giornale. "Massimo Ciancimino - ha aggiunto - mi sembra un personaggio funzionale al grande ribaltamento che è stato compiuto rispetto alla storia" dei primi anni ‘90. "Nel grande libro della memoria della Repubblica sono riusciti a far passare i buoni per i cattivi e viceversa. Una clamorosa falsificazione. E' arrivato il momento di fare chiarezza: tutto il centrodestra dovrà mobilitarsi per una grande battaglia di verità". "Parte tutto dagli anni Novanta e dal contrasto tra le Procure di Palermo e Caltanissetta – ha proseguito Gasparri -. Ci fu una fuga di notizie che creò seri danni a una importante indagine antimafia dei Carabinieri. Il dossier mafia-appalti, di cui parlò anche Borsellino, poteva portare a conclusioni non gradite ad alcuni campioni della sinistra".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Lasiciliaweb.it]

- Perché quella calunnia? (Guidasicilia.it, 22/04/11)

 

 

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23 aprile 2011
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