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"Non voglio più stare nella mafia, perché ci dovrei stare?"

Parla la figlia "pentita" del boss dell'Acquasanta Enzo Galatolo

14 febbraio 2014

"Non voglio più stare nella mafia, perché ci dovrei stare? Solo perché mio padre è mafioso? No, non ci sto. Non voglio stare nell'ambito criminale. Né voglio trattare con persone indegne. Adesso che collaboro mi vogliono fare passare per prostituta. Io voglio dedicarmi solo a mia figlia".
Giovanna Galatolo, figlia del boss dell'Acquasanta, Enzo, ha deciso di collaborare con la giustizia e volta le spalle alla sua famiglia. Le dichiarazioni della donna, che racconta quel che sa per garantire un futuro migliore alla figlia minorenne, sono entrate per la prima volta in aula: la donna ha parlato in videoconferenza, dalla località protetta nella quale si trova da quando, alcuni mesi fa, ha deciso di collaborare con la giustizia, durante un'udienza del processo che vede imputati Angelo Galatolo e Franco Mineo, ex deputato regionale di Grande Sud, accusato di intestazione fittizia di beni aggravata, peculato, malversazione ed usura. Il padre della donna, Enzo Galatolo, è stato condannato per l'omicidio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa e coinvolto nell'inchiesta sul fallito attentato dell'Addaura a Giovanni Falcone.

L'ex deputato Mineo, secondo i pm, avrebbe fatto da prestanome a Galatolo. "Mi ricordo - ha detto Giovanna Galatolo - di un certo Mineo, un sindacalista, amico di Angelo Galatolo, il figlio di Gaetano". Nel primo interrogatorio, a ottobre, la donna non aveva riconosciuto in foto Franco Mineo. "Ho visto passeggiare due volte Angelo con questo signore - ha spiegato - me lo sono ricordato dopo. So che sono ottimo amici, si sono messi insieme come società, come prestanome. Mi è stato chiesto pure di votare per Mineo, prima da Giovanni Galatolo, fratello di Angelo, poi anche Stefano Galatolo lo chiese a mio marito".

"Mio padre comandava dal carcere. Attraverso segni convenzionali ci diceva cosa dovevamo fare", ha raccontato ancora la pentita, che ha aggiunto: "Impartiva le sue direttive durante i colloqui, faceva pure telefonate dal carcere per parlare con i suoi familiari. Vivevano tutti nello stesso palazzo, quindi bastava parlasse con uno che parlava con tutti". "Ho passato soldi di mio padre a Gaetano Galatolo e a suo figlio Angelo - ha detto - Questi soldi erano in parte di mio padre e in parte della famiglia mafiosa. Sia Gaetano che Angelo Galatolo tenevano rapporti con mio padre Enzo fino all'anno scorso".

Il pm Piero Padova ha fatto alla collaboratrice domande anche sugli affari del clan, capace di investire fiumi di denaro. La Direzione investigativa antimafia, nei mesi scorsi, su richiesta della Procura di Palermo ha disposto il sequestro preventivo di alcuni locali di proprietà di Mineo, che ospitano attività commerciali: il bar Nuova Esedra, di una merceria e del negozio di abbigliamento Vegard. Tutti gli immobili si trovano nel quartiere dell'Acquasanta, a Palermo, quello da cui proviene il politico, che ha sempre respinto sempre ogni accusa. "Il bar Esedra, che prima si chiamava Snoopy, era gestito da mio zio Giuseppe - ha raccontato la pentita - So che è rimasto nell'orbita di Cosa nostra anche dopo la sua cessione. So che mio cugino Angelo di Gaetano aveva interessi in questo bar. So che il negozio Vegard era di interesse di mio cugino Angelo". "Il bar Esedra è sempre stato della famiglia Galatolo - ha puntualizzato - Se è stato venduto, è stato ceduto a prestanome".

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, Corriere del Mezzogiorno]

- La figlia del boss Galatolo racconta di Aaron Pettinari (I Siciliani.it, novembre 2013)

 

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14 febbraio 2014
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