''Ostaggi in Iraq'': le verità nascoste sulla liberazione dei tre ex ostaggi italiani
Tutto quello che avreste voluto sapere sul rilascio e che mai riusciremo a conoscere
Di versioni sulla liberazione dei tre ex ostaggi italiani, c'è ne stanno una miriade.
Blitz di precisione pitagorica, utilizzo di tecnologie ultramoderne, partecipazioni di super corpi speciali, pagamenti eccezionali di riscatto, consegne spontanee alla Croce Rossa.
Mentre i tre sopravvissuti, dopo un viaggio a San Giovanni Rotondo e qualche apparizione su Blob, vanno via via, ritornando ad essere degli uomini comuni, molti di noi sanno che prima di sapere quale è la verità che si nasconde dietro a tutta questa storia che fin dal primo giorno ha avuto aspetti misteriosi, ne dovrà passare parecchio di tempo.
Intanto sempre nuove voci d'improvvise verità si aggiungono alle precedenti.
Per esempio all'inizio di giugno si è venuto a sapere quanto grande e importante sia stato il contributo dei servizi segreti italiani, all'inizio marginalizzati dalle fonti americane, infatti, gli uomini del Sismi a Bagdad, alla fine, sapevano tutto dei terroristi: la composizione, gli spostamenti a bordo di taxi e di vere o false auto della polizia e poi, l'ultimo covo.
"Per farlo - racconta un addetto dei servizi - abbiamo utilizzato ogni sistema: informatori, pedinamenti, appostamenti, intercettazioni telefoniche, anche satellitari, insieme alla pressione esercitata sui terroristi da influenti personaggi iracheni".
Sull'attività dell'intelligence e sulla liberazione degli ostaggi, molti aspetti sono coperti ancora da uno stretto riserbo.
Sono stati sostanzialmente due i versanti sui quali gli 007 italiani dicono di essersi mossi, un versante diplomatico ed uno più strettamente investigativo.
Sul primo versante è stata portata avanti una sorta di attività diplomatica parallela, sia con gli ambienti degli autorevoli Ulema sunniti, sia con quelli degli ex fedelissimi di Saddam, dei quali si sospettava un ruolo nel sequestro degli italiani.
Gli uomini dell'intelligence hanno così avvicinato alcuni personaggi centrali che sono serviti per stabilire i primi contatti, tutti mediati e mai diretti, con i sequestratori.
Sul versante investigativo, invece, gli 007 italiani si sono comportati come poliziotti sulle tracce degli autori di un rapimento. Dunque: moderne tecnologie, intercettazioni via satellite, e vecchie tecniche d'indagine, gli appostamenti e gli inseguimenti. I servizi di osservazione, poi, hanno dato un'indicazione fondamentale per l'individuazione del covo. Subito attivati, hanno confermato che l'obiettivo era quello giusto: il momento opportuno per il blitz è arrivato poche ore dopo, quando sul posto c'erano le Forze speciali americane e quelle polacche.
Con tutto ciò il generale Sanchez, coordinatore dell'intelligence americana, ebbe a dire all'indomani del presunto blitz che "Non è chiaro come e dove si sia svolta l'azione, che è stata incruenta ed ha portato all'arresto di alcuni dei terroristi".
- Le confessioni dell'assassino di Fabrizio Quattrocchi