Crea gratis la tua vetrina su Guidasicilia

Acquisti in città

Offerte, affari del giorno, imprese e professionisti, tutti della tua città

vai a Shopping
vai a Magazine
 Cookie

''Paradisi, il portiere ostaggio degli ultrà''

Intervista di Malcom Pagani a Mario Paradisi da ''il manifesto''

07 febbraio 2007

Non erano artificiali ma terreni, i paradisi di Mario. Tutta una vita trascorsa nel recinto di uno stadio, parando i tiri di una generazione che non sarebbe più tornata. Junior e Falcao, Platini e Zico. Da giovane, Mario Paradisi giocava contro di loro, difendendo la possibilità stessa che la provincia sedesse al tavolo dei grandi. Con i capelli ricci e le maglie di lanetta, la sua figurina albergò per un decennio tra Como, Avellino e Catanzaro, poi in età matura, abbandonati i palcoscenici nobili, i suoi avversari divennero i tifosi del Catania.
«Iniziò tutto nel 1989, in serie C. Mi trasferii in Sicilia a 34 anni. La società prometteva successi ma non era strutturata per reggere il confronto con le più forti. Le conseguenze della rabbia dei tifosi si riversavano sui calciatori. Io ero uno dei più anziani e rappresentativi. Mi presero subito di mira. Per carattere non riuscivo a stare zitto, ebbi presto dei contrasti con i capi ultrà. In città si viveva bene ma allo stadio ricevevo tantissimi insulti».

Porgeva l'altra guancia?
Avevo la coscienza a posto e non mi nascondevo. Rispondevo senza offendere nessuno. L'inimicizia non tracimò quasi mai in atti di violenza anche se un giorno, mentre ero in macchina con Beppe Scienza, ci tirarono una bottiglia incendiaria. Nel '92 comunque terminò il contratto e me ne andai. Catania rimase il ricordo di una bella città e di un'esperienza professionale tumultuosa.

Il destino la riportò a sud.
Avevo lavorato a S. Benedetto del Tronto con l'allenatore Colantuono e il direttore sportivo Guido Angelozzi. Al tempo facevano parte del gruppo di Luciano Gaucci. Quando quest'ultimo rilevò il Catania nel 2003, mi portarono con loro come preparatore dei portieri.

A distanza di anni, i catanesi non l'avevano dimenticata.
All'inizio si trattò solo di qualche isolato grido durante gli allenamenti. Poi un pomeriggio, a pochi minuti dalla seduta, venni circondato da alcune persone intenzionate a non farmi entrare al campo. Da quel momento in poi, tutto precipitò rapidamente. In pochi giorni ottennero il risultato prefisso. Mi mandarono via.

Protestò?
Angelozzi tentò di mediare. Non si capacitava del perché i tifosi ce l'avessero con me. Fu inutile. I gruppi organizzati minacciarono: «Paradisi non deve più far parte del Catania, altrimenti facciamo casino tutti i giorni. Non garantiamo per la sua sicurezza». A quel punto mi presi le mie responsabilità davanti a squadra e allenatore e mi feci da parte. Non era colpa loro e non ritenevo giusto creare una turbativa così seria all'interno del gruppo.

Nessuno provò a difenderla?
Mi venne detto che non era possibile che rimanessi. «O facciamo la guerra, ma alla fine ci rimettiamo tutti, oppure Mario, ti devi sacrificare». Non sapevo cosa pensare. Volevo abbandonare il calcio ma poi decisi di rimanere senza entusiasmo in un mondo che sentivo comunque mio.

L'hanno stupita gli incidenti di Catania?
Neanche un po'. Quelle immagini di violenza le ho viste tante volte nei derby disputati col Giarre, col Palermo o col Siracusa, anche se forse mai a quel livello di barbarie. Ho giocato anche in altre città difficili ma Catania è diversa. E' una questione di mentalità corrotta. Si ragiona esclusivamente attraverso quel metro e purtroppo ti ritrovi ad essere corrotto o corruttore, non c'è via di mezzo.

Nelle curve c'è stato un cambio antropologico?
E' l'Italia e la società nel suo complesso ad essere profondamente mutata. Oggi si uccide per un complimento di troppo fuori dalla discoteca, per una mancata precedenza al semaforo, per 50 euro. C'è una crisi sociale senza precedenti, una paura generalizzata e una perdita di valori in cui lo stadio è solo una parte del problema. Io abito in un piccolo paese, solo pochi anni fa ogni appartamento aveva le chiavi fuori dalla porta, oggi ci sono le inferriate alle finestre. Chi abita al primo piano vive barricato come se stesse in prigione.

Come si esce dall'abisso?
E' complicato pensare di riemergere, quando si va a vedere lo sport armati di pistole, coltelli e bombe. Ci vogliono regole certe. Non è possibile che chi va allo stadio, picchi un poliziotto e abbia la certezza di farla franca. Il tifoso non va perseguitato ma se sbaglia deve essere sanzionato come chiunque altro. Da libero cittadino posso andare dove voglio, a patto di rispettare la legge ma se commetto un reato, la convivenza civile pretende che io sconti una pena.

Militarizzare lo stadio è la soluzione?
Tutt'altro. Se pensiamo di lenire la piaga soltanto con la repressione, siamo lontani dalla soluzione. Credo che bisognerebbe attuare le risoluzioni inglesi in materia, non reprimere cioè a priori ma dotarsi di strumenti moderni per controllare le enormi masse, che proprio nel loro essere branco trovano la forza per delinquere. La polizia deve fare il suo lavoro di controllo perché a volte capita e non dovrebbe accadere, che qualcuno venga pestato senza motivo. Non è possibile che i tifosi del Palermo debbano arrivare esasperati un'ora dopo il fischio d'inizio, dopo aver viaggiato su un carro bestiame.

Cos'ha rappresentato lo stadio per lei?
Quand'era pieno, un'emozione indescrivibile. Il calcio senza pubblico muore, anche se ritengo che fermarsi per riflettere sull'assurdo omicidio di Raciti sia stata una buona idea. Siamo sul baratro e se non ragioniamo sarà la fine: non è normale che si muoia per il pallone, ai miei tempi non era pensabile. Immagini che ad Udine, ogni volta che mi capitava di giocare in Friuli, a fine gara i tifosi ospiti mi aspettavano vicino al parcheggio: «Dai Mario, corri. Ci sono vino e salsicce». Si apriva un tavolino, si mettevano due sedie e io poggiavo la borsa. Qualsiasi risultato ci fosse stato, ci si beveva su.

Condividi, commenta, parla ai tuoi amici.

07 febbraio 2007
Caricamento commenti in corso...

Ti potrebbero interessare anche

Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia