''Perché le Cene di San Giuseppe''
Tratto dal libro ''Una tradizione che si rinnova'' di Enza Gandolfo Bellomo
Il 19 marzo, in coincidenza con l'arrivo della bella stagione, si manifesta a Salemi la venerazione verso San Giuseppe, il Patriarca, Santo Tutelare degli orfani e dei poveri, con altari devozionali tutti ornati di pane modellato, chiamati ''Cene di San Giuseppe'', denominazione che vuole ricordare l'ultima cena di Gesù con gli apostoli, il sacro banchetto che istituì l'Eucarestia.
Le origini si perdono nel tempo, ma il rito, che si riallaccia a usi pagani, conserva il valore della tradizione da una generazione all'altra e continua a testimoniare il fascino incantato della spontaneità dei cuori e della nobiltà dei sentimenti.
La cena nasce originariamente come voto di ringraziamento o come propiziazione di una grazia da parte di una persona devota, che si è impegnata con San Giuseppe a fare un convito di beneficienza per tre bambini poveri che rappresentano la Sacra Famiglia.
Si scioglie quindi una promessa, si adempie un voto fatto per fede e si segue la tradizione che ha, da sempre, un cerimoniale, fatto di gesti rituali, preghiere, canti, legato ad una simbologia assai complessa.
La Cena di San Giuseppe, folklore e rito insieme, è una dimostrazione esteriore di quella religiosità autentica, spontanea, singolare e piena di valore antropologico, solidarietà e fratellanza che è nella natura sociale di ogni uomo.