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"Qua dentro mi vogliono morto"

La Procura di Palermo ha aperto un'inchiesta sulla stato salute di Bernardo Provenzano

06 gennaio 2013

La Procura di Palermo ha aperto un fascicolo a "modello 45", senza cioè un reato preciso ancora individuato, sulle vicende che riguardano le condizioni di salute di Bernardo Provenzano, il boss in coma dal 17 dicembre scorso dopo un intervento per rimuovere un ematoma al cervello in seguito a una caduta.
I pm che si occupano dell'indagine hanno delegato la Dia ad acquisire i nomi di tutti i protagonisti delle visite in carcere a Provenzano nel 2012 e la documentazione sanitaria sulle condizioni del padrino. I pm hanno già ascoltato il figlio di Provenzano, Francesco Paolo, il quale ha confermato quanto dichiarato dal padre durante un incontro in carcere avvenuto prima dell'incidente ("qua dentro mi vogliono morto"), aggiungendo tuttavia di non essere in grado di dare un'interpretazione certa a quella frase. Provenzano, infatti, avrebbe alternato momenti di lucidità ad altri di annebbiamento.
Anche la perizia medica sul boss eseguita dallo psichiatra Renato Ariatti e dal neurologo Andrea Stracciari il 12 dicembre scorso aveva evidenziato evidenti "deficit cognitivi". Secondo i periti, incaricati dal Gip Piergiorgio Morosini, Provenzano ha "ridottissimi contenuti di coscienza e responsività all'ambiente, nonché scarse capacità di esprimersi e di comprendere ed eseguire ordini elementari". In base ai risultati di questa perizia la posizione di Provenzano nell'inchiesta sulla trattativa Stato mafia - l'udienza preliminare davanti al Gup riprenderà martedì prossimo - potrebbe essere stralciata come chiesto dal difensore del boss, l'avvocato Rosalba Di Gregorio. [Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it]

"Ha scarse capacità di capire ed esprimersi"
di Giovanni Bianconi (Corriere.it, 4 gennaio 2013)

Per come sta, è difficile immaginare che possa partecipare a un nuovo processo a suo carico. Bernardo Provenzano, infatti, versa in "uno stato di ridottissimi contenuti di coscienza e responsività all'ambiente, nonché scarse capacità di esprimersi, di comprendere ed eseguire ordini elementari". Tradotto dal linguaggio tecnico-scientifico, capisce poco o nulla di quello che gli capita intorno e non riesce a interloquire in maniera accettabile con le altre persone.
È la conclusione a cui sono giunti i periti nominati dal giudice di Palermo Piergiorgio Morosini che deve decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio per dodici imputati coinvolti a vario titolo nel procedimento sulla cosiddetta trattativa fra lo Stato e la mafia al tempo delle stragi. Uno di loro è proprio Provenzano, che secondo l'accusa avrebbe tessuto l'ultima parte dei contatti tra Cosa nostra e le istituzioni. Ma a questo punto la sua permanenza al fianco degli altri imputati (boss del suo calibro come Riina e Bagarella, ex carabinieri e uomini politici di ieri e di oggi) sembra fortemente a rischio.
L'avvocato Rosalba Di Gregorio ha già chiesto che la posizione del padrino corleonese venga stralciata, il giudice deciderà la prossima settimana, all'udienza dell'8 gennaio, dopo aver ascoltato i pubblici ministeri.

La perizia firmata dallo psichiatra Renato Ariatti e dal neurologo Andrea Stracciari è stata depositata ieri, e ripercorre le varie tappe del decadimento psicofisico del capomafia rimasto latitante per quarantatré anni, fino all'arresto avvenuto nell'aprile 2006, e depositario di molti segreti. Dopo l'operazione del 17 dicembre scorso per la rimozione di un ematoma cerebrale provocato da una caduta (la terza in poche settimane) e un periodo di coma farmacologico durato diversi giorni, Provenzano è ancora ricoverato sotto falso nome all'ospedale di Parma. Gli ultimi controlli hanno evidenziato "un normale quadro post-chirurgico", che gli consentirebbe di essere trasferito in un reparto di "lungodegenza critica" o altri centri di riabilitazione, ma la relazione degli specialisti precisa: "Alterna occhi aperti spontaneamente con apertura occhi al dolore, reagisce prontamente al dolore a destra, meno a sinistra, non collabora, né esegue ordini con costanza".
Dall'analisi delle cartelle cliniche e di tutti i referti, oltre che da un colloquio con il detenuto avvenuto il 12 dicembre, pochi giorni prima dell'ultima caduta, i periti concludono che "il signor Provenzano è affetto da una ingravescente sindrome parkinsoniana, poco sensibile alla terapia", da cui derivano diverse e gravi conseguenze tra cui "cadute con danni oggettivi", nonché "una forma severamente disabilitante sul piano motorio". Il tutto "in un contesto globale improntato ad un constante peggioramento", registratosi soprattutto nell'ultimo anno. Quando i due professori sono andati a visitarlo nel carcere di Parma, il capomafia s'è mosso e ha parlato a fatica. Mostrando difficoltà di concentrazione.

Per esemplificare ciò, i periti hanno trascritto alcuni passaggi della conversazione, affiancate da alcune loro considerazioni. Come il seguente.
Medico: "Ci dica qualcosa di Lei. Come si chiama?".
Provenzano: "Provenzano Bernardo".
M: "Quanti anni ha? ... quando è nato?".
P: "...Ottanta... 1933... la mia famiglia è stata una famiglia bisognosa". (Deficit di astrazione con perseverazione concettuale e incapacità di spostare l'attenzione da un argomento all'altro).
M: "In che giorno compie gli anni?".
P: "Non ricordo".
M: "Quando festeggia il compleanno?".
P: "...Siamo una famiglia povera... (deficit di astrazione) ".

O come quest'altro.
Medico: "Ha avuto o ha dei processi in corso? In questo periodo c'è un processo a Palermo?".
Provenzano: "...Per me?".
M: "Per lei".
P: "...Mi hanno condannato per altri 2 ergastoli".
M: "Ci sono altri processi in questo momento?".
P: "Non mi ricordo".
M: "Secondo lei non ha altri processi?".
P: "...Quelli che mi hanno notificato".
M: "Come si sente? Dimentica qualcosa?".
P: "...Non sono una persona istruita... può essere".
A proposito della sua lunga latitanza, di cui ricorda esattamente la durata, Provenzano ha ricordato: "Cambiavo spesso casa... aspettando il bel tempo... la libertà". E quando i periti gli hanno chiesto se i suoi familiari lo andavano a trovare ha risposto: "No... mia moglie... tutti che ci cercavano... i miei figli si misero a lavorare". E in altri frammenti: "Il nome di mia moglie mi sfugge... Pregavo e non pregavo".
L'alternanza di momenti di lucidità a momenti di confusione, potrebbe far sospettare che il capomafia ancora formalmente sottoposto al "carcere duro" simuli qualche forma di pazzia, al fine di alleggerire le posizioni processuali o modificare le condizioni di detenzione. Ma i periti scrivono che il comportamento di Provenzano non sembra dettato "da strategie falsificatorie, volontaria accentuazione dei sintomi, ridotto impegno... In atti non si trova mai nessun accenno a eventualità simulatorie, o comunque di enfasi strumentale consapevole, e noi stessi abbiamo rilevato l'assenza di atteggiamenti istrionici o enfatici e di eclatanti comportamenti falsificatori".
La parola sul destino giudiziario di Provenzano ora passa al giudice.

- Un boss muore (Guidasicilia.it, 21/12/12)

- Qualcuno in carcere non vuole bene a Provenzano... (Guidasicilia.it, 19/12/12)

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06 gennaio 2013
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