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''Se corriamo questo rischio è perché siamo disperati''

Il Commissario Ue alla giustizia e alle libertà civili in visita a Lampedusa

13 marzo 2009

Stamane a Lampedusa è arrivato il Commissario Ue alla giustizia e alle libertà civili, Jacques Barrot, per "comprendere meglio la situazione, verificare i livelli di accoglienza riservata agli immigrati e a chi chiede asilo e portare la solidarietà dell'Unione europea ai Paesi costieri più esposti".
Ieri Amnesty International proprio in vista dell'arrivo di Barrot a Lampedusa gli ha mandato un messaggio: "L'Unione europea deve esercitare una maggiore pressione sull'Italia per assicurare che i diritti umani non siano violati a Lampedusa. Amnesty esprime la sua preoccupazione per il trattamento a cui sono sottoposti i  richiedenti asilo e gli immigranti a Lampedusa secondo un decreto ad hoc del ministro degli interni dello scorso gennaio". "La decisione dell'Italia di detenere i migranti e i richiedenti asilo a Lampedusa per tutta la durata del  procedimento, anziché trasferirli sulla terraferma ha avuto un grave impatto sui loro diritti umani", ha aggiunto Nicolas Beger, direttore dell'ufficio Ue di Amnesty. "La situazione attuale a  Lampedusa - ha detto ancora - ostacola la costruzione nell'Ue di una  vera area di giustizia, libertà e sicurezza basata sul rispetto  dei diritti fondamentali".

E ieri mattina Rosa Villecco Calipari e Jaen Leonard Tuoadi, deputati del Partito democratico, si sono recati in visita nel centro di Lampedusa. "Le condizioni di vita all'interno del centro di identificazione ed espulsione continuano ad essere terribili - hanno detto -: abbiamo potuto constatare che i diritti umani in questa struttura sono del tutto negati. Il ministro Maroni non può chiudere gli occhi: proprio oggi anche Amnesty International si è rivolta all'Europa chiedendo di fermare queste violazioni e noi speriamo che l'Europa farà sentire la propria voce".
A Lampedusa, secondo quanto hano raccontano i deputati, "in una stanza in grado di accogliere quattro persone ne vivono diciotto o venti. Abbiamo avuto la conferma che negli ultimi mesi i migranti sono stati trattenuti nel centro per un periodo ingiustificatamente prolungato, senza nessun provvedimento da parte dell'autorità giudiziaria". "Tuttavia - hanno concluso -, a fronte della persistente mancanza di diritti e minime condizioni di dignità, è naufragato il tentativo di Maroni di creare una piccola Guantanamo perché gli abitanti dell'isola non intendono assecondare questo progetto"

Secondo il Commissario Barrot, invece, "nonostante tutto, mi pare che le autorità italiane stiano facendo tutto quello che possono per garantire condizioni decenti ai migranti. Oltre al rispetto dei diritti e della dignità degli extracomunitari, però, resta il problema del destino delle persone: anche a questo dovremmo trovare soluzione". "Ho avuto la garanzia che qui a Lampedusa c'è il pieno rispetto delle procedure per le richieste di asilo politico; che i migranti sono messi a conoscenza, anche attraverso le Ong presenti, della possibilità di presentare l'istanza e che i loro dossier vengono istruiti regolarmente".
Il commissario lasciando il Cie, diretto al Cpa dell'isola, allestito nell'ex base navale Loran, ha più volte ribadito che "al centro delle sue preoccupazioni ci sono soprattutto i possibili richiedenti asilo. Ho visto casi dolorosi di tunisini che vogliono tornare nel loro paese e che aspettano l'autorizzazione per ricongiungersi alle loro famiglie; ci sono questi problemi specifici insieme a tutto il resto. Mi hanno molto toccato i racconti dei ragazzi con cui ho parlato, disperati perché non sanno quale sarà il loro avvenire".

Per Barrot "occorre capire come far sì che l'Europa possa rimanere rigida rispetto al problema dell'immigrazione irregolare e al contrasto dei traffici che ci sono dietro i viaggi verso il nostro continente e, allo stesso tempo, sia aperta e solidale nei confronti dei migranti. I Paesi dell'Unione europea devono essere più solidali, ad esempio attraverso una politica dei visti più generosa. Non va trascurato, però, come ho cercato di spiegare ai migranti che ho incontrato che i nostri Paesi, in questo momento attraversano un periodo di crisi grave"

"Siamo disperati, ci aiuti" - "Scappiamo dai nostri Paesi per fuggire dalla miseria e dalla fame. Siamo disperati. Ci aiuti". Questa è una delle richieste d'aiuto rivolte al Commissario Jacques Barrot da un tunisino di 29 anni, ospite del Cie di Lampedusa.
Il commissario si è trattenuto a lungo all'interno della struttura fermandosi, in un fuori programma, a parlare con i migranti, ad ascoltare le loro storie e le loro richieste. Una visita, quella di Barrot, durata oltre un'ora. Il commissario, accompagnato dal capo del dipartimento immigrazione del Viminale, Mario Morcone, è entrato nelle cucine del Cie, ha chiesto informazioni sul menù offerto ai migranti, ha domandato se ci fossero extracomunitari in sciopero della fame e ha poi visitato la mensa e le camerate.
Ma la parte più significativa della visita al Cie, durante la quale Barrot ha chiesto spiegazioni sul trattamento riservato ad eventuali minorenni, sul rispetto delle procedure per le richieste di asilo, è stata quella dell'incontro con gli ospiti della struttura. Barrot ha ascoltato i racconti di viaggio degli immigrati e ha più volte chiesto in particolare ai tunisini, perchè scelgono di affidarsi agli scafisti anzichè entrare in Italia regolarmente. "Il visto costa troppo - gli hanno risposto tutti - ed è difficilissimo ottenerlo se non sei ricco, se non dai garazie".

Molti migranti hanno chiesto aiuto al commissario per poter lasciare l'Italia e ricongiungersi ai familiari che si trovano in altri Paesi europei; solo alcuni hanno detto di voler rimanere in Italia per lavorare. "E' meglio che vi si dia aiuto favorendo una politica dei visti più generosa, magari cercando di ridurne i costi - ha detto Barrot -, bisogna favorire l'ingresso regolare. Affrontare il viaggio da clandestini, via mare non è la soluzione".
Ma all'invito del commissario ad abbandonare i cosiddetti viaggi della speranza, un tunisino, a Lampedusa da tre mesi, ha risposto: "Sappiamo che solo il 20% di quelli che si mettono in mare ce la fa. Se corriamo questo rischio è perché siamo disperati".

[Informazioni tratte da Apcom.net, l'Unità.it, AnsaMed, La Siciliaweb.it]

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13 marzo 2009
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