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''Se esce una sola intercettazione su di me lascio l'Italia''

Il premier torna sulla vicenda delle intercettazioni eseguite nell'ambito dell'inchiesta Why Not

26 gennaio 2009

Uno dei dibattiti politici che in questi giorni maggiormente tiene banco è sicuramente il progetto di riforma delle intercettazioni telefoniche e la vicenda dell'archivio Genchi, quello che Silvio Berlusconi non ha esitato a definire "il più grande scandalo della storia della Repubblica".
La storia, come è noto, riguarda i controlli eseguiti dal consulente dell'ex pubblico ministero di Catanzaro Luigi De Magistris nell'ambito dell'inchiesta Why Not.

Il premier anche ieri è tornato sul caso. "Non so molto - ha affermato - so soltanto questi fatti, che sono state controllate molte persone. Se questi fatti corrispondono alla realtà, si tratta di una cosa inaccettabile in una democrazia che deve tutelare la privacy del cittadini". Il problema, ha sostenuto quindi Berlusconi, non è la presenza di sue eventuali telefonate nell'archivio. "A me - ha detto - non importa nulla. Non c'entro io, c'entrano tutti, non c'entra che sia Berlusconi o un altro".
Comunque, ha "minacciato" Berlusconi, "se esce una sola intercettazione che mi riguarda io me ne vado da questo Paese". "L'ho già detto - ha continuato Berlusconi -, la privacy è cosa troppo importante, non è possibile che non si possa parlare tranquillamente al telefono. D'altra parte, quando durante i comizi chiedo alla gente se pensano di essere intercettati alzano tutti la mano. E' veramente una cosa impossibile, una cosa che non esiste. Si parla di 350mila intercettazioni, è un fatto allucinante, inaccettabile in una democrazia."

La soluzione auspicata, come il presidente del Consiglio va ripetendo da tempo, è quella di una riforma che limiti la possibilità da parte della magistratura di ricorrere a questo strumento d'indagine. Possibilità che nei giorni scorsi ha creato qualche malumore tra le diverse componenti della maggioranza che secondo Berlusconi sono ora superati. "Abbiamo fatto uscire dal Consiglio dei ministri un disegno di legge che io mi sono subito augurato che potesse essere migliorativo - ha sottolineato - Le vicende ultime hanno dimostrato come queste intercettazioni siano una ferita inaccettabile per la privacy". "Bossi - ha poi rassicurato - mi ha già detto che seguirà le nostre posizioni".

Sulla vicenda è intervenuto anche il diretto interessato, Gioacchino Genchi. "Il mio ruolo ed il dovere di riservatezza connesso alle mie funzioni - ha affermato - non mi consentono di replicare alle vili aggressioni che sto subendo, soltanto per avere fatto bene il mio dovere, con scrupolo, onestà ed indipendenza, solo a servizio della giustizia".
Polemico con le grida di scandalo lanciate sul caso dal premier Antonio Di Pietro. "L'allarme intercettazioni rilanciato da Berlusconi è una bufala", ha scritto sul suo blog il leader dell'Italia dei Valori, sottolineando come anche da parte di esponenti delle opposizioni siano in atto "delle mistificazioni". Quella del presidente del Consiglio, ha denunciato, è "una 'furbata' bella e buona per confondere le idee all'opinione pubblica. Sta giocando d'anticipo per smorzare l'indignazione che potrebbe causare l'imminente legge che si accinge a varare sulla limitazione dell'uso delle intercettazioni da parte dei magistrati".

[Informazioni tratte da Adnkronos, Repubblica.it]

- "So molte cose, anche del Cavaliere" di E. Lauria

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26 gennaio 2009
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