"Si deve procedere con la giusta severità"
Il processo Cuffaro va avanti: "Difficile credere all'idea di un uomo sprovveduto che non sa chi ha davanti"
"Prendo la parola sapendo che c'è un diffuso movimento popolare che grida all'innocentismo nei confronti dell'imputato Salvatore Cuffaro. Parafrasando Alcide Gasperi, sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me".
Con queste parole il sostituto procuratore generale di Palermo, Luigi Patronaggio ha iniziato la requisitoria del processo d'appello a carico dell'ex presidente della Regione siciliana Salvatore Cuffaro, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
In un'aula semideserta, il magistrato che rappresenta l'accusa nel processo ha ribadito più volte che "al di là delle suggestioni ci sono elementi giuridici meritevoli di essere sviscerati. Ci troviamo di fronte a fatti di oggettiva gravità". Il pg, rivolgendosi al presidente della Corte d'Appello Biagio Insacco, ha chiesto che non si facciano "discriminazioni tra imputati di concorso esterno in associazione mafiosa. Tutti vorrebbero mettere una pietra sopra questo processo". E ha anche ricordato che Cuffaro, che sta scontando una pena definitiva a sette anni di carcere per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra, "sta avendo un ottimo comportamento in carcere" ma "tutto ciò non deve impedire a procedere con la giusta severità. Sono fatti su cui nessuno può chiudere gli occhi".
Secondo Patronaggio, infatti, Salvatore Cuffaro avrebbe "avvantaggiato il mandamento mafioso di Brancaccio, la famiglia mafiosa di Villabate e concretamente gli interessi di Cosa nostra e di Bernardo Provenzano nella sanità attraverso Michele Aiello".
Dal reato di concorso in associazione mafiosa l’ex governatore venne prosciolto per "ne bis in idem". Il verdetto fu impugnato. Per il pg, che ha esaminato davanti alla corte le dichiarazioni del pentito Giuffrè, "l'input alle cosche a votare Cuffaro nel 2001 arrivò dal boss Bernardo Provenzano che aveva interessi nel mondo della sanità".
Anche un altro collaboratore di giustizia, Ignazio Di Gati, riferisce che dai vertici dei clan e in particolare dal capo della mafia di Agrigento Maurizio Di Gati, arrivò l'indicazione ai "picciotti" di votare l'ex governatore. Circostanza confermata dallo stesso capomafia Di Gati poi pentitosi.
Ma cosa ricavò la mafia dal sostegno elettorale all'ex presidente della Regione? "Di Gati doveva essere aiutato nell'apertura di alcune farmacie. La cosa, però, non andò poi a buon fine", ha spiegato.
Patronaggio ha ricordato l'incontro tra Cuffaro e l'ex mafioso Angelo Siino finalizzato sempre all'appoggio elettorale. "Non credo - ha detto il pg - all'idea di un Cuffaro sprovveduto che non sa chi ha davanti, che non conosce lo spessore criminale dei suoi interlocutori. Siino aveva stretto mani che grondavano sangue, mani di boss come Santino Pullarà".
Il Procuratore generale ha poi letto in aula una nuova intercettazione ambientale, finora inedita, che risale all'8 ottobre del 1998. Ad essere intercettato è il capo del mandamento di Caccamo, Giorgio Liberto, arrestato nel 2009 e ritenuto erede del boss Nino Giuffrè. Liberto conversando al telefono avrebbe detto ai suoi interlocutori di non preoccuparsi più di tanto: "Non c'è problema c'è Cupparo". Secondo il magistrato si tratterebbe di Salvatore Cuffaro "ma il nome è stato trascritto male", motivo per cui quest'intercettazione non è emersa prima. Le parole del mafioso, per la pubblica accusa, starebbero a significare che già nel '98 Cuffaro era un punto di riferimento per Cosa Nostra.
Per Patronaggio, Cuffaro, quando era Presidente della Regione siciliana, "mise su una vera e propria intelligence che ha tentato di penetrare negli ambienti della Procura ma anche negli ambienti romani, non dobbiamo avere paura di dire le cose come stanno. Si si che la notizia sull'indagine arrivò a Cuffaro proprio da Roma".
[Informazioni tratte da Ansa, Lasiciliaweb.it, Repubblica/Palermo.it, Corriere del Mezzogiorno]