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"Siamo a sud di Roma"

La Libia è nel caos più totale. Gli sbarchi in Sicilia aumentano e l'Isis avanza minacciando l'Italia

16 febbraio 2015

"Un messaggio firmato con il sangue alla Nazione della Croce": è questo il titolo del nuovo video diffuso dallo Stato islamico che mostra la decapitazione di 21 egiziani copti in Libia e contiene minacce al nostro Paese. Un video diffuso nel giorno in cui l'Italia ha abbandonato la Libia, chiudendo l'unica ambasciata europea ancora in funzione a Tripoli.
L'esistenza del filmato attribuito a un gruppo che si identifica come "lo Stato Islamico della provincia di Tripoli" è stata confermata dal Site, il sito americano di monitoraggio del jihadismo in internet. Nei giorni scorsi era stata annunciata l'esecuzione dei 21 lavoratori egiziani sequestrati a Capodanno nella città di Sirte. Le immagini rilanciate su Twitter da un sito vicino ai jihadisti mostrano gli ostaggi in tuta arancione che vengono fatti chinare e poi decapitati. Finora erano state diffuse soltanto alcune fotografie su Twitter che mostravano cinque uomini in ginocchio in riva al mare con alle loro spalle individui vestiti di nero, apparentemente pronti all'esecuzione.  Il video contiene anche minacce all'Italia: "Prima ci avete visti su una collina della Siria. Oggi siamo a sud di Roma... in Libia".
Nel filmato si sente anche un riferimento alla morte del capo di Al Qaeda: "Avete buttato il corpo di Osama Bin Laden in mare, mischieremo il suo sangue con il vostro". E si vedono le immagini del mare insanguinato dai corpi dei decapitati.

Il presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi, ha convocato una riunione d'urgenza con i ministri dell'Interno e della Difesa e con i vertici militari. Sisi ha proclamato sette giorni di lutto e in un discorso trasmesso in tv ha avvertito che il suo Paese si sarebbe riservato "il diritto di rispondere nei modi e nei tempi che riterrà adeguati" alla strage. Il ministro degli Esteri, Sameh Shukri, andrà "immediatamente" a New York per una serie di colloqui al Consiglio di sicurezza dell'Onu in cui solleciterà una reazione internazionale. Nei mesi scorsi l'Egitto ha smentito di aver partecipato a raid aerei contro le milizie jihadiste in Libia.
La chiesa copta, che rappresenta il 10% della popolazione egiziana, si è detta "fiduciosa" che gli assassini verranno puniti. "Possiamo affermare con convinzione che i morti sono i nostri figli sequestrati in Libia", ha dichiarato il portavoce della chiesa, l'arcivescovo Bolos Halim.

E all’indomani dalla messa online del video, aerei dell'esercito egiziano hanno colpito obiettivi dell'Is in Libia in risposta all'uccisione dei 21 copti e sono tornati indenni alle loro basi. Lo ha riferito la radio egiziana citando un comunicato dell'esercito. Anche i caccia dell'aviazione militare libica, fedele al generale Khalifa Haftar che si è detto pronto a collaborare con l'Egitto, hanno partecipato ai raid aerei compiuti all'alba dall'aviazione egiziana contro le postazioni dello Stato islamico in Libia. Lo riferisce l'emittente televisiva al Arabiya, citando un funzionario libico della difesa: "Egitto e Libia stanno combattendo una guerra", ha detto il funzionario. Gli attacchi aerei hanno colpito le basi del gruppo jihadista a Derna.

L’ITALIA LASCIA LA LIBIA - Mentre lo Stato islamico avanza alla conquista di Sirte, a sole "200-300 miglia marine da noi", a bordo di una nave - salpata stamani da Tripoli e arrivata ieri in nottata in Sicilia - un centinaio di italiani è stato rimpatriato, da una Libia in frantumazione dove i jihadisti portano avanti, giorno dopo giorno, il proprio progetto di espansione.
La mossa arriva all'indomani delle minacce lanciate dall'autoproclamato Califfato nei confronti del titolare degli Esteri Paolo Gentiloni, definito "ministro crociato". La Farnesina precisa però che "non si tratta di un'evacuazione" dal Paese che affaccia sul Mediterraneo ma che "è in corso una delle preannunciate operazioni di alleggerimento dei connazionali presenti nel Paese". Un'imbarcazione della Marina militare ha fatto da scorta al rimpatrio mentre un Predator dell'Aeronautica (privo di pilota) monitorava la situazione dall'alto. Dopo aver fatto rifornimento, l'imbarcazione a bordo della quale si trovavano gli italiani evacuati - il catamarano San Gwann della compagnia Virtu Ferries, affittato dal governo di Roma - è partita da Malta alla volta di Augusta.

L'ambasciata d'Italia a Tripoli ha sospeso le sue attività. I servizi essenziali saranno comunque assicurati. A tal proposito, Gentiloni ha annunciato che "il peggioramento della situazione richiede ora un impegno straordinario e una maggiore assunzione di responsabilità, secondo linee che il governo discuterà in Parlamento a partire dal prossimo giovedì 19 febbraio. L'Italia promuove questo impegno politico straordinario ed è pronta a fare la sua parte in Libia nel quadro delle decisioni dell'Onu".
È dal primo febbraio scorso che, con un warning particolare pubblicato sul sito www.viaggiaresicuri.it, la Farnesina ha "ribadito il pressante invito ai connazionali a non recarsi in Libia e a quelli tuttora presenti a lasciare temporaneamente il Paese", a fronte del "progressivo deterioramento della situazione di sicurezza".

E’ BOOM DI SBARCHI - Intanto, nella notte trascorsa c’è stato un vero e proprio boom di sbarchi di donne e bambini sull'isola di Lampedusa. Tra gli oltre 600 profughi arrivati la metà sono donne e bimbi, molti dei quali anche piccolissimi e neonati.
Il primo sbarco a Lampedusa è stato ieri sera, intorno alle 22, con 125 profughi a bordo. Seguito alle 23 con uno sbarco di 117 di sole donne e di bambini piccoli. Prima dell'una è arrivato un barcone con 56 persone a bordo, e anche questa volta c'erano moltissime donne con i loro piccoli.
Nella notte sono poi arrivate altre 66 persone e poco dopo le sette altri duecento circa. Un altro arrivo è previsto per le ore dieci di questa mattina. Sul molo anche gli operatori umanitari, tra cui Giovanna Di Benedetto di 'Save the children' che si sta prendendo cura dei più piccoli.
Intanto al centro d'accoglienza è di nuovo emergenza. Su 250 posti disponibili sono più di settecento le persone presenti. E per questo pomeriggio è previsto il primo ponte aereo da Lampedusa per Roma.

Oltre i sei gommoni arrivati la scorsa notte, una decina arriveranno stamani. Le imbarcazioni sono state raggiunte dai soccorsi nel primo pomeriggio di ieri a circa 120 miglia a sud di Lampedusa; 290 migranti, fra cui alcune donne incinte, sono attesi in serata a Porto Empedocle (Ag); il gruppo, salvato nel Canale di Sicilia, è stato trasbordato sul pattugliatore d'altura Cp 905 Peluso; altri 285 migranti soccorsi su un mezzo navale dalla capitaneria di porto islandese che ha fatto rotta verso Augusta, nel Siracusano.
Barconi carichi di migranti e di disperazione continuano ad arrivare dalla Libia, a dimostrazione che il timore di una grande fuga dal Paese nordafricano manifestato nei giorni scorsi da analisti, 007 ed esperti del Viminale era fondato.
Un'escalation comprovata anche da reazioni inedite. Ieri pomeriggio uomini armati su un barchino hanno minacciato una motovedetta della Guardia Costiera italiana che stava soccorrendo un'imbarcazione con migranti a bordo, a circa 50 miglia da Tripoli. Gli uomini armati hanno intimato agli italiani - il personale a bordo delle motovedette che fanno operazioni di ricerca e soccorso non ha armi - di lasciare loro l'imbarcazione dopo il trasbordo dei migranti. E così è avvenuto.

Le testimonianze di chi arriva fotografano una realtà che sembra farsi sempre più drammatica. Tra i migranti sbarcati oggi a Pozzallo anche un giovane centroafricano ferito da un'arma da fuoco: alla polizia ha raccontato che a sparargli sono stati i trafficanti, sulle coste della Libia, per costringerlo a salire sui gommoni.
Pure i numeri di gennaio dimostrano che la situazione è peggiore di quella del 2014, quando alla fine sono stati 170mila i migranti accolti: 3.538 persone arrivate nei primi 30 giorni del 2015 contro 2.171 sbarcate l'anno scorso. E quello degli sbarchi potrebbe non essere l'unico problema.

INCUBO ISIS, LAMPEDUSA HA PAURA - A Lampedusa, tra la gente, comincia a diffondersi la paura. L'avanzata dell'Isis fino al golfo della Sirte, nel cuore del Mediterraneo, sta creando preoccupazione tra gli isolani, scossi già dalla massiccia ripresa di partenze di barconi carichi di migranti proprio dalla Libia, al centro dell'offensiva del Califfato.
Il pericolo, paventato da più parti, di un attacco dei terroristi islamici all'Italia ha fatto tornare indietro di 29 anni il calendario degli isolani più anziani. Era aprile dell'86 quando Gheddafi ordinò il lancio di missili contro Lampedusa, in risposta all'attacco degli Usa, per colpire l'installazione militare Loran. I due Scud libici, però fallirono il bersaglio, un primo esplose in mare a 2 km a nord-ovest e il secondo a 2 km a sud-ovest dalla base di Capo Ponente.

Quell'incubo ora sembra tornato. "Purtroppo i tg si occupano dell'Ucraina senza rendersi conto che la guerra ce l'abbiamo in casa", dice Totò Martello, a nome dei pescatori del Consorzio dell'isola. L'ex sindaco teme da parte della politica e dei media una sottovalutazione del rischio. "Tutti ricordiamo quanto accadde quel giorno, ma oggi come allora si pensa che Lampedusa non faccia parte dell'Italia - sostiene Martello - Nell'86 Spadolini disse che i missili di Gheddafi non sarebbero arrivati in Italia, neanche lui considerava Lampedusa parte del Paese. Ecco il clima è lo stesso". E avverte che "i pescatori stanno lavorando in un clima di terrore, il popolo di Lampedusa va difeso, nessuno pensi di scherzare. Siamo in guerra".
Un allarme condiviso dalla Lega Nord. "La situazione in Libia obbliga il nostro governo a proteggere Lampedusa e Pantelleria con l'invio di battaglioni specializzati nella lotta al terrorismo e la Marina a schierare le fregate a protezione delle acque territoriali", dice Sergio Divina, vicepresidente della commissione Difesa del Senato. E considerando che "Sirte e Derna in mano all'Isis vuol dire il Califfato a 200 km come la distanza tra Napoli e Roma", invita "il ministro Pinotti a convocare, d'intesa con il presidente Mattarella come capo supremo delle forza armate, un consiglio supremo di difesa straordinario perché non possiamo lasciare le nostre frontiere del Mediterraneo alla mercè di possibili attacchi dell'Isis che possono arrivare tramite i trafficanti e gli scafisti".

Ma il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, cerca di gettare acqua sul fuoco. "Non credo che i terroristi arrivino sui barconi: mi sembra un allarme surreale - sostiene -. Lo dimostrano gli attentati avvenuti in Francia nei giorni scorsi o negli Usa in passato. Di solito chi li ha compiuti era proprio nato in occidente e non arrivato sui barconi". Ed è preoccupata che si "possa diffondere questa psicosi alla vigilia dell'inizio della stagione turistica".
Dal canto suo il ministro dell'Interno Alfano assicura che "per le minacce del terrorismo abbiamo un monitoraggio permanente dei possibili rischi, l'allerta resta elevatissimo, abbiamo riunioni continue con forze dell'ordine e intelligence". Tuttavia, ricorda, "nessuno Paese, nessuno Stato è a rischio zero".

[Informazioni tratte da ANSA, Adnkronos/Ign, Lasiciliaweb.it, GdS.it, Repubblica.it]

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16 febbraio 2015
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