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''Sicilia a crescita zero'' di Agostino Spataro. Dal Quadrante economico siciliano redatto dal Banco di Sicilia

20 maggio 2006

SICILIA A CRESCITA ZERO
di Agostino Spataro

''Relativamente al 2005 il modello di previsione BdS incorpora, sotto un profilo analitico, una complessiva stasi (+ 0, 0%) della crescita aggregata rispetto alla già modesta stima del 2004 (+0, 3%)''.

Poche righe, ma inequivocabili, che ci aiutano a leggere i dati reali dell'economia siciliana verificatisi nel 2005: più zero virgola zero, ossia zero. Probabilmente, ci sarà qualcuno che, per cavillare, potrebbe accendere una disputa sul valore dello zero, partendo dalle due principali scuole di pensiero quella indiana e quella arabo/persiana.
Ma nel nostro caso si tratta di applicare un principio d'aritmetica elementare secondo cui zero più zero fa sempre zero. In sostanza, nel 2005, in Sicilia non c'è stata crescita, nemmeno rispetto a quel deprimente + 0, 3% dell'anno precedente.   

Ma è giusto svelare - prima di proseguire nell'approfondimento - qual è la fonte da cui si origina una tale, inoppugnabile verità.
Si potrebbe pensare alla ritorsione polemica di un esponente dell'opposizione di centro-sinistra o alla trovata propagandistica di un qualche candidato o magari al solito giornalista guastafeste o a qualche analista pessimista per natura.
Invece, questo severo giudizio lo si può leggere a pag. 4 del ''Quadrante economico siciliano'' (n. 2- 2005, stampato nel marzo 2006) del Banco di Sicilia, ovvero di un'istituzione finanziaria importante, per altro partecipata dalla Regione, che, certo, non ha alcun interesse di ledere o, peggio ancora, dileggiare la realtà economica dell'Isola. Tutt'altro.
Un altro passaggio illuminante: ''A fronte di una produzione complessivamente stagnante, la domanda in corso d'anno è apparsa in rallentamento, con un recupero limitato al mese di dicembre...'' ( come dire: grazie ai regali natalizi n.d.r.); tutto ciò mentre gli indici dei prezzi al dettaglio dimostrano ''un segno della debolezza del tessuto economico e di un clima di fiducia negativo presso le famiglie...'' che hanno continuato a subire ''la riduzione del potere d'acquisto reale avviatosi nel biennio precedente...'' (pagg. 3 e 4)

L'ingiustificato aumento dei prezzi costringe le famiglie siciliane ad attingere i grami risparmi e a ricorrere all'indebitamento anche per i consumi di beni non durevoli.
A Palermo e nelle altre città è fiorita una miriade di società finanziarie che ormai concedono prestiti rateizzati anche per finanziare la spesa settimanale al supermercato.
Più che ''benessere diffuso'', a noi sembra una pericolosa bolla che si sta gonfiando per ''indebitamento diffuso'' che prima o poi esploderà, con gravi conseguenze sullo stato economico delle famiglie e sul sistema finanziario. 
Eppure, nel vivo di questa campagna elettorale, si sente parlare il presidente della Regione uscente, e tutto il coro che l'accompagna, di chissà quale mirabolante crescita economica e sociale della Sicilia, di grandi livelli di benessere raggiunti dai siciliani e d' altre meraviglie che si sarebbero realizzate durante il quinquennio dei governi di centro-destra.
Effettivamente, qualcuno (la ristretta fascia di clientes e protetti) si è arricchito, e avrà di conseguenza mutato il suo status sociale, ma alla gran massa dei siciliani di tale presunto benessere non sono andate nemmeno le briciole. Intere fasce della società, comprese alcuni strati del ceto medio urbano, sono state sospinte verso standard di reddito e di consumi tipici della povertà. 
Tuttavia, non sembra che tutto questo sfiori la farisaica falsa coscienza dei nostri governanti che insistono col discorso del benessere profuso a piene mani. Ma a chi?
Vista l'insistenza, dobbiamo pensare che siamo in presenza di una sorta di soggettivismo, provocato da suggestione dello sviluppo, che tende a trasfondere in altri l'eccitazione ottimistica derivata dal  proprio personale benessere, fulmineamente acquisito.      

Anche la tanto sbandierata ''riduzione della disoccupazione'' è frutto di un atto di sconforto sociale che da luogo ad mero artificio contabile, giacché - come spiega lo studio del BdS - ''è ascrivibile al minor numero di persone in cerca di occupazione; fasce di forze di lavoro marginali (soprattutto giovani e donne) hanno infatti preferito rinunciare alla ricerca attiva di un impiego''.
Insomma, donne e giovani siciliani ormai disperano di trovare un lavoro in loco e lo vanno a cercare direttamente in nord Italia e/o all'estero. La loro fuga risolve, certo, un fastidioso problema statistico, ma aggrava il dramma di decine di migliaia di famiglie e quello più generale della Sicilia che si vede privata delle sue migliori forze e intelligenze.
Un espediente statistico che è stato denunciato a più riprese dai sindacati e sulle colonne di questo giornale e che oggi trova autorevole conferma nello studio del Banco e di altre prestigiose istituzioni.
Denunce inascoltate e dileggiate dai governanti di Roma e di Palermo che hanno preferito girarsi dall'altra parte, anche per non vedere le carovana di pulmans in arrivo e in partenza che stanno impoverendo i nostri paesi e arricchendo le tante ditte d'autotrasporti che movimentano la gran parte dei flussi di manodopera, stagionale e non solo, dalla Sicilia verso il nord.
Queste sono solo alcune delle osservazioni contenute nel ''Quadrante''. La ristrettezza di spazio non ci consente di riprendere e approfondire tante altre.

Un consiglio a candidati e oratori di questa campagna elettorale: portatevi appresso questa rivista e  commentatela con i cittadini elettori, forse risulterà più agevole sottolineare, in rosso, tutte le fantasiose bugie propinate dai governanti siciliani.

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20 maggio 2006
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