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"Sono invincibile"

Fatto sta' che il governo del Cavaliere ha incassato la fiducia e lui continua ad esserne il presidente

15 dicembre 2010

Prima ha incassato la fiducia al Senato (162 voti a favore, 135 contrari, assenti 11 senatori), poi quella alla Camera: respinte con 314 no e 311 sì le due mozioni di sfiducia presentate nei confronti dell'esecutivo Berlusconi. Gli astenuti sono stati due.
Sono stati quindi solo tre i voti con i quali è stato possibile alla maggioranza bocciare le mozioni di sfiducia nei confronti del governo.
Determinanti possono essere considerati i voti di Massimo Calearo, Bruno Cesario e Domenico Scilipoti, i tre deputati del "Movimento di responsabilità nazionale". Un suo peso, tuttavia, lo hanno avuto anche il non voto di Silvano Moffa (Fli), che pure era presente in Aula ma non ha risposto a nessuna delle due chiame, e quello di Antonio Gaglione, ex Pd ed oggi 'Noi Sud' che a Montecitorio non si è visto. Ovviamente determinanti anche i voti di Katia Polidori e di Maria Grazia Siliquini, entrambe di Fli, che alla fine hanno deciso di votare contro le mozioni di sfiducia.

Esultanza in Aula dai banchi del Pdl all'annuncio del voto. I deputati del Pdl hanno sventolato il tricolore e alcuni di loro hanno mostrato un pallottoliere. Successivamente hanno urlato Italia, Italia, intonato l'Inno di Mameli e chiesto a gran voce le dimissioni di Gianfranco Fini da presidente della Camera.
A Montecitorio dunque i finiani si sono spaccati sull'ipotesi di mettere in crisi il governo. Italo Bocchino, presidente dei deputati Fli dopo il voto della Camera, ha detto: "Quando a Togliatti venne detto che era stata occupata una prefettura lui disse: bravo, ora che ci fai? Ecco, a Berlusconi bisogna dire: con tre voti in più, che ci fai?".
Una prima analisi della maggioranza arriva invece dal ministro Franco Frattini, secondo cui a questo punto "c'è un risultato solido al Senato e di misura alla Camera che ci consentira' di governare e attuare, se possibile, l'offerta di Berlusconi ad allargare ad altre forze politiche e a una nuova prospettiva questa nuova stagione di governo che continuerà, comunque continuerà".

Scene da una "non sfiducia" - Durante le operazioni di voto, e in generale nel corso dell'intera giornata, alla Camera si è respirato un clima di grande tensione. Dall'uscita di Berlusconi, seguito da tutti i suoi, appena presa la parola da Antonio Di Pietro, al voto contro della Polidoro che ha fatto scoppiare un tafferuglio tra Fabio Granata e Giorgio Conte.
Ha resistito meno di un minuto, poi Silvio Berlusconi non ce l'ha fatta più e ha lasciato l'aula di Montecitorio, seguito da quasi tutti i parlamentari della maggioranza, mentre parlava Antonio Di Pietro che attaccava il premier e il suo "impero di cartapesta giunto al capolinea". Alla parole del leader dell'Idv, Berlusconi prima si è nervosamente aggiustato la cravatta, poi ha appoggiato entrambe le mani sul tavolo del governo, poi, si è alzato, ha fatto un cenno con la mano come per dire 'vi saluto', ed è uscito dall'aula tra gli applausi della maggioranza. Il presidente del Consiglio è stato quindi seguito dai deputati del Pdl dopo che Di Pietro aveva definito "Noriega" il premier. Un'iniziativa per protestare anche nei confronti del presidente della Camera Gianfranco Fini per non aver richiamato il leader dell'Idv. "Finalmente oggi inizia la fine del suo impero di cartapesta, perché qualunque sia il risultato del voto, un dato è certo: lei non ha più una maggioranza politica per governare" ha sottolineato Di Pietro. "Lei è arrivato al capolinea della sua esperienza politica. Non le resta che consegnarsi alla magistratura e farsi processare. Pavido e fuggitivo, è riprovevole, con il voto comprato oggi ha violato il Parlamento e violentato la Costituzione".
A queste parole Berlusconi è uscito dall'aula mentre Di Pietro lo apostrofava con un "fuggitivo Berlusconi, presidente del consiglio che fugge, pavido oggi mentre ieri era tutto tronfio...".

"Silvio sei forte!" - Assediato dai suoi deputati il Cavaliere ha risposto con un sì a chi gli chiedeva se si aspettava questo risultato a Montecitorio. Protetto da un cordone formato dai commessi di Montecitorio, ha stretto la mano e salutato i deputati del Pdl che lo invocavano. "Silvio sei forte!", gli gridavano alcuni parlamentari azzurri.
Dopo la vittoria il premier ha chiesto alla Lega il via libera politico all'allargamento della maggioranza all'Udc e il Senatur gliel'ha accordato: "Non c'è nessun veto all'ingresso dei centristi". In cambio, raccontano, il Carroccio ha avuto garanzie sul federalismo e sul fatto che se con pochi voti non si riuscirà a governare la strada obbligata sono le elezioni. La Lega, infatti, non demorde e spinge per il voto (per Calderoli "il governo non mangerà la colomba"), convinta che una maggioranza così risicata può solo logorare e non certo far governare il Paese. Berlusconi (che oggi salirà al Colle per riferire sul voto) è pronto a rafforzare la squadra di palazzo Chigi ed è già iniziato il 'corteggiamento stretto' di Pier Ferdinando Casini per favorire un rimpasto in tempi brevi. Nel Pdl circolano voci secondo le quali il premier potrebbe chiedere a ministri e sottosegretari di rimettere nelle sue mani il mandato così da procedere a quel "rafforzamento" già annunciato. Il ricambio, spiegano, potrebbe essere quindi anche più ampio rispetto ai 'posti' vacanti lasciati dai finiani nell'esecutivo.

Parato il colpo il Pdl passa al contrattacco di Fli, e invita Gianfranco Fini a trarre le conseguenze con le dimissioni. Dice Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl: "Ora il presidente della Camera deve riflettere attentamente su quello che pacatamente gli abbiamo detto in aula". "E' stato sconfitto un disegno di destabilizzazione", aggiunge poi. A questo punto "sono impossibili il governo cosiddetto di responsabilità o tecnico". Il capogruppo spiega che la fase che si apre ora "si basa sul nucleo Berlusconi-Pdl e Lega che deve fare i conti con i problemi della società italiana e con i numeri".
"Questa era una sfida che non ammetteva il pareggio e ha vinto Berlusconi", ha aggiunto poi il ministro della Giustizia, Angelino Alfano. "Intendiamo continuare a governare, a seguire il programma della legislatura, vista l'autosufficienza dal punto di vista parlamentare che non è ampia ma è quella che oggi serviva per vincere". Quanto all'apertura annunciata ieri dal premier ai moderati, il ministro ha detto: "non ho un solo dubbio che ciò accadrà. Berlusconi ha annunciato che lo farà e, dopo la fiducia concessa, sarà coerente. Farà il lavoro che il capo di un partito e il capo di un governo può fare per dare una grande casa ai moderati, che sono dal 1948 la maggioranza degli italiani".
Il ministro per la Pubblica istruzione, Maria Stella Gelmini, non ha usato mezze parole: "Ora Fini dovrebbe dimettersi dalla presidenza della Camera. Chi si è reso artefice e responsabile di questa" spaccatura all'interno della maggioranza che ha portato a un nuovo voto di fiducia, "deve trarne le dovute conseguenze. Le dimissioni, secondo me, si impongono".
A puntare il dito contro Fini è anche il sottosegretario all'Attuazione del programma, Daniela Santanché: "Auguro una bella giornata anche per Gianfranco Fini. Si dimetta per ritrovare la dignità e l'onore anche nella sconfitta, e i valori di destra che lui aveva perso per strada".

Gianfranco Fini: "Berlusconi non ha vinto politicamente" - "La vittoria numerica di Berlusconi è evidente quanto la nostra sconfitta, resa ancor più dolorosa dalla disinteressata folgorazione sulla Via di Damasco di tre esponenti di Futuro e Libertà. Che Berlusconi non possa dire di aver vinto anche in termini politici sarà chiaro in poche settimane". Questa la dichiarazione il leader di Fli e presidente della Camera, Gianfranco Fini.
Lasciando la riunione di Futuro e libertà nello studio di Fini, Luca Barbareschi ha detto: "Abbiamo registrato la delusione per il fatto che alcuni dei nostri si sono fatti comprare. D'altronde, è la storia di questo Paese: basta guardare il mio film di sette anni fa 'Il trasformista' che raccontava tutto e per questo lo regalerò alla Camera".
E per Filippo Rossi, direttore di Ffwebmagazine, periodico online di Farefuturo, "per tre voti il quarto governo Berlusconi continua a galleggiare. Senza la possibilità di governare il Paese, senza la possibilità di riformare alcunché, senza la possibilità di incidere sui destini del Paese se non nel prolungamento di un'agonia politica ma anche estetica che sta logorando il Paese. E' la vittoria di Pirro di un premier che 'se ne frega'". Ma "la bufera - ha aggiunto - non passa, presidente Berlusconi. Qualche ora in più, qualche giorno in più non serviranno a portare indietro le lancette della storia. Il berlusconismo è comunque finito. E soprattutto, dopo queste ultime brutte giornate, non lascerà un buon ricordo nella memoria degli italiani".

I commenti dall'opposizione - "Non cambia nulla, il governo così non ce la fa. La crisi politica esce drammatizzata". Questo il commento del segretario del Pd, Pierluigi Bersani, dopo il no della Camera alla sfiducia al governo Berlusconi. "Abbiamo ottenuto il massimo che potevamo", ha continuato e alle accuse, che già cominciano a circolare, di aver commesso un errore nell'inseguire Udc e Fli, il segretario del Pd ha risposto: "Non è stato uno sbaglio. La maggioranza aveva 60, 70 voti in più, oggi ne ha soltanto 3 in più". "Per un Paese nei guai, pensare al voto è da irresponsabili - ha continuato -. Non c'è da cambiare una virgola su questo rispetto a ieri". Bersani non ha risparmiato critiche a Berlusconi: "E' un gesto irresponsabile quello del presidente del Consiglio di cercare tattiche di sopravvivenza con tutti i problemi che ha il Paese, ci vuole una dose di irresponsabilità nel non voler affrontare i veri problemi del Paese ed evitarli con pratiche sconosciute".
Durissimo il giudizio di Massimo D'Alema: "Non è una bella pagina di storia parlamentare perché abbiamo assistito a questa scena di trasformismo, questo mercanteggiare fino all'ultimo, questo aspettare la seconda chiama per sembrare decisivi. Uno spettacolo che alimenta il peggiore qualunquismo". Con questo passaggio parlamentare "perde il Paese", ha sottolineato il presidente di Italianieuropei, perché "con 314 voti non si governa". Il premier si è lanciato in una "sfida avventurosa" ma un problema politico "non si risolve con una prova di forza e con qualche voto precario". Si conferma, ha rimarcato ancora, che "Berlusconi è un fattore di corrompimento della vita pubblica, con conseguenze gravi".
Secondo D'Alema il rischio di elezioni anticipate ora è "più vicino". "C'è sempre in campo la possibilità di un governo di responsabilità nazionale, che continuiamo a proporre - ha aggiunto il presidente del Copasir - e che non ha perduto attualità visto che la maggioranza non c'è più e il governo non può più andare avanti".
Per il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, "in un paese normale" il risultato "dovrebbe imporre al presidente del Consiglio di andare dal presidente della Repubblica, questo pomeriggio, e avviare le consultazioni per una crisi di governo". Ma secondo Di Pietro "siccome a Berlusconi interessano solo gli affari suoi, tenterà di far passare per vittoria anche la sconfitta". La maggioranza politica che sosteneva il presidente del Consiglio, ha detto ancora , "non c'è più. Berlusconi si trova davanti a un bivio, o rassegnarsi a governicchiare solo per mantenere il ruolo di presidente, e godere del lodo Alfano, o andare dal presidente della Repubblica e avviare una crisi parlamentare per valutare se in Parlamento si possa trovare una maggioranza politica che sostenga un governo per risolvere i problemi del paese. Per noi dell'Idv prima si va a votare e meglio è", ha detto il leader dell'Italia dei valori. Quanto alle richieste di dimissioni di Gianfranco Fini, secondo Di Pietro, "è una vendetta, un'offesa alle istituzioni. Nessuno può dire e dare la prova di un solo fatto che dimostri che Fini non ha fatto bene come presidente della Camera".

Secondo il presidente della Regione Sicilia, Raffaele Lombardo, "quest'equilibrio non può reggere. Al governo non si danno neppure 10 giorni di vita. Con la fiducia si va direttamente al voto anticipato, anche se mi auguro di essere smentito". "Come noi sostenevamo - ha spiegato - con un equilibrio così risicato, la Lega e altre forze interne alla maggioranza ormai spingono per elezioni anticipate". "Ci aveva azzeccato Berlusconi, i numeri gli hanno dato ragione", ha aggiunto Lombardo. Quanto a Fini, secondo il governatore, si trova "nella stessa posizione di ieri, le sue scelte sono state coerenti e obbligate dalle dinamiche di emarginazione a cui era stato costretto dal Pdl".
Lombardo ha ribadito di non essere ottimista circa il voto anticipato, ma ha anche annunciato che se Berlusconi traducesse in atti concreti il Piano per il Sud "andremo veramente verso una fase nuova. Per ora però non ci credo".
Il presidente della Regione ha sottolineato che il dialogo avviato con Fli, con Api e con Casini "continua e va avanti lungo la strada di un accordo che, mi auguro, ci veda sempre insieme. Il polo terzo più che terzo polo - ha detto il governatore - è, secondo me, decisivo al Senato ma non è detto che non lo sia anche alla Camera".
Lombardo ha criticato l'attuale legge elettorale "che è alla base di un sistema politico ingessato. La politica non funziona se alla base c'è un Parlamento che è stato eletto da un sistema elettorale che determina un deficit di democrazia". Infine, per Lombardo, il voto di ieri non avrà ripercussioni sul governo regionale: "Gli oppositori continueranno a fare calunnie che noi correggeremo con i fatti", ha concluso.

[Informazioi tratte da Adnkronos/Ing, Ansa, Lasiciliaweb.it]

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15 dicembre 2010
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