"Sono qui per venire incontro alle esigenze delle verità e della giustizia"
Il presidente del Senato, Piero Grasso, ha deposto al processo sulla trattativa Stato-mafia
"Sono qui per venire incontro alle esigenze delle verità e della giustizia". Il presidente del Senato Piero Grasso stamani è stato a Palermo per deporre al processo sulla trattativa Stato-mafia. Sia il presidente della Corte d'Assise che la procura di Palermo e le difese hanno ringraziato Grasso per aver rinunciato alle prerogative di farsi esaminare a Palazzo Madama.
L'ex capo della Dna, citato dai pm, testimonia - si legge nell'articolato di prova - "in ordine alle richieste provenienti dall'ex ministro Nicola Mancino aventi ad oggetto l'andamento delle indagini sulla cosiddetta trattativa, l'eventuale avocazione delle stesse e o il coordinamento investigativo delle Procure interessate".
La vicenda è quella venuta fuori dalle intercettazioni effettuate dai pm sulle utenze telefoniche di Mancino che, nel processo, è accusato di falsa testimonianza. Dalle indagini emersero le sollecitazioni fatte dall'ex politico Dc a Grasso, all'epoca capo della Dna, direttamente e per il tramite dell'ex consigliere giuridico del Quirinale Loris D'Ambrosio, perché esercitasse i poteri di coordinamento, riconosciuti alla procura nazionale antimafia, in merito alle inchieste condotte dai tre uffici sul presunto patto Stato-mafia.
Il processo si celebra davanti alla corte d'assise. In aula a rappresentare l'accusa erano presenti il procuratore di Palermo Francesco Messineo, l'aggiunto Vittorio Teresi e i pm Nino Di Matteo e Roberto Tartaglia.
"Il coordinamento da affrontare era quello sul processo trattativa perché c'erano state delle lamentele", ha detto Grasso rispondendo al pm. Sul tavolo la lettera di Marra con allegata una lettera dell'ex ministro degli Interni Nicola Mancino, uno degli imputati. Una telefonata di convocazione, ricevuta dall'allora procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, da parte del procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani, è al centro dell'inizio della deposizione del presidente del Senato.
Rispondendo alle domande del procuratore Francesco Messineo, Grasso ha detto che "era il 16 aprile del 2012 e Vitaliano Esposito era andato in pensione giorno 11 aprile". La convocazione ha spiegato Grasso, rientrava "fra i poteri del procuratore generale della Cassazione perché il Pg esercita un dovere di sorveglianza sul procuratore nazionale antimafia". Medesima convocazione, quando l'anno prima si registrò un contrasto fra le procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze, non ci fu. "Nella telefonata del 2012 mi fu detto - ha ricordato Grasso - che l'oggetto della riunione erano questioni varie di coordinamento, ma si parlava anche dei problemi di parcheggio attorno alla procura nazionale antimafia. Al telefono non si parlò del processo sulla trattativa e nemmeno si fece riferimento a lettere scritte da Mancino alla Presidenza della Repubblica". La riunione si tenne nel pomeriggio del 19 aprile.
"Nel corso della riunione convocata dal Pg Ciani nessuno mi chiese l'avocazione delle indagini", ha detto Grasso, rispondendo a una richiesta di precisazione della Corte d'assise di Palermo, presieduta dal giudice Alfredo Montalto. "Si parlava - ha spiegato l'ex procuratore nazionale antimafia - di differenze di valutazione fra le varie procure". Poco prima Grasso aveva ricordato come "nel corso della cerimonia degli auguri di Natale del 2011, alla Presidenza della Repubblica, avevo incontrato il senatore Mancino e in quella circostanza mi apostrofò dicendo che era quasi perseguitato e che c'erano differenze di valutazioni tra le diverse procure. Gli dissi che l'unico modo era il potere di avocazione".
Grasso è quindi tornato sulla riunione convocata da Ciani spiegando che "era evidente il collegamento con le lamentele del senatore Mancino legate a differenze di valutazione delle diverse procure. Secondo lui la giurisdizione deve avere una univocità di valutazione". Grasso ha spiegato poi che in quella occasione disse "non ci sono gli estremi per esercitare i poteri di avocazione, e del resto non è mai avvenuto. Rappresentai pure la mia impossibilità di intervenire per coordinare anche perché nel frattempo c'erano i dibattimenti". Al termine della riunione il procuratore generale Ciani chiese una relazione. Grasso chiese una richiesta scritta ma Ciani disse che non era necessaria.
"Pensavo che sarei stato citato non solo come teste ma come persona offesa visto che qualcuno, come il pentito Brusca, aveva detto che ero tra quelli a cui dare un colpetto per ravvivare la fiamma della trattativa".
A conclusione delle domande della Procura Grasso ha sottolineato la sua meraviglia per non essere stato citato al dibattimento come persona offesa, bensì solo come testimone. Il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca aveva infatti raccontato di un progetto di attentato a Grasso proprio per dare nuovo input al "dialogo" con pezzi delle istituzioni giunto a una fase di stallo.
Al velato 'appunto' mosso da Grasso il procuratore di Palermo Francesco Messineo che ha condotto l'esame ha risposto: "Qui non stiamo celebrando un processo per strage o per mancata strage, ma per violenza o minaccia a Corpo politico dello Stato".
[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, Corriere del Mezzagiorno]
- Va avanti il processo Stato-mafia (Guidasicilia.it, 10/07/14)