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''Toro scatenato'' in giro per la Sicilia, la terra da dove agli inizi del 900 emigrarono i suoi genitori

Jake La Motta, campione del mondo dei pesi medi dal '49 al '51, finalmente nella sua Terra

22 settembre 2005





Jack La Motta nell'Isola da dove emigrarono i suoi genitori

di Lucio Luca (Repubblica.it)

Un piatto di spaghetti al ragù, un bicchiere di rosso e l'ultimo sole d'estate: ''A 83 anni non potevo chiedere di più dalla vita. Finalmente sono in Sicilia, la mia terra. Me ne hanno parlato fin da quando ero bambino, adesso sono qui e mi danno l'anima: come ho fatto a non venirci prima?''.
Quel vecchietto in pantaloncini azzurri e maglietta arancione che pranza in una trattoria di Bagheria assieme al fratello Joey, alla cognata Margherita e a Denise, la sua futura settima moglie, si chiama Jack La Motta anche se per tutti è semplicemente ''Toro scatenato''.
Per due anni, dal '49 al '51, è stato il campione del mondo dei pesi medi. Prese la corona a Detroit dopo aver sconfitto Marcel Cerdan, la conservò l'anno successivo al termine di un match epico con Tiberio Mitri ma dovette arrendersi al rivale di sempre, quel Ray Sugar Robinson che aveva battuto per cinque volte di fila prima della sconfitta di San Valentino del 1951.

Dalla strada al riformatorio, dalla palestra al successo prima della caduta rovinosa, un classico della boxe. Una vita da film quella di Jack. E un film, da Oscar, fu quello girato da Martin Scorsese nel 1980 con un Robert De Niro superlativo: ''Me lo rivedo ogni tanto - ride La Motta prima di accendersi un sigaro - e penso che Scorsese sia un genio. Quanto a De Niro, che cosa posso dire? Ero io, in quel film c'era il La Motta originale. Al cento per cento''.

Jack distribuisce autografi e, ai più fortunati, regala anche un biglietto da visita con una vecchia foto: ''Vedete, io mi firmo Jake anche se poi in Italia tutti storpiate il mio nome. Ma va bene lo stesso: non pensavo di essere così famoso anche qui da voi''.

''Toro scatenato'' è un fiume in piena: in questi giorni di vacanza è andato in giro per monumenti ma non ha certo rinunciato a un tuffo nel mare di Mondello. ''Passerò anche da Messina, la città di mio padre Giuseppe. Faceva il muratore e in Sicilia moriva di fame. Prese il piroscafo e nel 1909 sbarcò in America in cerca di fortuna''.

Mister La Motta si gode un caffè all'italiana, assaggia un pezzo di cassata e torna indietro nel tempo: ''Sono salito sul ring 106 volte e ho perso solo quattro incontri. Alcune di queste sconfitte, poi, sono pure fasulle. Per poter partecipare al mondiale del 1949, per esempio, la mafia mi impose di perdere con Billy Fox. Certo, qualcuno può pensare che anche qualche mia vittoria sia stata decisa a tavolino: pensatelo pure, ma io ero il più forte di tutti e non avevo certo bisogno di trucchetti per demolire i miei avversari''.
Resta quella amara sconfitta con Ray Sugar Robinson che chiuse di fatto la sua carriera e gli aprì le porte del baratro, abbandonato dalla moglie e dal fratello manager a causa del pessimo carattere. Quel fratello, però, ora è di nuovo con lui a fare baldoria: ''Litigano ancora - racconta la cognata Margherita - ma ormai sono due vecchi brontoloni di ottant'anni. È il loro modo di volersi bene: se non si beccano non sono contenti''.

L'ultimo pensiero va alla boxe dei nostri giorni. Uno sport che a Jack non piace più: ''Troppo show, troppo business. Non ci sono più campioni. Mi piaceva Tyson, uno che aveva dovuto faticare per diventare un mito. Ma gli è bastato poco per rovinarsi e dopo di lui non c'è stato più nessuno''.

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22 settembre 2005
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