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"Trattativa e ragion di Stato"

Dalla requisitoria dell'udienza preliminare sulla trattativa Stato-mafia

10 gennaio 2013

"Uomini dello Stato trattarono con la mafia in nome di un'inconfessabile ragion di Stato". Così il pm Nino Di Matteo ha cominciato la requisitoria dell'udienza preliminare sulla trattativa Stato-mafia giunta ormai alle battute finali.
L'udienza, davanti al gup Piergiorgio Morosini nell'aula bunker del carcere Ucciardone, anche ieri si è svolta a porte chiuse visto che alcuni dei legali degli 11 imputati si sono opposti all'ingresso del pubblico.
Per la trattativa sono davanti al gup boss, ufficiali del Ros, politici e Massimo Ciancimino. Stralciata l’altro ieri la posizione del capomafia Bernardo Provenzano che, sottoposto a una perizia neurologica, non sarebbe in grado di partecipare coscientemente al procedimento (LEGGI).

Di Matteo ha ricostruito il contesto in cui i protagonisti del presunto patto tra le istituzioni e Cosa nostra si sarebbe stretto. A rompere un equilibrio politico-mafioso già in crisi sarebbe stata la sentenza del maxiprocesso: è allora, nel '91, che Cosa nostra si sarebbe accorta che nulla sarebbe più stato come prima. E avrebbe pianificato "un progetto per eliminare i rami secchi e fare la guerra per fare poi la pace". E' questo, per il pm Nino Di Matteo, il quadro che avrebbe preceduto l'omicidio dell'eurodeputato Salvo Lima, garante insieme ad Andreotti, per l'accusa, del vecchio equilibrio politico-mafioso.
Il delitto Lima, dunque, sarebbe stato non solo un chiaro messaggio ad Andreotti, ma anche il primo atto della strategia stragista e di minaccia allo Stato posto in essere da Cosa nostra che avrebbe poi indotto parte delle istituzioni a trattare.
Ma a scuotere Cosa nostra non furono solo gli ergastoli del maxi, ma anche la nomina di Giovanni Falcone agli Affari penali voluta dai ministri Martelli e Scotti. Un'ulteriore prova per i mafiosi che le cose erano cambiate. Per i pm la sentenza del maxi "fece male alla mafia anche perché riconobbe l'unitarietà di cosa nostra, la sua struttura verticistica, l'esistenza della commissione e la responsabilità dei vertici nei delitti eccellenti".

Le dichiarazioni spontanee del pentito Giovanni Brusca - "Non sono stato io il primo a dire che la Sinistra sapeva della trattativa: l'aveva detto già Riina in un processo e in quella sede aveva incluso nella Sinistra i comunisti".
Lo ha detto il pentito Giovanni Brusca intervenendo con dichiarazioni spontanee all'udienza sulla trattativa Stato-mafia che si è celebrata ieri a Palermo. Brusca, che è stato il primo collaboratore di giustizia a parlare del cosiddetto 'papello', l'elenco delle richieste di Totò Riina allo Stato per fare cessare le stragi, è intervenuto dopo le conclusioni del pm. Il pentito è tra gli 11 imputati del procedimento ed è accusato di violenza e minaccia a Corpo politico dello Stato.
L'udienza prosegue oggi con le conclusioni dei pm e delle parti civili. I difensori interverranno l'11 e il 14 gennaio.

[Informazioni tratte da ANSA, LiveSicilia.it, Lasiciliaweb.it, GdS.it]

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10 gennaio 2013
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