'Tutti su mio padre'
La Fininvest deve risarcire 560 mln a Cir. Marina Berlusconi: ''L'ennesima, scandalosa aggressione contro mio padre"
Sabato, 9 luglio 2011, la seconda Corte d'Appello civile di Milano ha condannato la Fininvest a pagare alla Cir complessivamente 560 milioni, tra capitale, interessi legali dall'ottobre 2009 e spese legali, come risarcimento per i danni causati a Carlo De Benedetti dalla corruzione giudiziaria che nel 1991 inquinò l'ultima pagina della cosiddetta 'guerra di Segrate' per il controllo della prima casa editrice italiana, la Mondadori.
La somma indicata dai giudici milanesi in 'parziale riforma' del verdetto di primo grado, che aveva invece quantificato il risarcimento in 750 milioni, è composta da 540 milioni di risarcimento vero e proprio, più gli interessi legali del 2,5% a partire dalla data della sentenza di primo grado emessa dal giudice Raimondo Mesiano, cioè l'ottobre 2009, e dalle spese legali fissate in 8 milioni di euro.
A influire su gran parte dello 'sconto' del risarcimento è stato l'esito della consulenza tecnica d'ufficio che nel marzo 2010 la Corte d'Appello ha affidato ai professori Luigi Guatri, Maria Martellini e Giorgio Pellicelli per accertare "se fra giugno 1990 e aprile 1991 siano intervenute variazioni dei valori delle società e delle aziende oggetto di scambio tra le parti". Proprio la consulenza ha stabilito che le variazioni del valore delle azioni del gruppo scambiate tra il giugno del '90 e l'aprile del '91 è di 88,6 miliardi di lire in meno. Non solo. A incidere sulla riduzione del risarcimento è stato anche il mancato calcolo, in primo grado, dell'acquisto delle azioni dell'Espresso, passaggio che ha ridotto la prima quantificazione di 750 milioni di circa 66,8 miliardi di lire. E non è finita perché a giudizio della Corte presieduta da Luigi de Ruggiero, la sentenza della Corte d'appello di Roma del '91 non ha determinato un danno all'immagine della Cir, indicata all'epoca come il gruppo 'perdente'. Per questo, alla somma finale, sono stati tolti altri 40 milioni di euro che invece il giudice Mesiano aveva riconosciuto al gruppo di De Benedetti.
A parte la riduzione di un quarto netto dell'importo indicato in primo grado, nel resto la sentenza d'appello conferma nella sostanza quanto già valutato: la Mondadori venne assegnata a Berlusconi grazie alla corruzione di un giudice, Vittorio Metta, 'comprato' per emettere una sentenza 'aggiustata' in favore della Fininvest. "Con Metta non corrotto il lodo sarebbe stato confermato", scrivono i giudici milanesi in un passaggio delle circa 300 pagine di motivazioni. A loro giudizio, dunque, la Cir subì un danno "immediato e diretto" dalla sentenza Metta, e non una semplice ''perdita di chanches" come aveva stabilito il giudice Raimondo Mesiano: la corruzione di Metta ha privato Cir, scrive la Corte in sentenza, non tanto della "chance" di una sentenza favorevole, ma, senz'altro, della sentenza favorevole, nel senso che, con "Metta non corrotto", l'impugnazione del lodo arebbe stata respinta. Su questo i giudici d'appello non hanno dubbi: il premier è "corresponsabile", scrive la Corte facendo propria una valutazione già espressa dal giudice di primo grado, di una corruzione ormai accertata da sentenza passata in giudicato dalla Cassazione nel 2007. Un passaggio 'pesante' nei confronti di Berlusconi, che penalmente non ha mai subito nessuna conseguenza dalla vicenda del Lodo Mondadori dopo che, nel 2001, in udienza preliminare, il gup Rosario Lupo gli ha concesse le attenunati generiche e, dunque, la prescrizione del reato.
Per confutare ogni dubbio e replicare alle tante questioni sollevate in udienza da Fininvest, la Corte milanese ha addirittura provato a riscrivere quel verdetto 'inquinato' del 1991 individuandone tutti gli "errori evidenti (non argomentazioni opinabili) della 'sentenza Metta'". Il fatto che la Cir, all'epoca, non abbia proposto ricorso in Cassazione ma abbia poi partecipato alla mediazione guidata da Giuseppe Ciarrapico, non cambia nulla, sostengono i giudici milanesi. Anzi, per il gruppo di De Benedetti, era una scelta obbligata. Questa volta, il verdetto d'appello è immediatamente esecutivo, così come lo sono tutte le sentenze nella giustizia civile. Lo sono già dal primo grado ma in questo caso, precisamente nel dicembre 2009, gli avvocati delle due parti hanno raggiunto un'intesa per 'congelare' il pagamento a fronte di due condizioni: una fideiussione da 800 milioni prestata da un pool di quattro banche alla Fininvest in favore della Cir, e l'impegno della Corte d'Appello a definire in tempi rapidi la causa di secondo grado. In linea teorica l'esecutività del provvedimento potrebbe essere sospesa soltanto in caso di "grave e irreparabile danno", vale a dire il rischio di fallimento per la Mondadori. Un rischio che però, fanno notare negli ambienti giudiziari milanesi, non rientra in questo caso specifico. Questo significa che ora la Cir, non appena avrà in mano le copie "registrate" della sentenza firmata dai giudici Luigi De Ruggiero, Walter Saresella e Giovambattista Rollero, potrà riscuotere la fideiussione in Banca Intesa Sanpaolo, che è capofila del pool con Unicredit, Monte dei Paschi di Siena e Popolare di Sondrio, e così incassare i 560 milioni di euro.
E' evidente che Fininvest, che ha già preannunciato ricorso in Cassazione, chiederà la sospensione del provvedimento in attesa del pronunciamento definitivo della Suprema Corte. Ma non è detto che gli venga concessa.
"Una sentenza che suona anche come un'amara sconfitta per la giustizia, per quanti continuano a credere che esista, che debba esistere, una giustizia imparziale e giusta. E' una sentenza che rappresenta l'ennesimo scandaloso episodio di una forsennata aggressione che viene portata avanti da anni contro mio padre, con tutti i mezzi e su tutti i fronti, compreso quello imprenditoriale ed economico". Questo il commento di Marina Berlusconi, presidente di Fininvest, alla sentenza della Corte d'Appello civile di Milano.
"E' una sentenza che sgomenta e lascia senza parole. La Fininvest, che ha sempre operato - ha tenuto a sottolineare Marina Berlusconi - nella più assoluta correttezza, viene colpita in modo inaudito, strumentale e totalmente ingiusto. E il parzialissimo ridimensionamento della sanzione rispetto al giudizio di primo grado nulla naturalmente toglie alla incredibile gravità del verdetto. Neppure un euro è dovuto da parte nostra, siamo di fronte ad un esproprio che non trova alcun fondamento nella realtà dei fatti né nelle regole del diritto". "E' indiscutibile - ha evidenziato il presidente di Fininvest - che questo attacco abbia come principali protagonisti una parte della magistratura (e della magistratura milanese in particolare) e il gruppo editoriale che fa capo a Carlo De Benedetti. E adesso, con un verdetto che nega l'evidenza emesso dalla magistratura milanese, la Fininvest viene condannata a versare una somma spropositata proprio al gruppo De Benedetti. Una somma addirittura doppia rispetto al valore della nostra partecipazione in Mondadori". "Anche di fronte ad un quadro così paradossale e inquietante, non ci lasciamo però intimorire. Già in queste ore - ha annunciato - i nostri legali cominceranno a studiare il ricorso in Cassazione". "Siamo certi - ha concluso la primogenita del cavaliere - di essere assolutamente nel giusto, dobbiamo credere che le nostre ragioni verranno alla fine riconosciute. Verità e giustizia non potranno continuare ad essere calpestate e piegate a logiche inaccettabili e indegne di un Paese civile".
Niccolò Ghedini, parlamentare del Pdl e legale del premier, ha sottolineato: "La Corte d'Appello di Milano ha emesso una sentenza contro ogni logica processuale e fattuale, addirittura ampiamente al di là delle stesse risultanze contabili che erano già di per sé erronee in eccesso, e addirittura superiore al valore reale della quota Mondadori posseduta da Fininvest". "E' la riprova, se ve ne fosse stato bisogno - ha continuato -, che a Milano è impossibile, quando vi è anche indirettamente coinvolto il presidente Berlusconi, celebrare un processo che veda la applicazione delle regole del diritto. E se la Corte d'Appello non sospenderà l'esecutività della sentenza, tale prova sarà ancora più evidente. Comunque la Corte di Cassazione non potrà che annullare questa incredibile sentenza".
Per Daniele Capezzone, portavoce Pdl, si tratta di "una decisione abnorme, che rischia di essere una mazzata tremenda per un'azienda, e di mettere in discussione investimenti, prospettive, posti di lavoro". "C'è da troppo tempo, contro Silvio Berlusconi, un clima da Piazzale Loreto - ha avvertito - con forsennati attacchi politici e personali, con una tenaglia mediatica e giudiziaria, e ora anche con quella che oggettivamente è una mazzata sul piano patrimoniale".
Dall'opposizione il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, ha commentato: "Le sentenze si rispettano e i danni si risarciscono. E se è vero, com'è vero, che Berlusconi è stato condannato in appello per danni causati a un altro gruppo imprenditoriale, significa che lui ci ha guadagnato illecitamente e l'altro ci ha rimesso. E' inutile che Berlusconi e i suoi tentino di buttarla in politica, qui siamo solo di fronte a comportamenti truffaldini gravissimi".
Per Ettore Rosato del Pd: "Era scontata la discesa in campo, con toni isterici, degli esponenti del Pdl a difesa dell'azienda del loro capo, anche se non è affatto giustificata perché le sentenze si rispettano. Preoccupano molto, invece, le dichiarazioni della stessa famiglia Berlusconi che sfiorano l'eversione e si pongono pericolosamente fuori dalla legalità".
Dopo la sentenza, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi tace. Così come sabato ha annullato la prevista visita a Lampedusa, ieri è saltato l'intervento telefonico annunciato alla Festa di Mirabello.
"Non ci sono impedimenti particolari, ma il presidente Berlusconi vuole giustamente evitare reazioni a caldo dopo quella sentenza". Queste le parole del fido sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti dal palco della Festa della libertà, spiegando le ragioni per cui il presidente del Consiglio, contrariamente a quanto annunciato, ha deciso di non collegarsi telefonicamente con la manifestazione. Bonaiuti ha inoltre specificato che il premier preferisce non rilasciare dichiarazioni oggi perché ritiene "importante difendere l'economia italiana e i mercati".
Per il deputato del Pd Dario Ginefra le parole di Bonaiuti "sono l'indicatore dello situazione non più sostenibile nella quale versa l'Italia. Nei grandi Paesi i presidenti del Consiglio intervengono per tranquillizzare i mercati e per evitare speculazioni, da noi il nostro fugge perché è consapevole di essere il primo responsabile di questa instabilità per errori politici e per interessi economici personali".
Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ha replicato così alle parole con cui Bonaiuti ha motivato l'assenza del premier alla festa del Pdl: "I mercati italiani e internazionali valuteranno questa vicenda come va valutata. Tutto è avvenuto a seguito di un caso di corruzione individuale, conclamata e punita. Questo vedrà il mondo, non i complotti, e non è certo una cosa che fa bene al Paese".
In una nota il portavoce dell'Italia dei Valori Leoluca Orlando, ha scritto che l'Idv "vigilerà affinché in Parlamento non sia presentata l'ennesima norma ad personam, come minacciano di fare i pretoriani di Berlusconi: ventisette milioni di italiani hanno già detto un secco no alle leggi fatte solo nell'interesse del premier e non dei cittadini". E ha aggiunto: "Berlusconi si dimetta e non la butti in politica. Le sentenze e i giudici vanno rispettati e non attaccati in modo eversivo da chi non ha rispettato la legge. Per anni il presidente del Consiglio ha approfittato di una sentenza comprata, guadagnando illecitamente del denaro sottratto a un altro gruppo imprenditoriale".
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, Repubblica.it]
- Le tappe del Lodo Mondadori (Repubblica.it)