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"U mari nun si spirtusa"

No alle trivelle in Sicilia: in 57mila hanno firmato l'appello di Greenpeace

10 ottobre 2012

Ieri pomeriggio Greenpeace, insieme a una rappresentanza siciliana di amministratori e politici,  pescatori e comitati locali, hanno consegnato al ministro dell’Ambiente, del Territorio e del Mare, Corrado Clini, l’appello per fermare le trivelle nel Canale di Sicilia.
Sono più di 57 mila le persone che hanno firmato l’appello e più di 50 i sindaci che insieme al Governo regionale hanno appoggiato la campagna di Greenpeace "U mari nun si spirtusa" per fermare le trivelle e tutelare il mare del  Canale di Sicilia.
La volontà dei siciliani e di tutti quelli che amano il mare è chiara: nessun progetto di "petrolizzazione" del Canale, a cominciare  dalla piattaforma "Vega B" in corso di autorizzazione al largo di Pozzallo. Al largo della costa siciliana vi sono già quattro piattaforme attive su concessioni Eni ed Edison e da poco è stata attivata la procedura di Via (Valutazione di impatto ambientale) per un’ulteriore piattaforma: la Vega B.

Greenpeace, con molti altri soggetti, nelle sue osservazioni ha sollevato numerose obiezioni di  forma e di sostanza. "Tutto il petrolio che potrebbe essere estratto dal mare ci basterebbe per meno di due mesi, mentre le piattaforme metterebbero a rischio le economie locali, come il turismo e la pesca, per sempre - commenta Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace - Quel petrolio conviene solo ai petrolieri e a tutti quelli che vogliono mantenere un pericoloso status quo, a vantaggio dei fossili. Se vogliamo superare la crisi economica, dobbiamo puntare sull’innovazione, le rinnovabili e l’efficienza".

"Tra il 2000 e il 2010 la dipendenza dell'Italia dal petrolio per la produzione di energia elettrica è passata dal 30% al 3%, mentre è in crescita il ricorso alle energie rinnovabili - ha spiegato Giorgio Zampetti, responsabile scientifico Legambiente - Il tempo è quindi maturo per fare il salto di qualità anche se c'è ancora la questione dei trasporti su cui lavorare. A questo si aggiungono i 250.000 posti di lavoro che il settore delle rinnovabili creerà nei prossimi 20 anni, a fronte dei 25.000 che verrebbero dal settore del petrolio nei prossimi 14 anni". Eppure, denunciano le associazioni, questo governo continua a puntare sulle energie fossile.
I quantitativi di petrolio in gioco però sarebbero, secondo le associazioni, risibili: allo stato attuale la produzione italiana di petrolio, secondo le associazioni, equivale allo 0,1% del prodotto globale e il nostro Paese è al 49esimo posto tra i produttori. Secondo le ultime stime del ministero dello Sviluppo economico, ci sarebbero nei nostri fondali marini 10,3 milioni di tonnellate di petrolio di riserve certe. Stando ai consumi attuali, coprirebbero il fabbisogno nazionale per sole 7 settimane.
Nonostante il prodotto estratto sia poco e di scarsa qualità, l'Italia rappresenta un paradiso fiscale per i petrolieri: le prime 20 tonnellate di petrolio prodotte in terraferma, come le prime 50 mila tonnellate estratte in mare, i primi 25 milioni di metri cubi di gas in terra e i primi 80 milioni in mare sono esenti dal pagamento di aliquote allo Stato; le royalties sul prodotto estratto sono le più basse al mondo e sulle 59 società operanti in Italia nel 2010 solo 5 le pagavano. Nel decreto 'Cresci Italia' l'incremento delle royalties è dal 7% al 10% per il gas e del 4% al 7% per il petrolio, mentre nel resto del mondo si applicano royalties che vanno dal 20% all'80% del valore degli idrocarburi estratti.

Oltre alle 29 richieste per cercare petrolio nell'area, di cui 11 già autorizzate, con l'approvazione del decreto Sviluppo ad agosto, il Governo rimette in gioco ben altre 8 richieste nel Canale di Sicilia che erano state bloccate dal decreto Prestigiacomo perché troppo vicine alla costa o alle aree protette. "Dopo questo incontro ci aspettiamo che il ministro Clini consideri molto seriamente le richieste e le preoccupazioni di migliaia di cittadini. Chiediamo un impegno forte contro le perforazioni off-shore e a favore di provvedimenti efficaci per la tutela del Canale di Sicilia, una delle zone più ricche di biodiversità del Mediterraneo", ha concluso direttore delle Campagne di Greenpeace Giannì.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, Adnkronos/Prometeo]

 

 

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10 ottobre 2012
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